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Fist of the North Star: Lost Paradise - recensione

Un uomo ambizioso vince qualsiasi battaglia.

"Mai, mai, scorderai l'attimo, la terra che tremo. L'aria s'incendiò e poi... silenzio. E gli avvoltoi sulle case, sopra la città, senza pietà". Se avete letto queste righe cantandole a squarciagola mentre prendevate a pugni qualsiasi cosa vi capitasse a tiro, forse potete smettere di leggere.

Quello che scriveremo nelle prossime 200/250 righe non conta. Non importa se e quanto proveremo a demolire questo gioco perché probabilmente lo comprerete lo stesso. Da quando il team di Yakuza ha annunciato Fist of the North Star: Lost Paradise, i fan più sfegatati della saga ideata da Buronson e Tetsuo Hara hanno infatti avuto un'erezione che si probabilmente si calmerà solo quando avranno tra le mani la confezione ancora sigillata del gioco.

I deludenti capitoli di Hokuto Musou, sviluppati da Omega Force per la scorsa generazione di console, non sono stati sufficienti a placare la fame di Hokuto di chi è cresciuto cercando di premere i propri punti di pressione davanti allo specchio. Purtroppo però, è bene dirlo subito, il gioco sviluppato da SEGA non è il capolavoro assoluto che tutti speravamo fosse... ma andiamo con ordine.

Ormai è chiaro a tutti che l'impianto di gioco è praticamente identico a quello di Yakuza e fin dall'inizio tutti si chiedevano come gli sviluppatori sarebbero riusciti ad incastrare l'epica trama della saga dentro una struttura piena di elementi ludici non propriamente adatti a uno scenario post-atomico come quello di Ken il Guerriero.

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La risposta è semplice: non ci sono riusciti, anzi non ci hanno neanche provato. Sì, perché il gioco su cui state per mettere le mani non segue la storia che tutti noi abbiamo visto almeno una decina di volte mentre mangiavamo una Girella e sorseggiavamo un succo di frutta alla pera. Fist of the North Star: Lost Paradise si svolge in un universo parallelo e racconta eventi mai visti prima, che solo in minima parte si ricollegano a quelli della serie televisiva.

La premessa narrativa iniziale è più meno la stessa anche se nel gioco viene saltata l'intera prima parte in cui Ken conosce Bart e Lin, che verranno introdotti successivamente. Mentre è alla ricerca di Yuria (Giulia nell'edizione nostrana) il "salvatore di fine millennio" arriva nel palazzo del suo eterno nemico Shin, maestro dello Stile dell'Aquila Solitaria di Nanto.

Un buon avversario per assaggiare il sistema di combattimento del gioco che ricrea fedelmente i colpi più spettacolari della Divina Scuola di Hokuto. Prima di poterli usare dovrete però ammorbidire i vostri avversari con combo alternate a parate e schivate. Dimenticatevi di attaccare a testa bassa, funzionerà con i (tanti) drappelli di sbandati che troverete in giro, ma con gli avversari veri dovrete adottare una tattica più accorta.

Questo primo scontro è piuttosto facile ma in fondo è solo un prologo che si conclude con l'arrivo di Kenshiro nella città di Eden, dove Yuria è stata vista l'ultima volta apparentemente in condizioni critiche. Questa prima location, totalmente inedita, è lo snodo centrale dell'intera avventura e può essere paragonata al quartiere Kamurocho di Yakuza, sia in termini di grandezza sia di densità.

Hokuto Hyakuretsu Ken ovvero 'Il pugno che crea cento lacerazioni'. Ogni tecnica della Divina Scuola di Hokuto è accompagnata da un QTE diverso.

Rappresenta l'ultimo avamposto vivibile della civiltà, un luogo apparentemente paradisiaco in cui tutti gli "esterni" desiderano entrare. Purtroppo le leggi all'interno sono ferree e lo stesso Ken dovrà faticare per poterci entrare. Una volta dentro inizierà il gioco vero e proprio, che vi porterà ad incontrare tutti i protagonisti principali della prima serie TV.

A questo punto i fan si aspetteranno un decollo verticale che porti a rivivere gli eventi originali. Così non è. Dall'arrivo di Rei all'incontro con Raoh/Raul, passando per la sconcertante scoperta del segreto di Souther/Sauzer, ogni evento della trama di Fist of the North Star: Lost Paradise non è quello che vi aspettereste. È meglio che facciate pace con questo fatto. Accettare le "libertà" che il team di sviluppo si è preso narrativamente parlando, è l'unico modo per godersi al meglio il gameplay e la notevole quantità di contenuti che vi verranno serviti.

Eden è una location piena zeppa di persone con cui interagire, negozi, missioni e attività secondarie che moltiplicheranno a dismisura le circa 15 ore necessarie per portare a termine la storia principale. Certo, riuscire a digerire Kenshiro in tenuta da barman non è facile, così come risulta bizzarro vederlo incastrato nel cabinato di OutRun. Inutile poi chiedersi perché in uno scenario così desolante e con una missione così importante, il successore di Hokuto debba dirigere un nightclub o giocare a baseball con le moto dei furfanti che infestano l'area esterna. Ad un certo punto dovrete fare una scelta: dimenticare la saga di riferimento e gettarvi nell'avventura senza troppi pensieri o rimanere li a riempirvi la testa di "perché".

Le combo di base caricano la barra delle Sette Stelle. Una volta attivata con R2 questa potenzierà le mosse di Ken, attivandone di nuove e velocizzandone i movimenti.

Di tanto in tanto dovrete anche esplorare la zona esterna a Eden, Potrete visitare la wasteland dopo aver incontrato Bart, che da buon appassionato di motori metterà a punto un fuoristrada per le vostre scorribande. La mappa desertica non è vastissima e inizialmente non potrete esplorarla tutta: per farlo dovrete potenziare il vostro mezzo con parti speciali che vi consentiranno di superare terreni accidentati e sfondare muri di roccia.

Divertente? All'inizio sì, ma ben presto vi stancherete di sgasare tra dune e rovine, raccogliendo materiali grezzi con cui "craftare" oggetti utili e affrontando pattuglie di nemici erranti. Questi ultimi vi costringeranno a fermarvi per portare a termine combattimenti che ben presto diventeranno atrocemente ripetitivi e utili unicamente a raggranellare soldi e una manciata di punti esperienza.

Sarebbe stato molto più divertente qualche combattimento in auto in stile Mad Max (ricordate il gioco sviluppato da Avalanche Studios?). Tolta una manciata di missioni principali e secondarie potrete tornare nella zona desertica per trovare tesori nascosti, tra cui i cabinati arcade con cui riempire la sala giochi di Eden, non prima però di averne strappato le mappe dalle carcasse dei nemici sconfitti in città.

Con il passare del tempo, delle missioni e delle battaglie, Kenshiro accumulerà Punti Destino che lo faranno avanzare di livello e Globi di vario genere da "spendere" in una schermata di potenziamento praticamente identica a quella di Yakuza. Questa è divisa in quattro settori: Abilità, Mente, Corpo e Destino. Il primo vi permette di sbloccare nuove mosse, oltre a quelle che potrete ottenere allenandovi con Toki, e di rafforzare le tecniche in vostro possesso. Il secondo include i potenziamenti per la Barra delle Sette Stelle e l'invulnerabilità temporanea acquisita con le schivate. I potenziamenti del Corpo aumentano il potere d'attacco e la barra della salute di Ken mentre quelli del Destino ampliano i poteri dei Talismani.

Il cast della saga originale viene arricchito da alcune new entry. Questa è Xsana, 'regina' di Eden. Il suo bel faccino non vi inganni, è una tipa decisa e nasconde un segreto.

Questi ultimi sono oggetti legati ai personaggi principali del gioco e ognuno garantisce un bonus attivo o passivo, sia fisico che legato alle fasi di guida. Per ottenerli dovrete trovare un sufficiente numero di materiali rari e scambiarli con un particolare commerciante che si trova in uno dei vicoli di Eden. Una volta equipaggiati potrete anche potenziarli aumentandone valore e potenza. Gli elementi RPG insomma non si discostano molto da quelli già visti nella serie Ryu Ga Gotoku, anche se possiedono un maggiore alone mistico, perfettamente in linea con lo stile di Ken il Guerriero.

Come l'intera saga di Yakuza, anche Fist of the North Star: Lost Paradise non è localizzato in Italiano. Pur raccontando una storia diversa da quella della saga originale, non avrete difficoltà a seguirne la trama, che riserva giusto un paio di piccoli colpi di scena tra l'altro facilmente comprensibili. Il consiglio che vi diamo è di giocarlo con l'audio in giapponese, immensamente più suggestivo rispetto alla traduzione inglese. Nel caso doveste avere un salvataggio di un qualsiasi capitolo di Yakuza nel vostro hard disc, il gioco vi ricompenserà con un oggetto consumabile bonus, un piccolo omaggio da parte degli sviluppatori.

Siamo arrivati alla fine delle 250 e più righe di cui parlavamo prima e vorremmo tanto dirvi che Fist of the North Star: Lost Paradise è un acquisto imprescindibile. Può esserlo per chi ama Kenshiro ed è disposto a chiudere un occhio, ma per coloro che stanno cercando l'esperienza definitiva di Hokuto No Ken, la cosa si fa più complicata.

Nei negozi potrete acquistare cibo per ripristinare energia e forza, ma anche qualche pezzo d'equipaggiamento utile per aumentare le statistiche di difesa.

Sono tanti i compromessi a cui i fan più intransigenti dovranno scendere per potersi ritenere pienamente soddisfatti di questo gioco, sia dal punto di vista tecnico che di gameplay. Graficamente parlando siamo di fronte ad un titolo che mette in mostra ottimi modelli poligonali dei personaggi più iconici, ma anche ambientazioni dallo scarso dettaglio, strutture fin troppo semplici e NPC dotati di animazioni rigide e ripetitive. Il tutto è ben mascherato da un buon cel-shading e fortunatamente non soffre di rallentamenti anche durante combattimenti più affollati. È vero che Lost Paradise non utilizza il potente Dragon Engine di Yakuza 6, ma anche con meno cavalli sotto il cofano il risultato poteva essere migliore.

Per quanto riguarda il gioco in sé, la quantità di attività accessorie è enorme e tutti i mini giochi sono divertenti, ma la spina dorsale del gioco è fragile. Tolti i combattimenti con i boss, tutto il resto è una lunga scazzottata neanche troppo impegnativa e un continuo andirivieni da un angolo all'altro di Eden e dintorni. Forse con 2000 anni di storia alle spalle, la Divina Scuola di Hokuto avrebbe meritato qualcosa in più.

7 / 10