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Fino a che punto è giusto discutere delle razze di Dungeons & Dragons? - editoriale

Ritorna in auge un dibattito aperto: la razza di Dungeons and Dragons e dei fantasy va abbandonata?

La "razza" di Dungeons and Dragons (D&D) va superata o no? La discussione attorno a cosa rappresentino le "razze fantasy" di D&D è stata riaccesa anche alla luce delle recenti proteste negli Stati Uniti (il movimento Black Lives Matter). Ma non solo per tali accadimenti recenti: da anni se ne parla senza aver ancora raggiunto un punto di svolta. Il motivo è semplice: con questo termine in campo biologico vengono identificate le razze degli animali addomesticati dall'uomo, dai bovini ai cani, e non gli esseri viventi in natura.

A suggerire l'idea che Wizards of the Coast stia ragionando su come evolvere tale aspetto è stato il progettista di D&D Jeremy Crawford, che ha accennato al concetto, più corretto biologicamente, di "specie". Tutto qui, quindi? Parliamo di sofismi sui termini biologici? No, la questione è più ampia e coinvolge anche aspetti pervasivi e consolidati del mondo fantasy.

Ogni “razza” di Dungeons and Dragons e giochi simili porta con sé caratteristiche morali e culturali intrinseche. Come se una fosse automaticamente superiore (come gli elfi) e un'altra inferiore (come gli orchi).

Perché le "razze" di D&D fanno tanto discutere e perché, da anni, WotC sta valutando come sostituirla nel modo migliore? A connotazioni biologiche (la "razza") vengono fatti corrispondere innati tratti caratteriali e comportamentali. Gli orchi sono violenti e "cattivi"; gli elfi, invece, sono alti, belli e dignitosi, portatori di saggezza e nobiltà. Ognuna delle "razze" di D&D, insomma, porta con sé delle precise caratteristiche fenotipiche e culturali; come se si nascesse "sbagliati" perché si appartiene a una "razza" differente e quindi, in un certo senso, esistessero "razze" superiori e altre inferiori.

Lo scopo dei produttori era quello di fornire a ogni "razza" delle peculiarità affinché ognuna di esse costringesse a un approccio diverso: i mezzuomini sono più agili, ma anche meno forti fisicamente, per esempio. Fin qui niente di male se non fosse che le "razze" di D&D coinvolgono anche caratteristiche morali e culturali che caratterizzano in positivo o in negativo ognuna delle razze.

Goblin e orchi nel mondo fantasy sono frequentemente “razze cattive”.

Qualcosa che, naturalmente, non trova un corrispettivo biologico nel mondo reale - in virtù di quanto scritto prima. Ma in un contesto immaginario dove esistono nani, elfi, orchi e goblin potrebbe essere valido parlare di "razza"? Da anni la scienza ha negato il concetto di razza, al di là di quelle artificialmente create dall'uomo e che in natura non esisterebbero; usare il termine "razza" in D&D (e qualunque altro immaginario fantastico-medioevale) è ancora una scelta che può essere accettata?

Permetteteci un commento diretto e che siamo convinti potrebbe portare a qualche reazione accesa (speriamo sempre civile). Cambiamo il nome di "razza" in "etnia" o "specie", che sono due dei termini che vengono suggeriti più caldamente per dare a D&D e agli altri giochi di ruolo fantasy un contesto più attuale (dal punto di vista comunicativo e biologico), rispetto ai tempi in cui vennero creati. Facciamolo domani: via le razze, dentro le specie e si permetta ai giocatori di modificare - che è una delle ipotesi in campo - le abilità di ognuno dei personaggi a prescindere dalla razza/specie/etnia a cui egli/ella appartiene. Così che la razza/specie/etnia non sia né un limite né rappresentativa di certi comportamenti e atteggiamenti.

L'immaginario fantasy delle razze non fa parte solo di Dungeons and Dragons: è caratteristica dell'immaginario fantastico-medioevale da molto tempo.

Eccoci: il mondo è immediatamente diventato un posto migliore? Gli utenti potrebbero non avere più pensieri razzisti? La sostituzione di un termine come sta impattando effettivamente sui diritti delle minoranze e sulla visione del mondo in cui viviamo?

Il mondo fantasy è spesso specchio del reale: quanto accade in un universo fantasy, specialmente se si parla di concetti come l'idea delle "razze", può influenzare un certo pensiero e assecondarlo, portando nel reale (dalla politica alle relazioni sociali) un ragionamento apparentemente "innocente" perché integrante e, anzi, rappresentativo di un immaginario fantastico che spesso viene accomunato a contenuti per i più piccoli, come le fiabe.

Sminuire tale relazione tra fantasy e mondo reale o, peggio ancora, negarla sarebbe sbagliato sotto innumerevoli aspetti; il razzismo però è spesso negli occhi di chi guarda e nei pensieri di chi gioca: dal reale entra nel fantasy.

Migliorare il fantasy per migliorare il reale? Va bene, proviamoci e a ognuno il suo. Wizards of the Coast pensi a evolvere la percezione di Dungeons and Dragons e di come il gioco da tavolo possa integrare i cambiamenti semantici, sociali e biologici intercorsi negli anni. Dopo di che, iniziamo a occuparci un po' di meno del fittizio e un po' di più del reale.

Avatar di Massimiliano Di Marco
Massimiliano Di Marco: Aspetta la pensione per recuperare la libreria di giochi di Steam. Critica qualsiasi cosa si muova, soprattutto se videoludica, e gode alla vista di Super Mario e Batman.
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