Freaks Out Recensione: Un mix storico/fantastico degno di Tarantino
Freak si nasce, freak si diventa.
Arriva sugli schermi dei cinema il sorprendente Freaks Out, nuovo lavoro della coppia Gabriele Mainetti/Nicola Guaglianone, che nel 2015 ci hanno dato Lo chiamavano Jeeg Robot.
Nella Roma del 1943, post-armistizio, devastata da fame, bombe, nazisti e rastrellamenti, lavoro un piccolo circo, gestito dall'impresario ebreo Israel, composto da quattro sole misere attrazioni: Fulvio (Claudio Santamaria), un uomo fortissimo, con faccia e corpo interamente coperto di fluenti peli; Cencio (Pietro Castellitto), un magro ragazzetto albino che attira e manipola qualunque tipo di insetto; Mario (Giancarlo Martini), un buffo e allegro nano che attrae gli oggetti di metallo; Matilde (Aurora Giovinazzo), giovanissima e fragile, che racchiude una carica elettrica potentissima.
Rimasti senza guida dopo un devastante bombardamento, sono costretti a uscire allo scoperto, ad avventurarsi in un mondo vero, popolato di autentici mostri. Bisognosi di protezione, cercano di entrare nel Zircus Berlin, di proprietà di Franz, un nazista che ammalia le folle con le sue sonate di pianoforte. Incontrando la realtà, i quattro comprendono di doverla affrontare, di dover imparare a usare i loro poteri non per ridicoli giochetti da circo, ma per fare la differenza in un mondo impazzito, schierandosi dalla parte di chi sta tanto soffrendo, dalla parte del Bene contro il Male.
Un Male che specularmente, per combatterlo, ne ha generato un tipo diverso, ma necessario. Mai infatti si è vista una simile banda di partigiani brutti sporchi e cattivi, da far invidia alla fantasia di un Tarantino, divenuti "mostruosi" a loro volta (non anticipiamo come). Raramente la raffigurazione dell'odio fra i due schieramenti ha raggiunto tale animalesca intensità (splendida la caratterizzazione del capo partigiano, gobbo e mutilato, di Max Mazzotta).
La loro lunga avventura, una specie di drammatico viaggio di formazione, si concluderà in un'apoteosi impensabile di devastante violenza e "poetica giustizia". Non possiamo raccontare maggiori dettagli del film, che sono le infinite invenzioni che costellano e vivacizzano la trama, in modo da non rendere noiosi i 141 minuti di durata.
Paradossalmente la figura più patetica è quella del folle nazista Franz, "mostro" a sua volta, espulso dalla Wermacht perché afflitto anche lui da una malformazione e relegato a dirigere un circo lontano dall'Impero, dove rastrella reietti. Fra i quali spera di trovare i quattro "superuomini" che salveranno Hitler. Perché nelle sue visioni indotte dall'etere lui ha visto il Crepuscolo degli dei, la sconfitta del Terzo Reich.
Il ruolo è splendidamente interpretato dall'attore tedesco Franz Rogowski, una scelta incredibilmente precisa, perché da bambino è stato afflitto da labio e palatoschisi, malformazione che gli ha conferito la sua particolare parlata e non dubitiamo che questo non gli abbia reso la vita difficile. Lo ricordiamo in Victoria, Undine e Hidden Life di Malick. Ottimi però anche i nostri attori, Santamaria è sempre nascosto da un folto mantello peloso, il che non gli impedirà una bizzarra parentesi sentimentale.
Gabriele Mainetti dirige e scrive la sceneggiatura insieme a Nicola Guaglianone, che è il creatore dell'insolita storia. Il regista scrive anche la colonna sonora con Michele Braga. Andrebbero citati nome per nome i responsabili di trucco, costumi, scenografia, effetti visivi e sonori (lungo è stato il lavoro di postproduzione per gli effetti speciali e si vede tutto). Da guardare i disegni sui titoli di coda (che sono le visioni del futuro di Franz).
Freaks Out è il film italiano che non ti aspetti, che mescola finizione e storia, mito e realtà, suggerendo una riflessione su cosa si debba considerare "mostro" o "diverso", su come il concetto sia labile e dipenda da che parte della storia lo si osservi. Qui i protagonisti, ben più X-Men che Marvel, non sono solo eroi con rovelli morali, ma fragili esseri dotati di poteri che li hanno emarginati e che devono ancora imparare a usare.
Mainetti/Guaglianone rimescolano, rivisitano, rileggono la storia e la buttano in un bulimico calderone che trabocca dell'immaginario di anni di film, letteratura e fumetti e rimanda a tanti registi visionari come Del Toro, Burton, Fleming e Browning ovviamente. Nella vita c'è chi sceglie look minimali e chi eccentrici capi d'abbigliamento, chi ama case spoglie e architetture geometriche, chi invece predilige la ricchezza del barocco, il calore dell'accumulo. Così sarà anche per il gradimento nei confronti di questo film.
Freaks Out è barocco, eccessivo, ipertrofico. Ma sorprende, emoziona. Che è il motivo per cui andiamo al cinema, per farci sorprendere, emozionare. O no?