Firewall Zero Hour - prova
Quando "Rainbow Six" diventa VR.
Londra - Non è difficile capire quale sia la fonte di ispirazione di Firewall Zero Hour, la nuova esperienza VR mostrata da Sony durante un evento dedicato al suo visore per la realtà virtuale. Match competitivi quattro contro quattro in mappe dalle dimensioni limitate, spesso ambientate all'interno di ville urbane. Una squadra in attacco deve raggiungere un dispositivo pesantemente difeso, mentre i guardiani devono fare in modo che il firewall del titolo resti inviolato. Vi dice nulla questa struttura?
Anche in questo caso, questi ingredienti danno vita a scontri online molto tattici e intensi, nei il risultato finale più essere ribaltato nel giro di pochi secondi. Ci sono due modi per vincere. Il primo è quello di eseguire alla lettera la missione, attivando (o disattivando) il firewall in modo da penetrare le difese virtuali degli avversari. O impedendo che questo avvenga. La seconda via, quella che verrà intrapresa un numero maggiore di volte, è quella delle maniere spicce. Fare fuori la squadra avversaria ci farà vincere automaticamente il round. Poco importa delle raffinatezza delle strategie utilizzate.
Per portare a termine i propri obiettivi non basterà la "semplice" bravura con le armi, ma occorrerà imparare a utilizzare o neutralizzare un'ampia gamma di oggetti e abilità a disposizione. Oltre che a collaborare con la propria squadra. In Firewall non ci saranno vere e proprie classi specializzate, ma il tipo di arma e di equipaggiamento scelti prima della partita definiranno in maniera piuttosto inequivocabile il ruolo che dovremo ricoprire nel team.
Nella demo presentata a Londra i soldati erano stati suddivisi in preset piuttosto standardizzati, ma gli sviluppatori hanno garantito che nel gioco finale ci sarà una grande varietà di armi ed abilità tra cui scegliere quelle più adatte al nostro stile. Queste dovrebbero dare maggiore spessore ad un gameplay che altrimenti, dopo qualche partita potrebbe aver già detto tutto quello che aveva da dire. Quindi ben venga un ramificato albero delle abilità da sbloccare salendo di livello, soprattutto se è in grado di variare il flusso delle partite e introducendo una struttura sandbox.
Quella che al momento sembra mancare, infatti, è una certa variabilità delle partite. Le mappe, infatti, sembrano ben strutturate, ma preconfezionate e immutabili. In altre parole non sembra sia possibile creare nuove aperture nei muri, né modificare l'ambiente, cosa che rende l'arena della battaglia molto statica.
La grande differenza tra Firewall Zero Hour e le sue chiare fonti di ispirazione è il fatto che il gioco di Sony è un'esclusiva PS VR. Questo vuol dire sia che sarà possibile controllare la telecamera con il semplice movimento della testa, ma anche che saremo in grado di compiere azioni avanzate, come per esempio l'affacciarsi da dietro un angolo, semplicemente mimando il movimento corrispondente nella realtà.
Abbandonando il DualShock 4 e impugnando un PS Move, meglio se incastrato all'interno dell'accrocchio che mima un fucile già visto in azione in FarPoint, inoltre, sarà anche possibile mirare direttamente muovendo le mani. La videocamera connessa a PS4, infatti, riuscirà a mappare precisamente la posizione dei controlli di movimento, sostituendo l'oggetto in plastica che in realtù impugneremo con la skin dell'arma scelta per il proprio soldato.
In questo modo l'immersione diventa quasi totale, con i giocatori che, volenti o nolenti, si trovano ad assumere le posizioni e a replicare i gesti delle vere forze speciali. Un elemento ininfluente a fini del gioco vero e proprio, ma che potrebbe essere un punto distintivo in ottica di streaming televisivi. Non è, infatti, un segreto che gli sviluppatori ambiscano a imporsi anche sulla scena competitiva. D'altra parte la formula di gioco sembra essere piuttosto collaudata e la VR potrebbe fungere da catalizzatore per avvicinare un gran numero di persone. Uno sparatutto tattico con tutti i crismi giocato in realtà virtuale, infatti, potrebbe combinare il fascino degli eSport con le coreografie "reali" create dagli atleti impegnati negli scontri.
Ora a First Contact Entertainment non resta che completare lo sviluppo di Firewall Zero Hour in modo da ridurre il gap in bilanciamento, varietà e fama che separa il loro gioco dalle più affermate discipline eSportive. Un compito non semplice, perché da una parte abbiamo prodotti con una lunga storia di successi e numerosissime comunità di appassionati e dall'altra un videogame che, al momento, deve convivere con una natura ibrida di sparatutto competitivo, ma con la possibilità di essere utilizzato anche in solitaria. Che consente di essere giocato sia con il pad che con i Move, due sistemi di controllo diametralmente opposti, dato che ognuno di ognuno è caratterizzato da punti di forza e debolezze ben marcate. Senza considerare che le velleità competitive degli sviluppatori solitamente mal si sposano con periferiche esotiche e dalla non capillare diffusione come PS VR.
Firewall Zero Hour è quindi un'esperienza interessante, sicuramente in grado di divertire e molto ambiziosa. Ma, potenzialmente, è proprio questo suo puntare in alto il più grande limite del gioco. Mettere il prodotto d First Contact in competizione con veri mostri sacri del settore come Rainbow Six Siege e Counter Strike: Global Offensive, infatti, potrebbe rivelarsi un boomerang fatale che rischia di oscurare anche gli elementi di qualità presenti in quest'opera.