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Gangs of London (S01) - recensione

È la serie televisiva più sadica e violenta mai vista?

Si può ancora pensare che sia possibile alzare il livello di violenza in un genere inevitabilmente violentissimo, come quello dedicato al racconto delle gesta della malavita londinese?

Specifichiamo che si tratta di una storia inglese, perché è con film e serie di quella nazionalità che si è fatta la differenza, a partire da anni lontani, per il realismo spietato con cui si descriveva quell'ambiente.

Citiamo 'Performance', diretta da Roeg/Cammel nel lontano 1970, 'Carter' con Caine, 'The Krays' (storia ripresa da Tom Hardy nel 2015 con Legend) e un altro paio di film degli anni '80. Proseguiamo cone 'Il giorno del venerdì santo' e 'Monna Lisa', entrambi con Bob Hoskins, proseguendo con 'Gangster N.1' (che risale al 2000), 'The Pusher' con Daniel Craig, fino al più recente 'Once Upon a Time in London'. E poi citiamo serie TV come 'The Take', 'The Fear', 'Peaky Blinders', 'Love/Hate' e 'MacMafia'.

In poco tempo al di là della Manica si è passati dagli eleganti crimini alla Agatha Christie, dove il sangue quasi non si mostrava, a una rappresentazione iperrealista della violenza più brutale, dell'abiezione cui conduce il potere conseguito delinquendo.

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Il genere ha avuto un rilancio aumentando la dose di risse sanguinose, di ammazzamenti crudeli, di torture efferate, con un leggero incremento di un sadismo a volte disturbante.

Perfino nei film di Guy Ritche, che sull'argomento ha costruito sempre narrazioni spiritose e surreali, la violenza, quando irrompe, è inaspettatamente cruda, realistica. A questo si aggiunga che l'arte dei combattimenti corpo a corpo negli anni ha raggiunto vette davvero impensabili e pure gli effetti di pallottole e altri mezzi offensivi sono resi con sempre più impressionante efficacia.

Tutto questo per dire che nella serie Gangs of London, dal 24 giugno su Sky, rischierete di restare impressionati da una messa in scena di uccisioni e sevizie che s'impone all'attenzione, anche solo nei primi cinque minuti del primo episodio. Che poi nella sua ora e mezza di durata (gli altri otto episodi durano in media poco meno di un'ora), non vi farà mancare altre sequenze di rara brutalità, raccapriccianti e ansiogene.

Tutto ruota intorno all'uccisione del vecchio boss di origine irlandese Finn Wallace (Colm Meaney), patriarca temuto ma rispettato, che da 20 anni con ferreo controllo regolava tutte le attività malavitose dei vari gruppi, mafia albanese e italiana, trafficanti pakistani, curdi, greci, giamaicani e cinesi, tutti nell'abbraccio della multietnica capitale.

'Tutto questo un giorno sarà tuo'.

Al suo fianco, fidato socio in affari, troviamo il coetaneo Ed Dumani, di origini nigeriane. I figli dei due, Sean e Alex, stanno facendo il salto di qualità, sono due giovani uomini dall'aspetto impeccabile, hanno studiato e possono comparire alle riunioni dei consigli di amministrazione e ai party degli affaristi londinesi senza problemi.

Le due famiglie stanno investendo i loro immensi profitti nell'edilizia, "lavando" il denaro sporco grazie ai grattacieli che stanno invadendo la City londinese. Che importa che poi restino vuote cattedrali di acciaio, vetro e cemento, in quartieri senza vita? I soldi hanno fatto il loro giro e la buona società li accoglie senza storcere il naso.

Ma l'equilibrio si spezza a causa dell'uccisione di Finn, all'apparenza ingiustificata, commessa da un giovane zingaro, inetto rampollo in cerca di affermazione di una famiglia di Rom irlandesi, dominata da un durissimo patriarca. Si tratta di un omicidio su commissione ma chi e perché può aver voluto sconvolgere un equilibrio in cui tutti fanno ordinatamente i loro sporchissimi affari e mettono via montagne di soldi?

Finn di figli ne ha tre: una femmina, Jacqueline, che si è allontanata dalla famiglia, e due succitati maschi, l'inaffidabile Billy, uno che non ha retto la pressione di tale vita e si è perso nei numerosi vizi che aveva a portata di mano. E Sean, l'erede, di glaciale inespressività.

Una scheggia estranea al meccanismo...

Che si scatena come una furia sulle tracce dei colpevoli di tale sacrilegio, in cerca di una vendetta che deve essere la più sanguinosa possibile. Nel frattempo però blocca ogni attività dei suoi soci, chiude il porto e blocca i contatti. Nessuno dei vari gruppi ne è contento e alcuni provano ad aggirare i divieti del nuovo boss. Ma male, malissimo gliene incoglierà.

Intanto, procedendo proprio a "eliminazione", come un rullo compressore pronto a sterminare chiunque provi a contestarlo, Sean non riesce a individuare chi di preciso stia assediando la Famiglia. Che di soggetti ostili ce ne sono troppi.

In questa già difficile equazione si inserisce un elemento estraneo, Elliot, un uomo di colore, all'apparenza una mezza tacca, un semplice "soldato" in cerca di scalata all'interno dell'organizzazione, che però mostrerà subito alcune anomalie, mentre per volontà e per caso riesce ad avvicinarsi sempre più al diffidente Sean. Come ben si sa, per capire chi ci sia dietro certe trame bisogna seguire i soldi. E così come sopra il Papa c'è Dio, anche il più cattivo e potente ha sopra di sé qualcuno ancora più potente.

Gangs of London è una storia avvincente, ricca di tensione e disseminata di efferatissime uccisioni, di brutalità davvero impressionanti, di scene di combattimento di una violenza che definiremmo "innovativa", con sparatorie devastanti (girate benissimo), che ci immergeranno in un vero bagno di sangue, progressivamente sempre più feroce. Il finale però è sospeso, e si perdona volentieri l'ennesimo uso di Vincerò.

La violenza è coreografata ma devastante.

Scrive Gareth Evans insieme a Matt Flannery e dirigono tre registi, lo stesso autore Gareth Evans, che aveva già diretto il violentissimo The Raid e l'interessante V/H/S/2; Xavier Gens (Frontiers, Hitman, Budapest) e Corin Hardy (The Hallow, The Nun). Suggestiva ed efficace la colonna sonora di Aria Prayogi e Fajr Yuskemal.

Il cast è composto da facce viste in ruoli minori al cinema e in molte serie TV, a parte il noto Colm Meaney. Sean è Joe Cole, faccia nota di Peaky Blinders, il fratello Billy è interpretato da Brian Vernel (The Tunnel). Elliot è il poco noto Sope Dirisu, visto nelle serie Humans e Undercover.

La durissima Lady Marion ha la faccia di Michelle Fairley, la Vedova Stark di Game of Thrones. Ed e Alex Dumani, la coppia padre-figlio che fa da contraltare a quella Sean/Marion, è composta da Lucien Msamati e Paapa Essiedu (le serie Press, The Miniaturist e il film Assassinio sull'Orient Express).

La cosiddetta "società civile" non esiste, i cittadini comuni, molti dei quali costituiscono il termine ultimo di tanti lucrosi traffici, possono essere solo vittime casuali. La Polizia cerca di penetrare come può in un mondo serrato su se stesso e pericolosissimo, mai all'altezza di tali criminali. Solo comportandosi esattamente come loro si potrebbe avere qualche speranza, ma a quali prezzi?

Tutta la famiglia riunita...

È facile definire shakespeariani i personaggi, quando si parla di famiglie di potere, che per mantenerlo e tramandarlo sono disposte a qualunque nefandezza. E così si possono trovare agganci anche con alcuni protagonisti del Padrino, altre mitica gangster-story che a suo tempo aveva fatto da linea di demarcazione.

Non solo sono ben scritti i protagonisti ma lo è anche la variegata congerie dei vari trafficanti che si muovono intorno a loro. Sono tanti piccoli nuclei che nell'organizzazione interna ricalcano però in piccolo quella che li domina, con i patriarchi ferocemente attaccati al loro potere, ancora desiderosi di rivalsa su una società da cui si sono sempre sentiti respinti, e che non capiscono la mentalità delle nuove leve, che vedono nella finanza senza scrupoli e nella politica corrotta il modo più pulito per proseguire la loro ascesa.

E sempre ci sono vendette da compiere, perché i cammini di tutti si sono svolti in ambienti dove fuori di metafora vige la legge della giungla: solo chi è più forte sopravvive, spesso sopra mucchi di cadaveri e lutti personali indicibili.

Quindi il Male è come una catena che sembra allentarsi ma che poi ricade con tutto il suo peso su chi si era illuso di essere cambiato, diverso, ripulito.

A trovarsi meglio saranno quelli che hanno semplicemente aggiornato gli antichi metodi degli avi. Computer e dark web, ma anche eserciti di assassini e mitra. I soldi sono numeri che volano sulla rete e spariscono e ricompaiono a comando, ma per far sparire un avversario vuoi mettere un tradizionale machete o un sano pilastro di cemento?

Forse Dante si sbagliava, quando scriveva "fatti non foste a viver come bruti".