Final Fantasy XIV: Stormblood - recensione
Per Ala Mhigo!
Che cos'è Final Fantasy XIV Stormblood? Definirlo semplicemente un'espansione della seconda fatica MMO di Square-Enix non gli renderebbe giustizia. La storia di Final Fantasy XIV comincia da uno sviluppo lungo e travagliato, che ha portato il titolo all'esordio estremamente negativo del 2010 e alla chiusura definitiva dei server a novembre 2012. Fortunatamente, il progetto ha trovato un salvatore nella figura di Naoki Yoshida - già game director di Dragon Quest - che, grazie a una comunicazione più che attiva con la community e alle sue idee innovative in tema di meccaniche MMO, è stato in grado a far risorgere il titolo dalle sue ceneri.
A Realm Reborn è così riuscito nell'apparentemente impossibile intento di catturare sia il bacino di utenza dell'undicesimo episodio che i nuovi giocatori volenterosi di calcare le terre di Eorzea, arrivando ora alla sua seconda grande iniezione di contenuti. Dopo Heavensward, espansione che portava i guerrieri della luce tra le montagne di Ishgard e le impressionanti lande di Dravania, Stormblood ci presenta l'estremo oriente di Othard in un viaggio tra oceani inesplorati e steppe sterminate.
Il design delle aree rispetta i canoni di grande qualità imposti dalla caratterizzazione passata dell'opera, attraverso un'attenzione ai dettagli fuori dal comune per quanto riguarda l'universo MMO, con lore nascosta dietro ogni singolo punto di interesse presente su mappa. Il mondo di gioco è vivo e gli abitanti riescono nell'intento di rimuovere dall'esperienza qualsiasi sensazione di staticità, nonostante la scelta degli sviluppatori di smettere di renderizzare gli interni di gran parte degli edifici.
In ogni caso il colpo d'occhio è straordinario, e l'introduzione del nuoto e delle immersioni ha dato modo di sperimentare dal punto di vista dell'esplorazione e del gathering (le fasi di raccolta e farming di oggetti, ovviamente facoltative). Dal punto di vista del world design, è notevole come si sia passati dai pochi biomi visti nell'espansione precedente alla varietà impressionante offerta da Stormblood, con le sue otto zone completamente diverse tra loro e piacevoli sia nell'esplorazione che nelle fasi di questing, oltre che sempre coerenti dal punto di vista dei nemici che andremo ad affrontare. Lo stesso discorso vale per il design di equipaggiamenti e costumi, in grado di sfruttare al meglio le possibilità offerte dal continente e dal rinnovato orizzonte narrativo.
Una delle caratteristiche distintive di Final Fantasy XIV è il suo essere un titolo fortemente "main scenario driven", con un focus fuori dal comune sulla trama principale rispetto ad altri titoli del panorama MMO, arrivando a un livello di profondità degno di qualsiasi capitolo offline della saga di Final Fantasy. Stormblood non fa eccezione, andando ad approfondire - tra scontri memorabili e rivoluzioni - tutto ciò che ruota attorno ai Guerrieri della Luce e Ala Mhigo, l'Alleanza di Eorzea e il Garlean Empire.
Impossibile dunque rimanere delusi dal proseguo della trama, che getta solide basi per il futuro e rispetta le elevate aspettative di qualsiasi appassionato. Merita una menzione speciale il nostro nemico Zenos, essendo in grado di uscire a testa alta da un ipotetico confronto con i classici villains dell'intera saga.
È incredibile come Yoshida sia riuscito a trasmettere una forma di impronta autoriale all'interno di un genere che per definizione, eccetto rari casi, fatica ad introdurre tratti distintivi di questo genere. Il risultato è più che piacevole: citazioni, rotture della quarta parete e continui richiami alla tradizione - non solo di Final Fantasy, ma videoludica nella sua interezza - sono elementi che riescono ad arricchire il già interessante comparto della sceneggiatura, e a strappare un sorriso a qualsiasi giocatore in più d'un occasione.
Come da copione troviamo nuove classi giocabili, il Samurai e il Red Mage, che sono parte del ruolo DPS e possono dunque contare su caratteristiche e abilità offensive. Il character-design rispetta quello degli antenati provenienti dalla saga di Final Fantasy, andando ad evolvere e adattare il gameplay in funzione dei contenuti MMO. Il Red Mage (che, pensate, apparve per la prima volta agli albori di Final Fantasy) mantiene la connotazione di job ibrido, dotato di abilità curative e offensive e capace di alternare l'arte della magia a quella della spada, riuscendo nel compito di portare un dinamismo del tutto nuovo nel titolo di Yoshida. Il Samurai invece è il classico DPS fisico, che va a sacrificare meccaniche utili per l'intero party in funzione di un danno personale estremamente elevato, e dotato di skills particolarmente soddisfacenti per gli amanti dei grandi numeri (vedi Midare: Setsugekka).
Non bisogna poi dimenticare che l'intera espansione arriva insieme alla patch 4.0, che merita un'analisi piuttosto importante. Questa patch va a rivoluzionare sostanzialmente il bilanciamento del gioco e le funzionalità di ogni singola classe. La novità principale risiede nell'introduzione del Job Gauge, un elemento dell'interfaccia personalizzato, che traccia le e risorse necessarie per l'utilizzo delle nuove signature abilities. Sostanzialmente, è stato fatto un passo importante verso quel sistema di ultimates e barre da caricare che sta caratterizzando quest'epoca dell'industria dei videogiochi, ma non solo; l'intero update ha reso le classi più accessibili e semplici da comprendere, riducendo il micro-management delle risorse e di fatto eliminando gran parte delle abilità superflue, oltre a raggrupparne altre nella nuova sezione di azioni riservate ai ruoli di fatto allargando il poll di scelta e la differenziazione.
Se da un lato questo meccanismo aumenta l'accessibilità al titolo, prendendo per mano i nuovi arrivati e diminuendo efficacemente l'attenzione necessaria per giocare una classe a livelli ottimali, di contro rischia di scontentare i subscribers più affezionati alle meccaniche complesse dell'MMO, giocatori che rappresentano una grossa fetta del pubblico pagante. Ovviamente il bilanciamento delle classi in un titolo di questo genere rappresenta il nodo fondamentale da sciogliere in fase di sviluppo, in particolare nell'opera di Yoshida che prevede, per poter fruire delle numerosissime attività, la presenza fissa di determinati ruoli.
Ottima dunque l'attenzione riservata agli effetti visivi delle abilità, alcuni sostanzialmente migliorati, e ai nuovi elementi inseriti per aumentare l'appeal di alcune classi. Il Summoner per esempio (il sempreverde evocatore) potrà finalmente contare su Bahamuth, l'ormai celeberrimo drago, feature che siamo sicuri i giocatori aspettassero da tempo immemore. Meno incisiva invece l'attenzione dedicata a quei ruoli meno giocati seppur estremamente importanti: i Tank e gli Healers, senza i quali non c'è modo di portare a termine il ventaglio di attività offerto, hanno visto un generale appiattimento dell'esperienza che, insieme all'introduzione dei nuovi DPS dall'alta attrattiva, sta rischiando di portare i tempi di attesa del matchmaking a livelli estremamente elevati.
Stormblood porta con sé innumerevoli nuovi contenuti. I Dungeons rappresentano l'innovazione di cui il titolo aveva bisogno, con fasi dinamiche completamente rinnovate e intere sezioni nelle quali il combattimento passa in secondo piano, lasciando spazio a meccaniche che riescono a divertire e al tempo stesso promuovere la cooperazione con atri giocatori. Tra boss originali e vecchie conoscenze provenienti dall'universo di Final Fantasy, l'ambientazione orientale ha dato modo di cambiare sostanzialmente design e avversari, riducendo la pressione sui giocatori e invogliandoli a diventare tutt'uno con l'ambiente di gioco.
Per quanto riguarda i Trials, ovvero gli epici scontri con creature storiche della saga tanto cari alla community, sono stati fatti passi da gigante. Le battaglie presentano la nuova feature delle active-time manouvers, ovvero una sorta di eventi in tempo reale capaci di spezzare la monotonia del combattimento e al tempo stesso far sentire i Tank veri eroi quando bloccano gli attacchi di avversari di dimensioni titaniche.
Ottimo il lavoro svolto sulle versioni Extreme dei Trials (per chi fosse in cerca di uno scontro ancor più duro), grazie alla resa delle battaglie fluida e dinamica, capace di soddisfare sia i giocatori più hardcore in cerca di equipaggiamenti rari sia chi volesse completarli per semplice soddisfazione personale.
La curva di difficoltà del titolo ha assunto un'inclinazione particolarmente strana, con istanze dedicate alla storia principale molto impegnative in contrapposizione ad attività end-game decisamente più abbordabili rispetto a quanto fossimo abituati in passato. Difficile dire se si tratti del riflesso della patch 4.0 e della semplificazione che si porta dietro, o di una scelta ben precisa fatta in sede di game design. Quel che è certo è che l'update ha portato una ventata di freschezza non indifferente: Eorzea non è mai stata così viva, e se da un lato bisogna confrontarsi con lunghe attese al momento del log-in, d'altra parte è estremamente piacevole spostarsi lungo il continente insieme a centinaia di altri avventurieri.
Il bilancio finale di Stormblood non può che essere positivo. Le novità e il sostanzioso revamp tecnico hanno contribuito ad attrarre chiunque fosse volenteroso di esplorare Othard e confrontarsi nuovamente con il Garlean Empire. Ma il punto di forza maggiore della 4.0 risiede nell'arricchimento dell'esperienza per chi dovesse decidere di iniziare a giocare in questo momento, potendo contare su una quantità impressionante di contenuti e sull'aiuto di innumerevoli altri guerrieri della luce. Non a caso è stato eliminato il limite temporale al periodo di prova, dando la possibilità a chi non conoscesse il titolo di testarlo in quasi tutte le sue forme.
Final Fantasy XIV: Stormblood è sicuramente l'opera online meglio riuscita di Square-Enix, avendo compiuto l'impresa di alzare notevolmente il livello di quel comparto narrativo che, non solo nell'universo MMO, soffre spesso la dominanza delle esperienze prettamente multiplayer.