Giochi del decennio: Grow Home insegna a lasciare spazio ai propri figli - articolo
In contatto con la natura.
Con l'arrivo del 2020 abbiamo deciso di celebrare i 30 giochi che hanno lasciato il segno negli ultimi dieci anni. Potete trovare tutti gli articoli pubblicati nell'archivio dei Giochi del decennio, e leggere dell'idea da cui è nato il progetto nel nostro editoriale.
Ho fatto un po' di giardinaggio stamattina. Non volevo, ho rimandato la cosa. Ma poi ho pensato: devo farlo. Ho raccolto tutte le erbacce, ci sono voluti circa due secondi, e dopo il paesaggio si è trasformato.
Ci sono tanti motivi per amare un titolo come Grow Home, ma uno dei principali è che si tratta di un mondo di gioco che ho contribuito a costruire. Il parco giochi verticale di Grow Home, con la spiaggia sabbiosa che si estende verso l'alto a partire da massi galleggianti a meravigliose mini isole, cascate, foreste e montagne: tutto è magnificamente progettato.
È pieno di segreti, pieno di potenzialità per il gioco a tempo indeterminato e rappresenta una distrazione pulita e salutare, che è un grande valore in un videogame. Ma soprattutto ci sono i rampicanti. In Grow Home abbiamo il compito di far sollevare una pianta da terra su verso il cielo, in modo che il piccolo robot che controlliamo possa tornare sulla sue astronave.
Possiamo farlo cavalcando i rampicanti dal centro della pianta, facendoli impennare e ritorcere nel cielo verso le rocce a cui le colleghiamo. Ciò significa che stiamo aggiungendo al paesaggio tante cose quante già ce n'erano. Stiamo dando il nostro tocco. Questi rampicanti, su cui abbiamo una sorta di controllo, permettono di abbellire il mondo e crearne nuove parti.
Grow Home è pieno di questa roba qui. La gente pensa che sia qualcosa come QWOP, un gioco impacciato perché il nostro piccolo robot è controllato dalla fisica e deve arrampicarsi su ogni superficie afferrando e rilasciando tutto con le sue due mani. Ma non c'è nulla di impacciato. È un equilibrio tra fortuiti incidenti e crescente maestria. Dobbiamo imparare ad essere questo robot. Imparare quanto pesa, quanto in alto può saltare, per quanto tempo può cadere ed essere al sicuro quando atterra.
Mentre impariamo tutte queste cose, stiamo apprendendo molto anche sul paesaggio. Impariamo qualcosa sui fiori che possiamo afferrare per farci planare pigramente a terra. Impariamo i punti per il viaggio rapido che possiamo sbloccare. Impariamo a conoscere la vita delle piante e la vita degli animali. Impariamo qualcosa da ogni isola che raggiungiamo esplorandone ogni centimetro, ogni recinto, ogni arco di pietra, ogni aggeggio luminoso che dev'essere strappato da terra come un dente, tutto tramite quel semplice processo di afferrare e rilasciare.
Il risultato finale? Il videogame più elettrizzante che abbia mai giocato da dieci anni a questa parte. Il più ricco e forse anche il più commovente: una visione dall'alto dell'infanzia e dei suoi piaceri instabili, probabilmente dovuti all'ansia fluttuante del genitore. Lassù nel cielo, molto più in alto della spiaggia sabbiosa, delle isole galleggianti, dei rampicanti e degli asteroidi, c'è l'astronave in cui il computer attende il ritorno del suo robot.
Il computer si chiama "MOM" e in questo gioco impariamo a dare ai nostri figli la distanza di cui hanno bisogno per far parte della natura, garantendo al contempo che rimangano al sicuro. Cinque anni dopo la sua uscita, devo ancora giocare a qualcosa di così bello.