Gran Turismo 6: paura e delirio in pista - reportage
Eurogamer vi racconta un evento da tramandare ai posteri.
"Gran Turismo is not a real driving simulator". Il che, detto a Kazunori Yamauchi, ha sempre il suo perché. Ma dopo essere sceso in pista su una Audi R8 V10 guidata da Laurens Vanthoor, pilota dal campionato mondiale GT1, ho capito che una vera simulazione dev'essere qualcosa capace di farti rivedere il film della tua vita mentre entri in curva a velocità di curvatura, schiacciato da forze gravitazionali che neanche credevi esistessero, mentre le gomme gridano di dolore aggrappate disperatamente a ogni millimetro di pista.
Bisognerebbe allora provare i simulatori che usano le case di Formula 1, come mi ha raccontato Vitantonio Liuzzi, padrino della GT Academy italiana, pilota di Formula 1 con Red Bull, Toro Rosso e Force India e presente all'evento di lancio di Gran Turismo 6. "Sono macchinari da milioni di dollari che non solo simulano alla perfezione le reazioni alle più piccole regolazioni ma che ti sottopongono alle medesime accelerazioni di una Formula 1. Sul casco ad esempio hai attaccato un braccio meccanico che ti piega la testa per ricreare le forze laterali. Il risultato è che sembra d'essere davvero in pista". "Ok, ma com'è una Formula 1 rispetto all'Audi R8 sulla quale sono appena stato?". "Dieci volte peggio: sulla F1 sei a bordo di macchine che pesano meno e che hanno due, tre volte i cavalli. Non c'è niente di paragonabile".
Insomma, ce lo dice anche un pilota di Formula 1: nessun videogioco è in grado di simulare realmente l'esperienza di essere in pista. Ma questo lo sa anche Yamauchi-san, che infatti ha sorriso e annuito quando gli ho spiegato la battuta di cui sopra. E però, nonostante i limiti del caso, Gran Turismo è pur sempre il gioco sul quale vengono selezionati i piloti della GT Academy. Che poi, saranno davvero bravi una volta lasciato il pad e impugnato il volante? "Non ho ancora visto nessun fenomeno", ha risposto il Liuzzi, "però un paio di quelli che hanno vinto sono molto veloci. Sabato scorso ero a correre la sei ore del Bahrain e mentre io sono uscito al primo giro per un guasto tecnico, lui è arrivato terzo", indicando col dito Wolfgang Reip, il vincitore della scorsa GT Academy, presente anch'egli all'evento di lancio di Gran Turismo 6.
Ma mi sto perdendo per strada, lo so: lo scopo di questo articolo è di farvi vivere (virtualmente, s'intende) uno dei press tour meglio riusciti negli ultimi anni. Una presentazione come quelle dei tempi che furono, quando nel mondo dei videogiochi giravano molti più soldi e i viaggi diventavano eventi da tramandare ai posteri. Molti dei miei colleghi più giovani mi dicono d'invidiare le mie esperienze del passato, dimenticando però che nella migliore delle ipotesi hanno 15 anni meno di me. E io farei volentieri a cambio con la loro carta d'identità.
"Sony ha lanciato Gran Turismo 6 con un evento da tramandare ai posteri"
Ma dicevamo: Sony ha presentato Gran Turismo 6 in pompa magna in Spagna. La località era Ronda, una splendida città andalusa di trentaseimila anime affacciate su un canyon profondo più di cento metri, attraversato da un ponte costruito nel XVIII secolo che non ammette le vertigini. Da un lato c'era la sede della presentazione, in un bellissimo palazzo d'epoca nel cui cortile ad attenderci abbiamo trovato una Mercedes SLS e una Nissan GTR in versione da corsa, giusto per far capire che aria tirava.
Dall'altro lato del ponte c'era invece una suggestiva camminata lungo il canyon, che è stata ribattezzata "paseo Kazunori Yamauchi" durante una cerimonia pubblica alla presenza del sindaco. Se vi chiedete il perché, è presto detto: a pochi chilometri c'è il circuito Ascari, che troverete fedelmente riprodotto nel gioco, e pare che l'indotto generato dal gioco per la città di Ronda sia stato tale da giustificare anche la presenza dell'assessore al turismo. Potere dei videogiochi...
Ma il vero colpo di scena è stato quando, finita la presentazione, siamo usciti dal palazzo trovando il ponte bloccato al traffico: da una parte c'era una folla di curiosi accorsi all'evento (non credo che ne capitino spesso di simili da quelle parti), dall'altra c'era posteggiato un parco macchine da fare impallidire il garage di un oligarca russo. Quello che non potevo immaginare è che alcune di quelle le avrei guidate il giorno dopo.
"Sul ponte di Ronda era posteggiato un parco macchine da fare impallidire il garage di un oligarca russo"
Sveglia dunque la mattina presto, colazione veloce, giaccone d'ordinanza e via sull'autobus per arrivare di buon'ora al circuito Ascari, il sogno divenuto realtà di un facoltoso imprenditore olandese che ha deciso di costruire nel cuore dell'Andalusia uno dei circuiti più belli in circolazione. Perché? Perché ha chiesto al suo progettista di riproporre la curve più belle del mondo delle corse. Certo, la conformazione del terreno ci mette del suo, quindi non c'è l'Eau Rouge di Spa-Francorchamps o il Corkscrew di Laguna Seca, ma il risultato è comunque eccellente.
Una volta scesi dall'autobus e dopo un breve discorso introduttivo alle attività della giornata, ecco materializzarsi la prima goccia di sudore freddo sulla mia fronte quando mi viene fatta firmare una liberatoria, in cui sottoscrivo che saranno solo problemi miei qualora dovessi morire in pista. Realizzando che è la prima volta che mi capita di firmare una cosa del genere in un press tour, appongo titubante la mia firma e mi reco a bordo pista.
Ad attendermi trovo il succitato Laurens Vanthoor, che seduto nella sua Audi R8 V10 mi fissa coi occhi di ghiaccio e mi chiede solo una cosa: "sei pronto?". Rispondo di sì per un riflesso condizionato ma la verità è che no, non ero pronto. Il tempo di accendere il motore e la macchina esce dalla corsia dei box con un'accelerazione da lifting facciale, mentre il cambio al volante non mi concede neanche un secondo di tregua tra una marcia e l'altra.
In pochi istanti la mia testa s'attacca al poggiatesta e i miei liquidi corporei si raccolgono misteriosamente in prossimità dello schienale, mentre le ghiandole surrenali pompano adrenalina come mai in vita loro. I miei occhi al contrario escono dalle orbite come in un cartone animato non appena l'R8 si lancia verso uno scollinamento dietro il quale potrebbe anche esserci la fine del mondo. Sono già terrorizzato e avrò percorso sì e no 100 metri, e quello che ancora non so è che il circuito di Ascari, coi suoi 5425 metri, è il più lungo di Spagna...
Il resto sono due giri di eccitazione e terrore al tempo stesso, con l'emisfero destro del cervello che ne voleva ancora e quello sinistro che invece mi diceva di scendere subito, anche con un seggiolino alla James Bond per eiettarsi dal tettuccio. Rientrando nella corsia dei box, Laurens mi guarda e mi chiede se m'è piaciuto: rispondo che sebbene le parole siano il mio mestiere, non ne trovo per descrivere quello che ho provato. Né credo, a tre giorni di distanza, di riuscirci in questo articolo.
Quando scendo dall'R8 mi dico di aver vissuto l'esperienza più estrema della mia vita ma noto un collega bianco in volto come se avesse visto la morte in faccia. Mi dice che sta per vomitare e m'indica un trabiccolo al quale non avrei dato due lire: l'X-Bow della KTM. Lo guardo con attenzione e mi domando come possa essere peggio di quello che ho appena passato: la "mia" Audi aveva 525 cavalli, questa specie di go-kart ne ha solo 360! Poi però m'avvicino a un tecnico lì vicino e lo sento dire che è la macchina più veloce del circuito, seconda solo alla Mercedes SLS AMG GT3, dalla quale prende due secondi a giro. Devo subito provarla!
Tempo 10 minuti e sono seduto al posto del passeggero: quando m'allacciano una cintura di sicurezza a quattro punti, comincio a intuire che ho fatto il passo più lungo della gamba. Il tempo di partire e capisco subito perché da questa macchina si scenda bianchi in volto: vuoi il peso, vuoi l'aerodinamica, vuoi le gomme slick, l'X-Bow della KTM non è un go-kart pompato ma una Formula 1 in miniatura. Il pilota per giunta è un pazzo scatenato: entra in curva a velocità smodata, alle volte con staccate feroci, altre senza neppure frenare. La macchina, come per magia, lo asseconda senza mai proiettarci nella stratosfera. Il risultato è una lavatrice che ricolloca in pochi minuti i miei organi interni: il cuore mi va in gola, lo stomaco si gira sottosopra, i miei polmoni finiscono da qualche parte in cui non riescono a respirare.
Se sulla R8 ero spaventato ma consapevole che avrei potuto farcela, l'X-Bow mi infonde un senso di fatalistica rassegnazione. E mentre s'infila con ferocia tra il punto di corda di una curva e l'Audi di Vanthoor con un altro giornalista a bordo, mi trovo a pensare che vorrei vedere mia figlia un'ultima volta prima di morire. Le 26 curve del circuito Ascari, 13 a destra e 13 a sinistra, disegnano tra le colline dell'Andalusia una simmetria di terrore che però, dopo il primo giro, lascia lo spazio all'euforia paradossa.
Per un oscuro contrappasso mentale mi trovo a pensare che se proprio devo morire, che almeno accada mentre vado al massimo. Che se devo incendiarmi sulla pista come una cometa lanciata a velocità siderale, che almeno la mia scia illumini anche gli angoli più bui di questo pianeta. E allora eccomi col collo proteso in avanti e gli occhi socchiusi: dai, vai ancora più veloce; dai, quella curva prendila ancora più forte! E la macchina mi regala tutto quello che le chiedo, inondandomi il casco con un vento da duecento orari mentre le gomme, lì a portata di mano, mi trasmettono ogni singola perdita di aderenza. È come essere in moto con Valentino Rossi, su un mezzo che però curva ancora più veloce di una MotoGP. Alla fine non è successo nulla, diversamente non leggereste questo articolo, però queste sono le emozioni che ho provato in cinque minuti di delirio e che spero di essere riuscito a trasmettervi.
C'era ancora un ostacolo che si frapponeva al mio rientro in albergo: le sessione di guida del pomeriggio, in cui io sarei stato al volante. Il fatto è che nella vita ho una Mini Cooper da 118 cavalli, mentre la prima macchina sulla quale sono salito è stata una M5 da 560 cavalli. Inutile dire che il primo giro l'ho percorso all'insegna della prudenza, vuoi perché dovevo prendere le misure del tracciato (da pilota non è la stessa cosa che da passeggero), vuoi perché stavo pur sempre guidando una macchina da oltre 100.000 euro.
Di conseguenza il mio primo passaggio sul rettilineo è stato a 120 orari. Già meglio il secondo giro a 140 orari, ma non c'è stato feeling con la macchina. Certo, quando si pesta sull'acceleratore in rettilineo la cavalleria si sente, ma parliamo pur sempre di un bestione di quasi due tonnellate che nelle chicane ha la stessa leggiadria di un monolocale su ruote.
Ecco perché una volta tornato ai box sono salito su una più scattante Golf GTI, che coi suoi 1350 chili ripartiti tra 200 cavalli mi ha dato le stesse sensazioni della macchina che guido tutti i giorni. Vuoi dunque che ero più a mio agio, vuoi che ero già al terzo giro, stavolta ho staccato alla fine del rettilineo a 170 orari. Al che è successa una cosa che non mi sarei aspettato: l'istruttore mi ha incitato ad andare ancora più forte, e non sia mai che un simile desiderio non fosse esaudito!
- La Mercedes SLS AMG GT3 a tutta velocità davanti al muretto
- La bella (e anche la bestia) mentre torna ai box
Eccomi dunque arrivare in fondo al famoso rettilineo stavolta a 190 orari, con una staccata poderosa che fa leggermente scomporre la macchina. La chicane successiva la prendo così bene che mi faccio venire da solo la nausea: sorrido compiaciuto. All'uscita mi trovo davanti la macchina di un altro giornalista, che procede sulla parabolica più lentamente di me: guardo velocemente l'istruttore che mi fa cenno di sì con la testa, schiaccio a tavoletta e lo sorpasso nell'interno con le gomme che mi fanno capire che sono al limite. Rientro quindi ai box col morale a mille per poi scoprire che quello era il mio ultimo giro (avevo già adocchiato una Nissan 370Z Nismo). Ma a ben guardare è stato meglio così: ancora un po' che ci prendevo la mano e mi sarebbero venuti a scrostare da un albero.
Insomma, Yamauchi se ne faccia una ragione: Gran Turismo non è "the real driving simulator", né potrà mai esserlo. Ma costa molto meno dei simulatori milionari che usa il buon Liuzzi, non si rischia la vita a ogni curva e per provare l'ebbrezza di una SLS AMG GT3 basta accendere la PlayStation. E va bene anche così.