Gradius V, un retro-gioco su una retro-console - recensione
Konami ripropone una perla del suo illustre passato.
Il Fato raramente perde occasione di darci prova del suo discutibile senso dell'umorismo. Proprio quando Konami sembra sul punto d'implodere, abbandonando la borsa di New York, cancellando titoli promettenti e mettendo in scena una patetica soap-opera con la collaborazione del suo game designer più illustre, in sordina viene ripubblicata una vecchia gloria del publisher nipponico, attraverso una mossa commerciale che, ad oggi, assume le sembianze di grottesco, e malaugurante, epitaffio.
Non manca infatti nemmeno una sottile e malcelata spolverata d'ironia: non sarà lo store digitale di PlayStation 4 a permetterne il download, quanto il PSN dell'ormai datata, pensionata e abbandonata PlayStation 3. Vecchiume chiama vecchiume, verrebbe da dire.
Gradius V, del resto, non mente sulla sua età anagrafica e biologica, riportandoci alla mente tempi ormai spazzati via dalla comodità di console domestiche perennemente connesse alla rete e smartphone che, lentamente ma inesorabilmente, sembrano ormai sul punto di risucchiare il gaming portatile.
La Vic Viper, avveniristica navetta spaziale a cui il genere umano si affida ogniqualvolta ci sia da rispedire nello spazio profondo i rissosi Bacterian, è indubbiamente un animale da sala giochi e non ne fa mistero nemmeno in questo quinto capitolo. Ritmi e durata dell'avventura che la vede protagonista sono chiaramente di matrice arcade ed è inutile cercare eccessi strategici o longevità da capogiro in un titolo progettato per essere fruito da un pubblico specifico e legato a un ben definito contesto ludico (e culturale).
Non che ai tempi della sua release originaria (2004, sulla vecchia PlayStation 2) la produzione non risultasse già vagamente anacronistica ma i successi di giochi come Bangai-O, Ikaruga e Sin & Punishment infuocavano ancora gli animi degli appassionati di shoot'em up bidimensionali e i fan di Trasure, espertissima del genere e responsabile anche di Gradius V.
Muoversi in due sole direzioni e sparare a sciami di navicelle spaziali è sicuramente straniante nel 2015 ma il fascino di questo genere d'esperienze è atemporale e s'inserisce alla perfezione nel contesto videoludico odierno, in cui la parola d'ordine sembra essere "difficoltà a tutti i costi". Non ci sarà il cinismo di Bloodborne e Titan Souls, ma bisogna comunque fare il callo a un gameplay che pretende dedizione e uno studio, quasi mnemonico, delle sequenze d'attacco dei nemici e boss che dovrete affrontare lungo il percorso.
Spingersi poco alla volta in territorio nemico, sempre più vicini allo sgominare completamente la minaccia aliena, è uno di quei piaceri prettamente retrò che fa il paio con un tipo di fruizione inedito ai giorni nostri: non giocherete a Gradius V per un pomeriggio intero, vi accontenterete di intese e cadenzate sessioni che termineranno dopo ogni (irreversibile) game over.
Brutalmente catapultati in prima linea, non inorridirete per una curva d'apprendimento pressoché inesistente, non sbraiterete di fronte a nemici ritenuti inizialmente imbattibili, né vi rammaricherete per l'assenza di un tutorial che vi introduca alle (pur semplici) meccaniche del gioco. Partita dopo partita, gioirete nello scoprivi sempre più abili, esperti e veloci nell'evitare agevolmente trappole e piogge di proiettili che in precedenza vi erano costati almeno un paio di vite.
A impreziosire il tutto, a rendere speciale e peculiare questa declinazione degli sparatutto bidimensionale secondo Treasure, ci pensa l'intrigante sistema di power-up che gioca con l'inestinguibile tentazione dell'utente all'azzardo, promettendo enormi vantaggi a patto di conservare gli stemmi raccolti dalle navicelle distrutte.
Consumarli immediatamente significa incrementare velocità e manovrabilità del Vic Viper, rendendo più facile il districarsi tra i raggi laser e quindi sopravvivere, ma niente a che vedere con i benefici offerti dai pod supplementari, generosi di raggi laser di supporto, o dallo scudo, attivabili sacrificando un numero maggiore di orb raccolti.
Prima di ogni partita, tra l'altro, si deve selezionare una tra le quattro diverse modalità di fuoco secondarie ottenibili tramite power-up. Relativamente al proprio stile di combattimento si potrà preferire di equipaggiarsi di bombe aria-terra, piuttosto che di ordigni lanciati da entrambe le estremità della nave. Le possibilità strategiche in fin dei conti, non sono moltissime, ma influenzano comunque l'approccio in battaglia.
Il tutto è naturalmente supportato da un level design soddisfacente. Sebbene virtuosismi particolarmente degni di nota restino per lo più sconosciuti alla produzione, qualsiasi amante del genere avrà pane per i suoi denti, soprattutto al cospetto dei (tantissimi) boss che per essere abbattuti andranno colpiti nel cuore di energia sempre ben visibile, ma raggiungibile dai propri laser solo dopo averne abbattuto le difese e atteso il momento giusto.
Più che per le lunghe traversate in basi che si assomigliano un po' troppo, la classe dei ragazzi di Treasure si palesa proprio nelle logoranti ed estenuanti boss battle: tanto divertenti, quanto impegnative.
È lecito chiedersi perché Konami abbia deciso proprio adesso di traghettare su PlayStation 3 questa perla di retrogaming senza ritoccarla né esteticamente, dove il tempo ha in (piccola) parte deturpato lo splendido lavoro degli artisti di Treasure, né contenutisticamente. Il buon frame-rate, comunque non perfetto, controbilancia la pessima risoluzione delle immagini su schermo, il ritmo di gioco rimedia in parte alla totale mancanza di nuovi livelli.
Così com'è, tuttavia, Gradius V resta uno sparatutto invitate solo per gli irriducibili del genere o per gli amanti dell'archeologia videoludica che, quasi di sicuro, non avranno ancora spedito in cantina le loro amate PlayStation 3 per far spazio a qualcosa di più "next-gen".