Fresh Recensione, cosa ci fa più orrore nell’horror?
Non guardate quel trailer!
Noa è una ragazza carina, non appariscente, perbene, una che può passare inosservata a uno sguardo superficiale (ottima scelta di Daisy Edgar Jones, protagonista della serie Normal People). Non ha parenti, solo una cara amica, Molly, una figura da Grillo parlante. Un giorno Noa, stanca dei troppi fallimentari appuntamenti combinati su qualche app, mentre sta facendo la spesa in un supermercato viene approcciata da un tizio in carne e ossa, timidamente, simpaticamente (credevo non si usasse più, dirà all’amica).
Lui, Steven (Sebastian Stan), è molto carino fisicamente, è uno perbene anche lui, spiritoso il giusto, con i giusti modi di fare, un chirurgo che non se la tira, con una bella casa. Noa si lascia andare (fuck it, pensa, alla faccia di tutte le menate che si è sempre fatta) e inizia con lui una piacevolissima relazione.
Cosa ci sarà mai di sbagliato in Steven, sarà sposato, male che vada! Ovviamente lo spettatore, anche se non avesse guardato il trailer che spoilera molto, già pregusta inquietanti sviluppi, se leggermente sadico, o li teme, se apprensivo. E gli sviluppi ci saranno e velocemente, ma saranno ben peggiori del previsto. Perché Steven è uno che ha una particolarità non molto frequente ed è anche un oculato uomo d’affari. Con la sua bella casa, con la sua bella faccia. Nel caso in famiglia si abbiano figlie o nipoti adolescenti, si potrebbe essere tentati di far vedere loro il film, ma sarebbe pura cattiveria, si rischia che non escano più di casa.
Perché Fresh è una storia horror davvero riuscita, che mette a disagio, che inquieta e coinvolge, anche se nel finale pecca di un difetto frequente nei film di questo genere. Se tutti però facessero la cosa giusta al momento giusto, dopo mezz’ora certi film finirebbero. E infatti si tratta di un difetto veniale, rispetto a tutta la parte centrale, tesissima, che in parte ricorda un antico film del 1965, Il collezionista, con Terence Stamp e Samantha Eggar (ma solo in parte, per la situazione generale).
Non si dia retta a chi cerca troppe allusioni recondite al corpo delle donne e alla sua mercificazione, alle quali non si pensa mentre si assiste con vero disagio all’escalation di orrore. E nemmeno lo si paragoni ad altri prodotti del cosiddetto Torture Porn, perché qui tutto è suggerito e fuori campo e non si accampano fumose teorie socio-politiche per giustificare il tutto (pensiamo a Martyrs). Dirige Mimi Cave, al suo esordio e la terremo d’occhio, ma il merito della riuscita del film sta in ugual parte nella sceneggiatura di Lauryn Kahn, che troppe recensioni spoilerano, purtroppo.
Dopo la visione però ci siamo interrogati sui motivi del nostro disagio, sul perché questa storia, leggera variante di altre già viste, ci abbia preso particolarmente. Perché questo fanno i prodotti più riusciti del genere horror, mettono a disagio, inquietano, evocano paure ancestrali. Senza scomodarci per quelli che si spaventano per insetti assassini, o uccelli o squali, senza considerare i normali serial killer e le loro atrocità, su cui a Hollywood si sono fatte fortune, o grandi classici come Poe o Lovecraft (il soprannaturale tira sempre), ci sono alcuni argomenti che fanno agitare di più, qualcosa di più sottile che tocca corde più personali, forse. E ciascuno avrà i suoi titoli prediletti.
Potrebbe essere il grande classico Il silenzio degli innocenti, con Hannibal Lecter mentre dice con aria allusiva che avrà un amico per cena. O il suo emulo che costringe le vittime a cospargersi di crema idratante, in moda da poterle scuoiare meglio per farsi un vestito. E la famiglia di Non aprite quella porta e dei tanti film-clone del genere, fa più orrore perché i suoi componenti sono cannibali o solo perché sono esseri orridi e disgustosi, persa ormai la minima traccia di umanità (pensiamo anche a film come Un tranquillo weekend di paura, L’ultima casa a sinistra o Wolf Creek)?
Ma chi abbia bambini in famiglia, sarà ugualmente inorridito davanti ai tanti film e serie tv in cui innocenti figlioletti svanivano in un batter d’occhio, per poi venire o trovati straziati poco dopo o cercati invano per anni da genitori affranti. E siamo anche inorriditi davanti alle sevizie fisiche e psicologiche inflitte alle “schiave di casa” nella splendida serie The Handmaid’s Tale. Si tratta di film o serie che è meglio non guardare prima di dormire, perché potrebbero mettere in agitazione, aumentando il tasso di adrenalina.
Quindi, tornando a Fresh, film che avrebbe meritato un’uscita su grande schermo, ci sentiamo di raccomandarlo. Non è niente di così nuovo nel panorama di genere, è solo una variazione ben congegnata, ben realizzata e ben recitata, pure a tratti con un suo humor nerissimo. Eppure funziona, perché il suo protagonista fa quello che deve meglio di altri. E un po’ come dire che anche i campi di concentramento non sono stati niente di originale, che tanto ci sono in ogni guerra. Certo, ma come li avevano organizzati i tedeschi...