Gli MMO hanno dimenticato il loro passato?
Ecco perché non appassionano più come un tempo.
Ogni tanto ci riprovano: anche se svilupparli costa un occhio dalla testa, anche se la probabilità di successo è sempre più bassa, i MMORPG continuano ad inondare il mercato. Rimaniamo lontanissimi dai numeri di dieci anni fa, quando World of Warcraft era ancora un rivale raggiungibile e giravano molti più soldi di oggi, ma tra free to play e coraggiosi esperimenti sotto abbonamento le novità non sono mai troppo poche.
Eppure non c'è nulla in grado di rubare l'attenzione dei giocatori, ogni massive viene lanciato e dimenticato nel giro di pochi mesi. Rimangono qui e lì sparuti gruppi di fan contenti di lootare fino alla morte cerebrale, relegando le orde di giocatori che intasavano i server ben oltre il famigerato "Day1" a un vecchio sbiadito ricordo.
Cos'è successo al mondo dei massive multiplayer online role playing game (ve l'ho scritto per intero per ricordarvi quanto è orribile l'acronimo) e perché non riescono più a innovare? Com'è possibile che addirittura un brand forte come Guerre Stellari sia stato costretto in pochi mesi a cambiare completamente strategia economica? La risposta è proprio dietro l'angolo eppure la si continua a ignorare.
Il mondo dei MMORPG si può dividere in due diverse ere, in cui l'uscita di World of Warcraft rappresenta una sorta di anno zero. Il gioco Blizzard presentava e presenta tutt'ora tantissime novità seminali, peccato che la più importante abbia di fatto cambiato un genere sia nel bene che nel male: ci riferiamo alle tanto amate quest.
Poter immergerci in una storia insieme agli amici, proprio come accade in un titolo privo di mondi persistenti, un titolo normale, ha di fatto inizialmente reso i massive un genere più appetibile e coinvolgente, specialmente per chi non ha mai avuto voglia, tempo e creatività per crearsi i propri traguardi.
"Non c'è nulla in grado di rubare l'attenzione dei giocatori, ogni massive viene lanciato e dimenticato nel giro di pochi mesi"
Il grande successo riscosso dall'introduzione di vere e proprie avventure ha però iniziato lentamente a danneggiare tutti gli altri aspetti vincenti di un MMORPG, fino a relegarli a funzioni secondarie o persino da eliminare completamente. Il risultato di questa politica? Si collezionano quest per riempire la serata e per mettere le mani su un equipaggiamento migliore, snobbando trama, doppiaggio, personaggi e quant'altro.
A dirla tutta non si sprecano nemmeno più cinque minuti per orientarsi, per esplorare la mappa, tanto basta tenere in backgroud la madre di tutte le guide e il gioco è fatto. Un'esperienza pericolosomente simile a quella dei massive che hanno preceduto Wolrd of Warcraft, quando le quest erano semplici colonne di luce e non richiedevano da parte degli sviluppatori tutte le attenzioni che richiedono oggi, a discapito di altre funzioni che una volta riscoperte potrebbero sparigliare completamente le carte.
I massive di oggi non pagano soltanto per colpa della solita struttura mutuata da World of Warcraft, che tra l'altro li fa somigliare sorprendentemente l'uno all'altro, non soltanto perché non si scrollano mai di dosso la cosidetta "Holy Trinity" del genere composta da tank/healer/dps, ma sopratutto perché continuano a ignorare tutto ciò che di buono c'era prima del gioco Blizzard: ovvero la libertà.
La caduta (relativa, visto che continua a sopravvivere nella sua forma free to play) di Star Wars The Old Republic è un esempio perfetto per comprendere con chiarezza dove si è fallito e si continua a fallire oggi. Il massive Bioware ha tantissima trama, ma i suoi mondi sono livelli costruiti per essere di passaggio, e così è per quasi tutti i massive moderni. L'esperienza che si viene a creare è molto simile a quella che si può provare in un luna park, dove attrazione dopo attrazione, anche se divertendosi si giunge presto o tardi irrimediabilmente alla fine.
"Perché gli MMORPG non riescono più a innovare?"
Una simile struttura può essere destinata solo al fallimento: non esiste infatti nessun team di sviluppo in grado di produrre contenuti con lo stesso ritmo con cui vengono consumati dai giocatori. Ecco perché negli ultimi anni e ad ogni massive uscito, dopo solo una manciata di giorni, c'è sempre chi urla in rete di aver "finito" il gioco troppo presto.
Gli MMORPG un tempo non avevano una fine, ma d'altronde, se la trama risuona di fanfare e il level cap è irrimediabilmente raggiunto cosa rimane da fare? Un paio di affari all'asta, tanto oramai a lavorare ci pensano addirittura dei minion appositi, e tutto il PVP che gli sviluppatori sono riusciti a ficcarci dentro (che all'inizio è sempre troppo poco, sempre troppo laggato).
Almeno Guild Wars non ti prende in giro, infatti nemmeno si pubblicizza come MMORPG ma bensì come CORPG (Competitive/Cooperative Online Role Playing Game), un sottogenere nato proprio per togliersi dalle palle tuttò quello che è rimasto dei vecchi massive, per concentrarsi su ciò che negli ultimi anni è emerso come parte più popolare del pacchetto: missioni e PVP. Guild Wars è il paradiso per chi cerca un concentrato di PVP, ma una tomba per chi dal multiplayer più evoluto vuole un altro tipo di divertimento.
Questo scenario delinea finalmente i contorni del problema: ci si rivolge sempre allo stesso pubblico, dimenticando completamente chi dai massive un tempo era conquistato per ben altri motivi, e sbattendo la porta in faccia alle nuove generazioni con le stesse esigenze.
"Guild Wars è il paradiso per chi cerca un concentrato di PVP, ma una tomba per chi vuole un altro tipo di divertimento"
Sia chiaro: le novità introdotte nel tempo devono rimanere, nessuno sta dicendo di tornare improvvisamente al 2003, quando era difficile anche solo capire l'interfaccia grafica di un MMORPG. Ma la modernità deve tornare a fare i conti col passato, perché solo così il genere può tornare a lasciarci nuovamente con la bocca aperta.
Comprare un massive deve tornare ad essere una sorta di passaporto per un nuovo, enorme, pericoloso mondo, ricco di avventure e dove è possibile vivere una vita parallela a tutto tondo, non soltanto come guerrieri senza macchia, non soltanto come personaggi in grado di cambiare il destino dell'universo. La bellezza dei massive di un tempo consisteva anche nell'interpretare un semplice mercante, o un ubriacone che vive di elemosina, aquavite e poesie enunciate in piazza.
Basta viziare i videogiocatori, che vogliono vincere subito solo per lamentarsene subito dopo. I massive devono tornare a darci dei fortissimi calci nel culo, lasciandoci però la completa libertà di affrontare le loro regole in qualunque ordine e modalità.
In Star Wars Old Republic il jedi è una delle classi selezionabili, in Galaxies al contrario potevi dopo tantissime ore di gioco scoprire amaramente di non essere in grado di diventarlo, ma dopo avevi la possibilità di reinventarti architetto, stilista, pastore, mercenario... e non parliamo certo di classi, si fottesse il respec, queste sono carriere che ti inventavi in base alle richieste dei giocatori e del mercato.
"Basta con il 'facciamo un altro personaggio', i massive non sono dei picchiaduro"
Star Wars Galaxies ci dava la possibilità di conquistare e acquistare terre ed utilizzarle per l'estrazione di materie prime, o addirittura per fondare una nuova città scegliendone la planimetria, gli abellimenti, dotandola persino di negozi dove grazie alle industrie presenti vendere merce a prezzi competitivi, in modo da attirare nuovi visitatori col senso degli affari.
Basta con i teletrasporti ovunque, i giocatori si meritano dei viaggi all'altezza delle avventure che andranno ad affrontare, perché non c'è nulla di più divertente che montare una tenda nel bel mezzo di un deserto e pasteggiare con il cibo assemblato dal cuoco del gruppo, al riparo da una tempesta che promette l'inferno, per poi ripartire all'alba verso tutti gli obiettivi che vi sarete posti. I massive di oggi non hanno nulla del gioco di ruolo, se non le abilità dei nostri personaggi, se non i freddi numeri.
Fanno male le taverne dei giochi moderni, sempre vuote, sempre silenziose, utilizzate solo per sloggare al sicuro, mentre un tempo questi luoghi erano ricchi di avventori con cui interagire. In Ultima Online c'è gente che ha tirato su una fortuna suonando nelle taverne, senza nessun obbligo di fare quello che facevano tutti gli altri, perché le possibilità erano talmente tante che l'unico limite era la fantasia. E si passavano notti anche solo recitando una parte, o ad assistere al grande matrimonio tra due potentissimi giocatori, con tanto di ospiti e abiti da gran cerimonia.
Basta con il "facciamo un altro personaggio", i massive non sono dei picchiaduro che dopo aver imparato a memoria le mosse di un combattente se ne prova uno nuovo. Scegliere un personaggio deve tornare a rappresentare un impegno a lunghissima scadenza e per questo è necessario anche avere un editor all'altezza. Basta con questi preset tutti brutti, che ci rendono tutti uguali, io sono io, tu sei tu, e insieme vogliamo dimostrarlo creando alter-ego che rispecchino da molto vicino ciascun giocatore.
Basta con le avventure a tutti i costi, devono tornare mestieri e possibilità, deve tornare il gioco di ruolo. D'altronde anche i nostri personaggi hanno bisogno di tempo libero, di hobby e di passioni. Se ne abbiamo voglia dobbiamo poter addestrare cavalcature per gli altri giocatori, o spendere tutti i nostri guadagni perforando una montagna alla ricerca del miglior metallo del pianeta, o specializzarci in mansioni che tutti gli altri ritengono noiose ma che fruttano soldi e sì, ci piace anche fare.
Dove sono finiti i sontuosi matrimoni di Everquest, le diatribe sulla Forza nella locanda più malfamata di Tatooine, dove sono finiti strumenti musicali e minigiochi, gare e concerti, eventi speciali e la sensazione di essere parte di una storia che ha lo stesso respiro, la stessa andatura, di quella reale?
Unire il passato e il presente, a volte è così difficile da sempre impossibile, specialmente nel mondo dei videogiochi, specialmente nel mondo dei massive dove l'investimento è oramai tale che il fattore rischio deve tendere sempre e comunque allo zero assoluto: la ricetta perfetta del fallimento.