Final Fantasy: il ritorno dall'orlo del baratro - articolo
In seria difficoltà solo cinque anni fa, Final Fantasy è tornato ad essere uno dei più grandi franchise.
Il franchise Final Fantasy di Square Enix probabilmente non è mai stato così in salute. L'ultimo capitolo principale della serie, FFXV, è stato acclamato dalla critica ed è stato un successo commerciale, oltre ad aver ricevuto un lungo supporto tra contenuti e aggiornamenti; l'MMO FFXIV sta riducendo il gap col record di giocatori realizzato da World of Warcraft; e nel mondo mobile e sulle altre piattaforme, il franchise sta godendo del successo di titoli completamente nuovi (come Final Fantasy Brave Exvius) e di titoli che fanno perno sul fattore nostalgia (le re-release dei classici del passato o remix come Final Fantasy Record Keeper). L'appetito da parte del pubblico per il venerabile franchise sembra senza limiti, e la capacità di Square Enix di soddisfare questa domanda è davvero impeccabile.
Ma non è sempre andata così. Infatti, lo stato attuale di Final Fantasy è l'emblema di uno dei più spettacolari capovolgimenti per un franchise nella storia dell'industria videoludica. Basta tornare indietro di cinque anni per accorgersi che la situazione per la serie era a dir poco disastrosa. Final Fantasy XV era in pieno sviluppo in un tunnel che sembrava infinito, e in pochi ormai credevano nel successo del titolo. Final Fantasy XIV d'altro canto subiva da due anni le più aspre critiche ed era protagonista del malcontento degli abbonati, ed era quasi sul punto di chiudere i server. Ed anche gli sforzi per spingere sul mobile sembravano inefficaci, facendo perno più che altro su porting di vecchi giochi ed altri titoli sviluppati per il mercato giapponese.
A quel punto chi avrebbe mai immaginato che Final Fantasy XIV e Final Fantasy XV avrebbero ottenuto non solo un tale successo, ma che fungessero anche da paletti per stabilire uno dei maggiori successi generazionali per la serie? La profondità e la sconfinatezza della storia di Final Fantasy implicava che in pochi avrebbero scommesso sulla capacità della serie di ringiovanire e di reinventarsi.
Questa inversione di tendenza è molto importante; non solo perché Final Fantasy è un franchise molto amato e la cui resurrezione è già interessante di suo, ma anche perché racchiude importanti lezioni per altri franchise. Occorre dire che il declino non è certo iniziato con i capitoli XIV e XV, ma bensì già dall'era PlayStation 3, quando gli ambiziosi piani dell'azienda scaturirono nei deludenti giochi di Final Fantasy XIII e nell'infernale sviluppo di FFXV che sembrava ormai senza fine; il quindicesimo capitolo era infatti inizialmente ideato come un episodio compagno al tredicesimo, e non un sequel.
Questo è dunque un franchise il cui sviluppo e l'accoglienza da parte della critica non sono più stati solidi dall'era PlayStation 2, e senza dubbio uno dei franchise più a rischio (anche se dotato di un fattore nostalgia non indifferente su cui fare leva) rispetto a serie recentemente messe in ginocchio come Mass Effect.
Il modo in cui Square Enix è riuscita a invertire le sorti dell'intero franchise è una lezione da imparare sia per le ardimentose mosse compiute che per la sicurezza di sé. È stato necessario il passo di chiudere completamente i server di FFXIV e lanciare una versione completamente rinnovata con un nuovo approccio creativo; A Realm Reborn, il nome della nuova versione del gioco, eredita la storia del gioco originale (c'era una narrazione in-game veramente affascinante e lo spegnimento dei server fu accompagnato dalla reale distruzione di quel mondo, con il nuovo gioco che riprendeva cinque anni dopo quegli eventi) ma in tutti gli altri ambiti, si trattava di un vero e proprio nuovo gioco.
Pensate allo sforzo eccezionale compiuto da Blizzard per ammodernare e reinventare ogni volta tutti i contenuti originali di World of Warcraft quando ha rilasciato l'espansione Cataclysm al picco della sua popolarità; adesso riflettete sulla decisione presa da Square Enix di fare esattamente la stessa cosa con un gioco minato dalle critiche e con un successo commerciale in costante ribasso. Questa scommessa ha pagato ed è frutto del talento e della visione lungimirante di Yoshida Naoki e del suo team; e tutti i rischi presi, così come le decisioni e la sicurezza che tali rischi avrebbero portato a un cambio di rotta sono da accreditare al team esecutivo di Square Enix.
Quello che è accaduto a FFXIV è successo sotto gli occhi del pubblico, per necessità; il gioco originale era già stato lanciato quando è divenuto lampante che avesse bisogno di essere riprogrammato da zero. Ma lo stesso tipo di trasformazione è stata riservata a FFXV, che ha finalmente concluso il suo sviluppo, durato molto più di quello di tanti altri grandi titoli.
Il FFXV che è stato lanciato sul mercato è un gioco che è facile che piaccia, ma anche una bestia curiosa, una di quelle che porta le cicatrici di interventi chirurgici disperati durante il suo sviluppo. Ci sono momenti in cui strane cicatrici nel design del gioco rivelano l'amputazione di enormi ed ambiziose idee, o dove i sistemi del gioco curiosamente sembrano nascondere arti fantasma; idee e meccanismi stroncati anni prima per far posto a una storia più scorrevole che narra di quattro ragazzi in una "road trip" ambientata alla fine del mondo.
Il fatto che il processo di snaturamento dell'aspetto di FFXV sia avvenuto a porte chiuse non risulta di certo meno eclatante rispetto a ciò che è successo a FFXIV In pubblico; e nonostante le decisioni prese dai rispettivi team creativi siano state differenti, le soluzioni prese all'atto pratico sono in realtà abbastanza simili. Entrambi i team hanno trovato modi di usare quello che era stato rimosso precedentemente, bilanciando in qualche modo ciò che era stato sviluppato con alti costi ma mantenendo al contempo salda la situazione rilasciando un prodotto solido sulle sue fondamenta.
Molto spesso nell'industria videoludica c'è una sorta di soddisfazione masochistica nell'affermare quanto sia valida una compagnia a tirare fuori idee che non funzionano, o quanto siano veloci a stroncare giochi che non sembrano prendere forma molto bene. È indubbiamente un'abilità di una certa importanza, ma mentre questa capacità di muoversi e andare avanti è (relativamente) sostenibile in ambito mobile, è una pratica che sta diventando non pertinente allo sviluppo AAA. In questo ambito è infatti molto più importante comprendere i costi di sviluppo di asset, codice e sistemi che possono essere riciclati in progetti possibili da realizzare.
Si tratta ovviamente di un compito più arduo che richiede più arguzia rispetto alla semplice bocciatura di un prodotto casual per via di costi eccessivi. Con l'incremento dei costi di sviluppo, comunque, la competente opera di salvataggio operata da Square Enix ha dimostrato che sia FFXV che FFXIV stanno già diventando economicamente essenziali. Arriva un punto in cui così tanto denaro è stato speso male che trovare il metodo per reinvestire intelligentemente e strategicamente altro budget per avere dei ritorni diventa una missione vitale per uno studio o per un publisher.
Se Square Enix è diventata così efficiente in questa mansione deve solo ringraziare se stessa. Non aveva molta scelta: permettere il fallimento di diversi giochi di Final Fantasy in successione sarebbe stata un'incredibile stangata per una delle IP di maggior valore della compagnia. E nonostante tutto, è riuscita a ottenere ciò che poche altre aziende sono state in grado di attuare: far diventare giochi che erano sull'orlo del baratro dei grandi successi commerciali, tracciando al contempo un sentiero futuro per un grande franchise.
La caratura di Final Fantasy potrà anche essere unica, ma le sfide che Square Enix ha dovuto affrontare per riportare il franchise alla vita non lo sono. Gli sforzi compiuti da questi studi, e quelli che compieranno nel prossimo futuro, dovrebbero essere presi d'esempio da coloro i quali sono nell'industria videoludica e sono interessati a rendere sostenibile un importante franchise o invertire le sorti dello sviluppo travagliato di un gioco.