Google e Pokémon: e se si andasse oltre il pesce d'aprile? - editoriale
Uno scherzo che aumenta i rimpianti per qualcosa che, forse, non vedremo mai.
Primo di aprile, un giorno che era divertente prima dell'avvento di internet: a scuola si attaccava un pesce di carta sulla schiena di ignari compagni, si faceva qualche altro scherzo e poi tutto finiva lì. Alcune rare riviste programmavano degli articoli contenenti notizie finte (chi è molto vecchio e ha una buona memoria, magari ricorderà Zak McKraken 2. Non mi vergogno a confessare che io, decisamente molto giovane, ci ero caduto alla grande!).
Poi è arrivato internet e nel giro di un paio di anni ogni sito, dai quotidiani online fino al più piccolo dei blog, si sono sentiti in dovere di "stupire" con le notizie finte. C'è chi trova ancora divertenti queste cose e chi no, ma sono ormai parte della tradizione.
In questo marasma di scherzi mediocri c'è però sempre chi si distingue e riesce a creare qualcosa di davvero riuscito: Blizzard ogni anno tira fuori qualcosa di diverso e inaspettato, ma sempre bellissimo. Nulla, però, in confronto con quanto fatto da Google quest'anno. Per introdurlo, come spesso fanno, è stato realizzato uno splendido video.
In cosa consiste il tutto? Se avevate Google Maps installato su un dispositivo Android o iOS, potevate usarlo per trovare centocinquanta Pokémon sparsi in giro per il mondo. Pikachu e amici sono, infatti, stati posizionati in vari punti del pianeta e stava a noi cercarli e catturarli.
"Il simpatico pesce d'aprile ha mostrato l'assurdità della completa chiusura di Nintendo verso gli smartphone"
Bastava poco per capire che non era necessario passare le ore a spulciare la mappa: i Pokémon erano tutti nelle grandi città del mondo, le capitali o comunque metropoli molto famose.
Sotto la Torre Eiffel, nel mezzo di Central Park, ai lati del Golden Gate a San Francisco, nel centro delle rovine di Pompei: questi sono solo alcuni dei posti in cui si trovavano i vari mostriciattoli. Un gioco carino ma ovviamente fine a se stesso, destinato a sparire nel giro di ventiquattro ore, col passaggio della data al due di aprile.
Incidentalmente, però, questo simpatico pesce d'aprile di Google ha avuto un altro effetto: mostrare l'assurdità della posizione di completa chiusura che Nintendo ha verso gli smartphone. Da anni c'è chi cerca di spingere la compagnia giapponese a spostare la sua attenzione anche, se non principalmente, sul mondo mobile.
Da un punto di vista prettamente economico, entrambe le posizioni hanno senso: da un lato far uscire un nuovo Mario su iPhone o Android garantirebbe enormi ricavi; dall'altro, però, significherebbe anche indebolire le console Nintendo, che perderebbero così l'esclusività per questi nomi famosissimi che da sempre hanno.
Il problema è, come spesso succede, l'incapacità di vedere nel mezzo. Nintendo fa bene a non chiudere la divisione hardware e a continuare a produrre console portatili, i dati di vendita del 3DS parlano chiaro a riguardo, ma fa male a incaponirsi a voler sfruttare il suo bacino infinito di IP solo sulle sue macchine.
"Google ha realizzato qualcosa di veloce e semplice, ma qualcuno con tempo, soldi e visione, potrebbe creare il gioco dei Pokémon definitivo"
Con un minimo di apertura mentale in più, Iwata e soci potrebbero capire che c'è un mondo di possibilità estremamente interessanti sia dal punto di vista del videogiocatore che del creatore (e del suo conto in banca...). Google ha realizzato qualcosa di veloce e semplice, ma qualcuno con tempo, soldi e visione, potrebbe creare il gioco dei Pokémon definitivo.
Pensate a una pesante integrazione mappe-GPS nel gioco: si parte con una app che vede dove siete e vi spinge a muovervi nascondendo dei Pokémon nelle vie, o nei punti di interesse, vicino a voi.
Aggiungeteci una geolocalizzazione delle creature, per cui se in Italia si trovano facilmente Charmander e Machop, questi non saranno disponibili nel Nord America e in Asia, se non in determinate occasioni (tipo degli eventi speciali a tempo).
Ma per aiutare i giovani collezionisti del mondo, ecco un mercato dove la gente può scambiare o comprare e vendere i propri Pokémon (con una percentuale della transazione che va a Nintendo, ovviamente).
Così si creerebbe una ricca comunità online, che si potrebbe ulteriormente rafforzare inserendo la possibilità di battaglie multiplayer con classifiche, tornei e cose del genere. Ma questo è davvero solo la punta dell'iceberg, perché le possibilità sarebbero infinite.
"Alcune posizioni arroccate di Nintendo sembrano sempre più inspiegabili e insostenibili"
Per esempio, si potrebbe unire alla app un sistema pubblicitario simile a quello di Foursquare, per cui il negozio X offre a tutti quelli che arrivano in zona il rarissimo Pokémon Mewtwo. Promozione che ovviamente il negozio X dovrebbe pagare a Nintendo per poterla fare.
Tutto questo non andrebbe a minare la forza dei giochi su 3DS dei Pokémon, perché qui non avremmo un RPG con una storia e una grafica ben precisa, ma una cosa nuova e diversa. Allo stesso tempo, però, renderebbe ancora più famosi Pikachu e compagni, con ovvi ritorni positivi sia di immagine che di incassi.
Eppure Nintendo continua ad arroccarsi nella sua posizione iperconservatrice, decisa a non cambiare la sua politica nemmeno di una virgola.
O, forse, sarebbe il caso di dire "incapace di cambiare la sua politica" perché alcune posizioni arroccate sembrano sempre più inspiegabili e insostenibili, anche alla luce del grosso insuccesso commerciale che il Wii U è stato e, come ormai pare inevitabile, sarà.
Vedremo se all'E3 qualcosa cambierà. O se davvero Iwata e la sua direzione verranno messi in discussione durante la riunione con gli azionisti che si tiene tradizionalmente in giugno.
Due appuntamenti importanti in cui si deciderà il futuro della strategia di Nintendo, e forse di Nintendo stessa.