Ghostbusters: Il Videogioco
Atari, il cinema e uno shooter senza pistole.
"Dan Aykroid è Ray Stantz anche nella vita reale. Parlando con lui di Ghostbusters i suoi occhi incominciano a brillare, e diventa impossibile fermarlo. Racconta aneddoti di qualsiasi tipo a proposito dei personaggi e della storia, ed il suo entusiasmo contagioso ci sta spingendo a creare un gioco ineccepibile. Ma non tanto per fare colpo su di lui, direi che è proprio per non deluderlo a livello personale".
Queste le parole di Brendan Goss, Executive Producer di uno dei progetti più ambiziosi degli ultimi anni in ambito videoludico. Ghostbusters: Il Videogioco è infatti un titolo decisamente delicato, di quelli che o la va o la spacca. Qui non sono in gioco avveniristiche tecnologie provenienti dal futuro o sbalorditive idee di game design, quanto piuttosto qualcosa di persino più rischioso: i ricordi delle persone. In milioni e milioni infatti si sono appassionati nel corso degli anni all'iconico quartetto di acchiappafantasmi newyorkesi, e bastano addirittura poche note per evocare un universo che ci fa sognare sin da quando siamo bambini.
Creare un videogame che non sia all'altezza di quel mondo non vorrebbe allora soltanto dire sprecare una ghiotta occasione, quanto piuttosto offendere schiere di fan col coltello fra i denti sparsi per tutto il globo. Va comunque detto che gli sviluppatori non stanno prendendo la cosa alla leggera: consapevoli del gravoso impegno hanno infatti fra l'altro deciso di coinvolgere anche lo stesso Aykroid nell'avventura, come a voler dare ulteriore consistenza a questo ambizioso tie-in. E da grande appassionato, il buon Dan non si è affatto tirato indietro, scrivendo addirittura la sceneggiatura del videogioco.
Ambientato nel 1991, ovvero a due anni di distanza da quel pasticcio di dipinti stregati e bambini miracolosi visto nel secondo film, Ghostbusters è ovviamente incententrato sul fenomenale cast di personaggi che abbiamo imparato a conoscere ed amare sin dalla tenera età (fedelmente riprodotti nelle fattezze nonché doppiati dagli interpreti originali anche in italiano), anche se il protagonista del gioco vero e proprio è un nuovo membro appositamente assunto per sperimentare un nuovo tipo di attrezzatura.
Ed è importante sottolineare quanto la trama sia parte integrante dell'esperienza ludica di Ghostbusters: le cutscene sono ad esempio ricche e sostanziose, ma quel che più conta divertenti. Già, perché dai dialoghi traspaiono una cura ed un'attenzione tutt'altro che scontate, viva testimonianza della passione e dell'enfasi che Atari sta investendo nel gioco.
Numerose le gag, da gustare tanto nel vivo dell'azione quanto specialmente nelle fasi "di riposo" tra una missione e l'altra, in cui i fantastici quattro si ritroveranno a discurere e confrontarsi con la consueta ironia. Passaggi contraddistinti dallo stile un po' surreale tipico di Bill Murray, che risulteranno a dir poco irresistibili per i fan della saga e renderanno il tutto ancora più godibile e ricco di verve.
Tecnicamente Ghostbusters si rivela come un prodotto assolutamente degno di nota. Forse non così intrinsecamente mozzafiato, va detto, eppure entusiasmante in quanto a carattere e personalità. I personaggi sono immediatamente riconoscibili squisitamente delineati, ed eccezionale è il dettaglio riservato all'attrezzatura, con i proton pack zeppi di lucine lampeggianti e strani fili qua e là. Roba da shooter di classe insomma, più che da mero tie-in.
E in effetti Ghostbusters è, nella sua essenza più profonda, uno shooter. Uno shooter senza pistole però. C'è infatti una certa eco di Gears of War nel sistema di controllo, anche se l'arma principale non è una truzzissima baionetta con motosega annessa ma un "semplice" fucile protonico. Nonostante le munizioni infinite, il pericolo di sovraccarico dell'attrezzatura sarà una minaccia concretamente presente: una volta raggiunto il punto limite dovrete allora premere uno dei dorsali per raffreddare lo zaino, in maniera simile alla ricarica dei colpi in uno sparatutto qualsiasi.