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Final Fantasy Fables: Chocobo's Dungeon

Non il solito Final Fantasy.

I roguelike non sono giochi per bambini. I primi dungeon crawler furono concepiti quando i videogame erano scritti in DOS, visualizzati tramite ASCII e misurati in byte, e con i loro livelli random erano e restano tuttora prodotti piuttosto estremi e complessi. Molto probabilmente partirete fiduciosi e col sorriso sulle labbra, la spada in pugno e lo zaino pieno di pozioni e speranza. Ma cinquanta stanze più tardi, quando vi ritroverete esausti e senza scorte proprio prima del boss,giusto in tempo per venire uccisi da un goblin ciccione perdendo così tutti i vostri averi e le monete accumulate nel corso dell'avventura, in quelle occasioni vi serviranno parolacce epiche di grado ben superiore a quelle usate dai bambini.

Dicevamo, i roguelike non sono giochi per bambini. Quindi vestirne uno con colori brillanti, mettendo pure come protagonista un adorabile pulcino troppo cresciuto, è un po'come chiedere a Stephen Hawking di fare un discorso sulla fisica dei quanti ad una festa delle elementari: in un modo o nell'altro, i piccoli finiranno in lacrime.

Non è la prima volta che Square-Enix spedisce la sua dolcissima mascotte all'interno di gironi in stile inferno dantesco. Questo è infatti il terzo dungeon crawler coi Chocobo, coi primi due usciti su PSX nel solo territorio nipponico (uno a dire il vero arrivò anche negli States..). Chocobo's Dungeon segue la struttura dei primi due titoli della serie, e si tratta in tutta sincerità di un ritorno alquanto inatteso ma certamente non sgradito, visto che a dispetto dell'ossimorica disomogeneità tra la presentazione fanciullesca e le meccaniche vagamente sadiche parliamo di un'esperienza godibile e appassionante.

Il doppiaggio è atroce, fastidiosamente variabile tra toni esageratamente drammatici e fasi a dir poco melense.

La storia è raccontata in perfetto stile Final Fantasy:vestirete i panni di un Chocobo, compagno di un esploratore di nome Cid, e durante il corso della storia incontrerete maghi bianchi, Moogle e Ifrit, il tutto con l'immancabile accompagnamento delle classiche melodie di Uematsu. In contrasto con la serie principale, la maggior parte di Chocobo's Dungeon si svolge in un'unica location, la città di Lostime per la precisione. Gli abitanti del borgo stanno perdendo i loro ricordi, ogni giorno più evanescenti mano a mano a mano che la campana segna le ore. Tutt'altro che preoccupati per l'improvvisa ed inspiegabile amnesia, i cittadini decidono di non badare troppo all'inesorabile dimenticanza, convinti che la cosa possa anzi rendere migliori le loro condizioni di vita.

La vostra missione sarà quella di dimostrare che si sbagliano, entrando letteralmente nei labirinti delle loro menti e viaggiando per il fondo del loro inconscio al fine di restituire i preziosi ricordi. In termini tecnici la cosa si traduce in una serie di dungeon casuali dalla difficoltà progressiva (uno per cittadino più gli extra...). Completate un dungeon e ridarete la memoria ad una persona; riottenete tutti i ricordi e ripristinerete l'identità collettiva ed individuale della città. Si parla di un'idea originale, molto più interessante della solita quest per salvare il mondo. L'ambientazione ridotta potrebbe forse ridurre un po' il fascino del gioco, ma la cosa aiuta a concentrarsi sulla profondità del tutto. E nei roguelike la profondità è veramente fondamentale.

Sarete in grado di esplorare la città come in qualsiasi RPG di stampo classico, anche se il cuore del gioco è ovviamente costruito attorno al sottobosco di camere misteriose che costuiscono le menti dei cittadini. Ogni piano dei labirinti verrà strutturato in modo completamente casuale dal gioco: l'obiettivo è quello di trovare la rampa per il livello successivo il prima possibile, evitando le trappole, raccogliendo oggetti ed eliminando i nemici che troverete lungo il vostro cammino.