Fatman - recensione
In Santa We Trust.
In un momento storico in cui, se un piccino prende un brutto voto a scuola e si lamenta a casa, il professore rischia di essere picchiato o denunciato dai genitori, non stupisce la reazione di Billy, ragazzo all'apparenza vero primo della classe, studente modello, disciplinato, ligio al dovere.
Billy, vincitore di ogni premio scolastico, che pure accudisce amorosamente la nonna con la quale convive nella sua lussuosa magione, brulicante di (chissà perché) terrorizzata servitù, è però il figlio trascurato di un misterioso genitore, un riccone sempre assente. Anche il ragazzo però nasconde molti segreti inconfessabili, e per Natale riceve giustamente un bel pezzo di carbone da Babbo Natale, che è uno che non si lascia imbrogliare da nessuno. Billy così si altera moltissimo e incarica un "dipendente" dell'azienda paterna di lavare l'onta col sangue. Non ci stupisce scoprire che il dipendente in questione è un killer efficientissimo, che pure lui ha qualche sospeso con la mitica figura e accetta quindi l'incarico con vera partecipazione personale.
Inizia così le sue disinvolte indagini per scoprire dove mai risieda il misterioso personaggio, che nella sua vita di tutti i giorni si chiama Chris Kringle. Infatti scopriamo non solo che, come immaginabile, fra un Natale e l'altro Santa/Chris conduce una vita quasi normale, ma che non è il pacioso "libero professionista" che la tradizione ci ha mostrato, bensì un vecchio amareggiato e iracondo affidato a un superbo Mel Gibson, all'apice della sua esibita vecchiaia (ma cosa farà il caro Mel quando sarà vecchio per davvero?).
Babbo Natale non è infatti l'amichevole omone che fa ho ho ho, ma un piccolo imprenditore ormai sfruttato dalle industrie di giochi e dolci come un qualunque fattorino e che ormai, come in tutto il campo del delivery, subisce le conseguenze di una concorrenza al ribasso, a scapito però della qualità. Insomma artigianato locale contro Amazon. Dopo aver offerto invano i suoi servizi altrove, per sbarcare il lunario e non far pagare il prezzo della crisi ai suoi dipendenti (gli elfi ovviamente) si è ridotto a collaborare con l'Esercito degli Stati Uniti, per sfruttare diversamente la sua forza lavoro. Tutto questo ha comprensibilmente influito sul suo umore, ormai pensa che Natale sia una farsa e lui si sente una barzelletta. Quando finalmente il killer riesce a raggiungerlo, si trova davanti a degli inaspettati ostacoli, niente corrisponde a quanto immaginato e il suo incontro/scontro con Chris prenderà una piega davvero imprevedibile.
Fatman è scritto e diretto da Eshom e Ian Nelms, fratelli californiani, uno passato alla letteratura dopo aver frequentato il college grazie a una borsa di studio per il wrestling, l'altro ex pittore e disegnatore. All'attivo oltre a diversi corti, hanno due lungometraggi molto premiati, Lost on Purpose e Small Town Crime. Il loro film racconta una storia surreale e violenta, originale e anche spiritosa, venata di amarezza però e dalla conclusione stranamente toccante.
Mel Gibson trova un ruolo perfetto non solo per la sua faccia attuale, ma forse proprio per quella che sembra essere la sua poco cordiale inclinazione spirituale del momento. Walton Goggins, che dà sempre il suo meglio nei ruoli da villain controllato, dalla distaccata efferatezza, qui si supera con sobrio istrionismo. L'amata consorte di Babbo Natale (possiamo ormai dubitare che esista anche lei?) è Marianne Jean-Baptiste, vista in tante serie tv, da Senza traccia a Jack Ryan. Il ragazzino perfido è Chance Hurstfield, 14 anni ma già una lunga carriera alle spalle.
All'interno di una fiaba nera e surreale, Fatman ci offre un ritratto inedito di Santa Claus, un vecchio stanco, per niente bonario ma profondamente buono, amareggiato dalla natura umana, piegato da debiti e tasse, costretto dalla concorrenza scorretta dei nostri giorni a indesiderate alleanze. Un ritratto molto realistico pertanto, se non fosse che in fondo resta "magico" e chi se ne dimenticasse ne pagherà le conseguenze. Santa Claus è infatti unico detentore di una lista precisa di buoni e cattivi, ben conscio che non ci sarà mai giocattolo capace di rimettere insieme il cuore spezzato di un bambino, costretto a sostituirsi lui alla giustizia divina. Perché se dio forse non esiste, Babbo Natale sì.