Final Fantasy: il futuro della serie, Naoki Yoshida, i remake e la deriva Stranger of Paradise
L'eredità di una saga immortale.
Final Fantasy. Un nome pesante da portare sulle spalle, un nome ancor più pesante da imprimere sulla copertina di un videogioco. Un marchio che, nel bene e nel male, quando torna ad affacciarsi sul mercato risveglia le passioni di più di dieci milioni di videogiocatori di tutte le età, di coloro che sono cresciuti nell'era dell'high fantasy, di quelli che sono stati svezzati da Cloud, Squall e Gidan, di tutti i nuovi fan che hanno scoperto un mondo attraverso i viaggi di Lightning e del principe Noctis.
Una serie che nell'arco di trent'anni ha esplorato dozzine di contenitori comunicativi, spaziando dal sottobosco del videogioco di strategia al GDR a turni, dal titolo d'azione open-world fino al film d'animazione, dal concerto in sala fino, in ultimo, all'esperienza mobile Battle Royale. Una saga che ha assaporato il successo internazionale e la crisi più nera, che ha incassato miliardi e ha perso milioni, che ha imposto nuovi standard e si è trovata a inseguire le velleità creative di altri.
All'alba del 2022, Square-Enix si prepara ad affrontare uno dei periodi più densi e complessi fra quelli che hanno caratterizzato la sua storia. Un futuro che vedrà finire a bilancio l'esito delle strategie adottate negli ultimi anni per poi affacciarsi sul rinnovamento di prodotti mastodontici, sul proseguimento di un lavoro estremamente delicato e, soprattutto, sulla presentazione al mondo intero una nuova visione creativa.
Ed è proprio da Final Fantasy XVI che vale la pena di cominciare, sedicesimo capitolo numerato della saga che, a oltre cinque anni di distanza dalla release dell'ultima istanza, si appresta a modificare ancora una volta la matrice filosofica della casa. Quella lasciata da Final Fantasy XV è un'eredità difficile: per ciascun appassionato che ha apprezzato la deriva action/open-world e l'avventura "on the road" a bordo della Regalia, ne esiste un altro che è pronto a criticarne i sistemi, la narrativa e soprattutto il world-building.
Abbracciando una formula dinamica che, inutile prendersi in giro, erano stati gli stessi fan a chiamare a gran voce durante la settima generazione di console, Final Fantasy XV ha lasciato per strada qualche sprazzo dell'anima della saga, venendo alla luce sette anni dopo il suo diretto predecessore e vivendo un lungo e travagliato periodo di sviluppo che ha visto alternarsi le fatiche di Hajime Tabata e Tetsuya Nomura, due menti agli antipodi sul piano creativo e autoriale.
Un errore che la casa non ha assolutamente intenzione di ripetere, ed è proprio per questa ragione che la produzione è stata affidata a Naoki Yoshida, l'ultimo arrivato nel "consiglio" dei producer del colosso giapponese, un uomo recentemente promosso ai più alti piani della dirigenza a seguito del filone di successi inanellati attraverso l'universo di Final Fantasy XIV, che ci obbligano a imboccare una rapida deviazione.
L'MMORPG della compagnia, infatti, ha recentemente infranto tutti i record del passato e si è imposto come il videogioco basato su un servizio di abbonamento più giocato del pianeta, contando attualmente oltre 24 milioni di sottoscrizioni attive. Certo, il crollo che ha caratterizzato World of Warcraft in concomitanza con la crisi di Blizzard Entertainment ha senza dubbio influito sulla situazione, ma quello che era nato come un progetto semi-fallimentare si è infine rivelato la più grande gallina dalle uova d'oro dell'intero portfolio.
E questo ci porta a Naoki Yoshida, che ha da poco annunciato ufficialmente il rinvio di Final Fantasy XVI senza che seguisse la benché minima lamentela da parte del pubblico. Come mai nessuno ha avuto nulla da ridire? Beh, perché il nome di Yoshida è diventato una garanzia di qualità assoluta, e il suo team ha recentemente confezionato, attraverso la release dell'espansione Endwalker, uno dei migliori capitoli dell'intera saga, regalando a decine di milioni di fan un sorprendente viaggio all'altezza dell'altisonante nome in calce all'opera.
Chiuso il nuovo ciclo inaugurato attraverso A Realm Reborn, il quattordicesimo episodio si è rivelato uno straordinario apostrofo rosa nell'altalenante epopea della serie. Nonostante l'ecosistema tipico dell'MMO non sia riuscito a fare breccia nel cuore di una nutrita fetta di appassionati a causa della sua particolare natura, nel pieno di un'epoca che ha conosciuto diverse rimostranze da parte del pubblico l'universo di Ethyris si è dimostrato immune a qualsiasi genere di critica. Una legacy che ora, dopo la chiusura di Endwalker, andrà ricostruita praticamente da zero.
Tornando a monte, il director di Final Fantasy XVI sarà Hiroshi Takai, uomo di fiducia di Yoshida che è stato al suo fianco nel corso delle release di Stormblood, dell'incredibile Shadowbringers e della recente Endwalker, le ultime intricate storyline maturate sotto l'ala del quattordicesimo capitolo. La sinossi, di conseguenza, è infatti molto vicina all'ispirazione che ha guidato la mano dietro gli MMO della casa, mettendo in scena un mondo diviso fra fazioni contrapposte che sembra avvicinarsi alla tradizione politica che sorregge la Ivalice di Yasumi Matsuno.
Il sedicesimo episodio sarà un action-RPG destinato a raccogliere l'ultima deriva tecnica e potenziarne i punti critici, ovvero la caratterizzazione dei personaggi e soprattutto del mondo di gioco, disegnando una narrativa destinata a ruotare attorno tanto alla questione sociale - dal momento che il mondo di Valisthea vive di equilibri precari - quanto agli Eikon, ovvero le celebri Evocazioni storicamente centrali nell'economia della saga che in questo caso sono legate a persone definite Araldi. Il protagonista sarà Clive Rosfield, figlio dell'arciduca di Rosaria, che si imbarcherà in un viaggio all'insegna della vendetta dopo un tragico avvenimento strettamente legato all'Eikon Ifrit.
È proprio la Creative Business Unit III ad avere in mano le redini del progetto, la divisione responsabile della live-maintenance dell'MMO, e fin dal primo trailer mostrato al pubblico è risultata immediatamente evidente la mano degli artisti dietro Eorzea, tanto nel design delle ambientazioni quanto nella caratterizzazione dei personaggi, per non parlare della colonna sonora, che nonostante l'assenza di conferme ufficiali in molti hanno immediatamente attribuito all'incredibile talento di Masayoshi Soken.
Sarà questa la più grande sfida di Square-Enix nel futuro di Final Fantasy: ridare lustro a un nome che, pur radunando milioni di nuovi fan sotto il celebre stendardo, ha deluso le aspettative di diversi membri della "vecchia guardia". È ancora presto per assemblare speculazioni obiettive ma è piuttosto evidente che lo scopo degli sviluppatori sia quello di riportare il brand nei confini della tradizionale zona di comfort, nella forma della sua deriva più matura che vive dell'intrigo politico nonché della lotta parallela contro avversari profondamente umani ed entità divine.
Oltre a Final Fantasy XVI, la casa ha tuttavia un'altra enorme gatta da pelare, ovvero il progetto Final Fantasy VII Remake. Pubblicata il 10 aprile 2020, ovvero cinque anni dopo il primo annuncio da parte della Business Division 1, l'edizione riveduta del capitolo più amato di tutti i tempi ha conosciuto l'abbandono del proprietario Luminous Engine in favore dell'adozione di Unreal Engine 4, motore che ha dato vita a una impressionante versione 2.0 di Midgar.
A scatenare le più grandi discussioni è stato il fatto che il progetto, supervisionato da Yoshinori Kitase e Tetsuya Nomura, si sia discostato dalla formula della semplice operazione remake per abbracciare invece una parziale rilettura dell'universo narrativo che sorregge il pianeta Gaia. Una scelta, questa, che è stata fortemente criticata dalla frangia più affezionata del pubblico, appassionati che si sarebbero felicemente limitati a rivivere una rappresentazione in scala uno a uno dell'opera originale.
La scelta sembra destinata a condizionare l'interezza del pacchetto, che una volta concluso e infiocchettato potrebbe configurarsi come una vera e propria edizione "rebuild", per adottare un termine che ha conosciuto fortuna nei confini di Neon Genesis Evangelion. Del resto fare marcia indietro sembra ormai impossibile e lo spettro concreto che si staglia contro l'orizzonte è quello di assistere alla fondazione di una rilettura completa filtrata attraverso la sola visione creativa del discusso Nomura.
Diatribe a parte, la formula tecnica del Remake è stata in grado di convincere il pubblico e la critica, regalando una dignità completamente nuova alla metropoli di Midgar e costruendo sulla caratterizzazione dei personaggi più amati, modellati e animati alla perfezione sullo sfondo di un sistema di combattimento che, seppur non sia privo di spigoli, è riuscito a svecchiare la vetusta formula originale mantenendo intatto il sapore delle battaglie ATB.
Il problema più grosso risiede nella ritmica dell'operazione, perché se sarà necessario attendere più di tre anni per l'uscita di ciascun episodio nel quale il Remake è stato frammentato, sarà molto difficile mantenere viva l'attenzione dei fan, specialmente di tutti coloro che attendevano una simile release fin dal 1997, persone che potremmo definire senza particolari remore il pubblico "core" di Final Fantasy.
È una questione poco discussa, quella della crescita del pubblico. Come già accaduto sulle sponde dei videogiochi Pokémon di Game Freak, la massa critica degli appassionati è ormai infatti costituita da persone che hanno seguito il brand fin dall'istante dell'esordio e che oggi, all'alba dei trent'anni, iniziano a maturare aspettative differenti e soprattutto a desiderare la messa in atto di un procedimento di crescita interno all'opera amata, tanto sul piano tecnico quanto su quello creativo.
Se questo dilemma resta senza soluzione, ci sono diversi altri quesiti che aleggiano attorno alla release del secondo episodio del remake. Fin dove si spingerà la narrativa? Quanto saranno profondi i cambiamenti alla sceneggiatura originale? Come sarà gestito il sistema di progressione dal momento che si tratterà del sequel diretto di un GDR? Le risposte arriveranno probabilmente quando sarà rilasciata una "Complete Edition" comprensiva di tutti gli episodi e di tutti i contenuti aggiuntivi. Ma quanti anni ci vorranno per arrivare al confezionamento di un simile pacchetto?
Si tratta senza ombra di dubbio dell'operazione più complicata in cui si sia imbarcata Square-Enix fino a questo momento. Decisamente più complessa, per passare al prossimo argomento, rispetto alla costruzione di Final Fantasy Origin: Strangers of Paradise, "revisione" del primo Final Fantasy affidata alle mani di Koei Tecmo e Team Ninja, sceneggiata dall'immortale Kazushige Nojima e supervisionata, fra gli altri, dall'immancabile Tetsuya Nomura.
Il che, d'altra parte, potrebbe portarci a una riflessione su quanto stia diventando Nomura-centrica la gestione recente delle proprietà intellettuali della compagnia dal momento che, fatta eccezione per Final Fantasy XIV, Final Fantasy XVI e Forspoken, l'artista e autore ha ormai assunto ruoli di dirigenza in ogni singolo progetto che la casa ha in cantiere.
Strangers of Paradise si fonda sull'idea di esplorare una nuova corrente creativa, ovvero quella dell'action puro, rivisitando proprio la sceneggiatura che per prima presentò al mondo l'ambizione di Final Fantasy. Sarà, infatti, una messa in scena di un universo alternativo a quello che ospitò l'avventura dei Warriors of Light in contrapposizione a Chaos nel 1987, destinata a offrire una rilettura dei personaggi e dei villain nonché, apparentemente, a stravolgerne il design.
A prescindere dai dubbi che sono fioriti attorno alla rilettura della stilistica high-fantasy in favore di un impatto visivo decisamente contemporaneo, il potenziale sopito di un approccio stile soulslike - anche se sarebbe più corretto definirlo "Nioh-like" - è sotto gli occhi di tutti. Anche se alla fine un simile tappeto tecnico dovesse dimostrarsi inadatto a valorizzare intrecci ormai parte della leggenda, è fondamentale sperimentare in diverse direzioni, e lo è ancor di più in un periodo storico come questo, in cui la serie è priva di una formula standard alla quale rimanere saldamente ancorata.
Che il progetto sia nel pieno di una fitta fase di sperimentazione è stato confermato dall'implementazione dei sondaggi a seguito della conclusione delle demo proposte al pubblico, evidentemente pensata per raccogliere più feedback possibile e agire di conseguenza. E oltrepassando la discussione riguardo la caratterizzazione interiore ed estetica dei protagonisti, l'interpretazione del sistema di combattimento - che resta senza ombra di dubbio l'elemento centrale del progetto - ha le carte in regola per rendere giustizia alla fantasia della serie, prendendo in prestito qualche idea dal quinto capitolo della saga.
Queste sono le quattro grandi prove che il brand di Final Fantasy si troverà ad affrontare nel corso dei prossimi anni: costruire da zero una rilettura action delle origini della serie, limare il proseguo della più massiccia operazione remake mai tentata, presentare un episodio numerato che risulti nuovo in tutto e per tutto oltre che inaugurare con successo un inedito filone principale per l'esperienza MMORPG.
Square-Enix non è nuova a dover affrontare periodi di transizione tanto impattanti, dal momento che si è scontrata con le debolezze successive all'epoca PlayStation 2 e ha vissuto più di ogni altro la crisi della presunta obsolescenza del sistema di combattimento a turni.
La volontà della casa, tanto semplice sulla carta quando intricata dietro le quinte, è quella di proiettare ancora una volta nel futuro un marchio che ha scritto gli ultimi trent'anni di storia dei videogiochi.
"Ci sarà sempre un nuovo capitolo di Final Fantasy". È con queste parole che abbiamo chiuso la celebrazione del trentennale della saga, ricordando come fra alti e bassi si sia rivelata una fucina di emozioni che ha pochissimi comparativi nel tessuto del medium.
La previsione si è rivelata esatta, ci sarà sempre un nuovo Final Fantasy, e oggi all'orizzonte ne possiamo intravedere almeno tre. Il che, d'altra parte, ci porta alla domanda successiva: in quali termini potremo parlare della saga fra cinque anni?