Golden Axe: Beast Rider
Scusate il ritardo. E perdonateli.
Lo scorso anno, molti publisher sembrano essersi improvvisamente invaghiti per le vecchie glorie del passato. Namco ci ha dato Pac-Man Championship Edition e Galaga Legions, entrambi classici nello stile ma innegabilmente attuali nelle dinamiche. Capcom ha ridato linfa ad alcuni gioielli degli anni '80, con Commando, 1942, Bionic Commando e Mega Man tutti riproposti attraverso sequel di ispirazione dichiaratamente retrò. Ed ecco che Sega, dopo la fortunata parentesi di After Burner su PSP, ne combina un'altra delle sue risultando ancora tremendamente senza speranza.
Golden Axe: Beast Rider è un ritorno pigro e deprimente di un franchise storico. Prende il suo nome da un arcade di culto, anche se in realtà tutti i suoi elementi costitutivi sono paurosamente generici e blandi, spudoratamente derivativi e cheap. E senza una ragione realmente apparente risulta una sorta di copia sfigata di Heavenly Sword.
Proprio come nel caso dell'esotica Nariko, la nostra eroina è una prosperosa guerriera dai capelli color fiamma, pronta a scatenarsi combattendo contro orde di feroci nemici con la sua arma fatata. Potrete utilizzare particolari attacchi magici, anche se indirizzarli correttamente sarà un compito tutt'altro che semplice. Potrete lanciare la Golden Axe per colpire switch ed oggetti vari, anche se il suo movimento sarà tutt'altro che fulmineo. Potrete cavalcare diverse creature mostruose, anche se si tratterà di esseri tutt'altro che agevoli da controllare. Risulta infatti difficile trovare un singolo aspetto del gameplay che non sia pesantemente compromesso da qualche significativo difetto nell'esecuzione. Niente è intuitivo, invitante o addirittura divertente.
Le bestie, per esempio, non soltanto sono orrende da controllare, ma sembrano anche apparentemente fatte di cartapesta e plastilina. La loro energia è pateticamente ridotta, e sono in effetti più vulnerabili ai danni della donzella mezza ignuda che li cavalca con fare indomito. Sono pure dotati di attacchi speciali che riducono la loro vita ogni volta che li utilizzerete. Lanciatevi nella battaglia a cavallo delle creature e probabilmente vi ritroverete appiedati nel giro di qualche secondo, con un nemico a caso in sella alla vostra cavalcatura: soltanto in quel momento la belva diverrà pressoché insensibile ai danni. Invece di apparire come meastosi mostri che vi permetteranno di annientare qualsiasi cosa si trovi sul vostro cammino, questi poveri animali un po' fessi si riveleranno come un puro intralcio ogni volta che vi sarà richiesto di impiegarli per procedere nell'avventura. E' forse meglio saltarci sopra, distruggere rapidamente le barriere che cercheranno di rallentarvi e scendere per continuare a piedi.
Il combattimento nudo e crudo non è poi tanto meglio. Al di là delle ovvie possibilità di attacco veloce/potente troverete un orrido sistema di combo e di difesa con cui dovrete giocoforza fare i conti. Gli attacchi di nemici diversi richiederanno differenti risposte, parata o schivata, e a seconda del bagliore blu o arancio dovrete premere il dorsale corretto quando l'attacco starà per essere portato a segno. Il problema è che la risposta agli input è genuinamente imperfetta, ragion per cui sarà magari possibile bloccare un attacco ma subirne obbligatoriamente un altro in arrivo da una diversa direzione. Senza contare il fatto che l'idea è pure completamente illogica: perché mai dovreste poter soltanto bloccare un certo attacco e soltanto schivarne un altro?
Il gioco dichiara di essere basato su un fluido sistema di combo, che permetterebbe di interrompere i pattern di attacco creando catene adeguate alle varie situazioni, anche se la realtà non è proprio così. Spesso e volentieri verrete infatti bersagliati da più direzioni contemporaneante, e per farcela finirete col ricorrere al mero button mashing. I combattimenti mancano completamente di stile, grazia e profondità, ed in generale si avverte la spiacevole sensazione che gran parte delle feature e delle idee siano state scopiazzate -con risultati a dir poco modesti-da titoli molto migliori. Anche soltanto in ottica di puro hack'n slash, questo nuovo Golden Axe è considerevolmente peggiore di tutti i suoi competitor.
I nemici sono decisamente poco ispirati, ed hanno la sfortuna di popolare alcuni dei livelli più tristi e desolanti di sempre. Lineari in maniera peccaminosa, così ripetitivi che vi potrebbe addirittura capitare di confondervi e ritornare all'inizio dello stage pensando di essere diretti verso la fine. Le animazioni di Tyris sono a dir poco terribili, con grottesche movenze legnose da marionetta ingessata. Avete presente nei Muppet, quando le gambe di Kermit venivano mosse tramite dei bastoncini per dare l'idea della corsa? Ecco, Tyris corre più o meno così.
Per tutti questi motivi, Beast Rider è da considerarsi un'esperienza semplicemente esecrabile, fra l'altro nemmeno identificabile come parte della serie di Golden Axe se non fosse per il titolo. Si parla infatti di un gioco soltanto single player, senza modalità cooperativa online o offline, un vero e proprio affronto a quello che è lo spirito del franchise. Non sarà nemmeno possibile selezionare il personaggio, visto che la guerriera tettona sarà l'unica scelta disponibile (forse per squallidi motivi di marketing verrebbe da credere...).
Sarebbe stato decisamente più intelligente seguire l'esempio di Namco e di Capcom, riportando in auge la serie con un sequel in salsa retro, magari in digital delivery. Castle Crashers ha del resto appena dimostrato che esiste mercato per gli hack'n slash 2d, soprattutto se realizzati con passione e cura. E invece ci ritroviamo con questo orrendo esempio di game design senza carisma e senza senso: Sega avrebbe decisamente fatto meglio a rilasciare questa porcheria sotto il titolo di "Le goduriose avventure dell'amazzone pettoruta", lasciando almeno un briciolo di dignità alla storia di Golden Axe. Che poi è anche la sua stessa storia, ma vabbè.