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Generazione streaming

Siamo diventati dei guardoni?

Niente ti fa sentire vecchio come la tecnologia e a parlare ora dei proprio ricordi da sala giochi ci si sente un po' come i nonni che tirano fuori dal cassetto le foto del dopo guerra. Eppure qualche anno fa guardare un videogioco era un evento molto più frequente del provarlo.

Ricordo come fosse oggi la mia sala giochi preferita: era quella di un bar in cui andavo al mare ogni anno, cinque cabinati e due flipper, e per quanto possa sembrare assurdo, di fronte a quel bancone c'è passato di tutto. Il primo e il secondo Street Fighter, Final Fight, SWAT, Mighty Bomb Jack, Hang-on, Sega Rally, Virtua Striker, Metal Slug, e Dragon's Lair.

Dio mio, quanto amavo Dragon's Lair.

Data la sua particolarità, il suo cabinato poteva contare su un secondo schermo nella parte alta della struttura, così da far vedere a tutti le imprese e i fallimenti del giocatore di turno, e ovviamente costava più degli altri.

Potevo passare anche un'ora appostato nei suoi paraggi, in attesa che uno dei ragazzi più grandi ci giocasse, solo per godermi lo spettacolo, e infatti tutt'ora il trailer del gioco è tatuato nei miei neuroni e ruba spazio a cose sicuramente più importanti che ormai non ricordo più.

Twitch Plays Pokémon è stato un vero e proprio esperimento di sociologia di massa.

Nel mondo delle sale giochi, insomma, vedere poteva essere importante quasi quanto giocare; anzi, nel caso di giocatori particolarmente bravi poteva radunarsi una folla alle loro spalle, il cui numero si divideva equamente fra gufi e tifosi.

"Nel mondo delle sale giochi, vedere poteva essere importante quasi quanto giocare"

Tuttavia non voglio star qua a fare una tassonomia di tutti i personaggi che si potevano incontrare anni fa in una sala giochi (anche se mi piacerebbe parecchio). Volevo piuttosto sostenere una tesi: se escludiamo quel periodo in cui le sale giochi stavano morendo e Internet non era ancora pronta, guardare e giocare sono da sempre due gesti che vanno di pari passo, e il successo di Twitch e della "generazione streaming" non ci dovrebbe stupire più di tanto.

Eppure, di fronte a certi numeri, pare impossibile non stupirsi: all'ultimo censimento si parlava di circa 12 miliardi di minuti consumati ogni mese, 12 miliardi di vittorie, di sconfitte, di colpi di fortuna, di pessime figure, insulti e dibattiti.

Eppure, all'inizio, lo stupore è inevitabile: qualche anno fa avreste mai pensato che così tante persone avrebbero speso il loro tempo guardando gli altri giocare, invece che giocando? Insomma, cosa ci troverà la gente in tutto ciò? L'unica risposta sensata, escluse le partite dei giocatori più bravi, è "niente".

Il successo di Twitch è legato soprattutto agli RTS e ai MOBA ma ormai si trova praticamente di tutto.

Ma questa risposta non tiene conto di un fattore fondamentale, il fattore su cui ormai poggia tutta internet: l'esperienza sociale. Sì perché la bellezza di Twitch non è tanto il fatto di poter vedere qualcuno giocare bene o ridere di qualcuno che gioca male. Per imparare le tattiche di League of Legends ci sono di centinaia di tutorial su YouTube che non aspettano altro che un nuovo spettatore. Ciò che ha reso Twitch qualcosa che ormai non è più possibile ignorare è uno strumento che passa quasi inosservato, vecchio quasi quanto il protocollo TCP/IP: la chat.

"La chat è forse la parte più importante di Twitch), perché è ciò che rende ogni streaming un'esperienza unica"

La chat è forse la parte più importante di Twitch (prontamente riportata negli streaming di YouTube), perché è ciò che rende ogni streaming un'esperienza unica, un microcosmo, una comunità in cui le persone s'incontrano, parlano tra di loro, interagiscono col giocatore e si scambiano opinioni, tanto che alla fine ci si scorda quasi di essere là per guardare qualcuno che gioca.

Il suo successo sta nel fatto che è un'esperienza molto più divertente e interattiva che condividere un video su YouTube e discutere nei commenti: il feedback è diretto, è una gratificazione istantanea della propria naturale voglia di socialità.

Non c'è un dopo, non c'è un prima, non c'è il commento offensivo che rimane là per mesi, c'è solo il momento in cui stai giocando e qualcuno chiacchiera con te, o quello in cui stai discutendo con venti sconosciuti su quale sia il modo migliore per procedere con l'avventura. E se qualcuno non si comporta bene, puoi sempre cacciarlo.

Da destra a sinistra, il CEO di Twitch, Emmett Shear e il co-fondatore del sito, Justin Kan, da cui prende il nome Justin.tv, il sito dal quale è nato Twitch.

Prima parlavamo di sale giochi ma forse l'esempio più calzante è un playground di basket. C'è chi gioca, chi commenta, chi scherza e chi aspetta il suo turno per una partita, e il tutto segue regole scritte e non scritte.

"Un altro dato impressionante di Twitch è che il 25% dei suoi utenti è parte attiva del sito"

È un meccanismo virtuoso che tende ad avvicinare tra di loro persone che vogliono condividere una passione, non polemizzare, in un continuo scambio di ruolo tra attori e spettatori, che può generare esperimenti sociali del tutto particolari come la titanica partita a Pokémon che si è giocata via chat fino a poco tempo fa (che avrà ovviamente un seguito).

Sì, perché un altro dato impressionante di Twitch è che il 25% dei suoi utenti è parte attiva del sito: non si limita a guardare ma produce contenuti, una percentuale che fa quasi sembrare YouTube un mezzo di comunicazione passivo e unidirezionale, e che sconfessa la domanda iniziale: il fenomeno di Twitch non si basa sui "guardoni" ma su quell'utente su quattro che decide di aprire un proprio canale.

Se il 25% vi sembrano pochi, considerate che al momento la percentuale di utenti attivi su Twitter è circa del 24%, e in quel caso lo sforzo richiesto è decisamente inferiore rispetto a uno streaming.

In molti casi gli streaming di Twitch sono commentati con una professionalità che farebbe invidia a Eurosport.

La magia che ci ha trasformati in ragazzini appostati nella sala giochi, in attesa di qualcuno che inserisca una moneta, è dunque la stessa che ha reso famoso Facebook: possiamo vedere cosa fanno gli altri (addirittura in diretta) e allo stesso tempo possiamo condividere ciò che vogliamo, assaporando il piccolo piacere egoistico dato dal fatto che qualcuno occupa il proprio tempo guardando noi giocare. Noi, padroni di un piccolo mondo in cui siamo decidiamo cosa va in onda.

E con la possibilità di fare streaming direttamente dalle console next-gen e, in futuro, anche dalle piattaforme mobile, il numero di "twitchers" è solo destinato ad aumentare.

E voi? Avete aperto un canale? Non ve ne frega niente? Ma soprattutto, vi siete già iscritti al canale di Eurogamer.it, vero?