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Grand Theft Auto Trilogy Definitive Edition Recensione: Un ritorno deludente...

...e un'occasione mancata.

Spesso esistono dei limiti da non oltrepassare. In un panorama videoludico in costante cambiamento, ci interfacciamo con le remastered dei titoli più disparati in circolazione, che quel limite lo superano senza che se ne rendano conto, tradendo il materiale originale.

Grand Theft Auto: The Trilogy Definitive Edition rientra in questa categoria. È un'operazione nostalgica che non alimenta la fiamma dei ricordi ma che purtroppo la spegne, mettendoci in una situazione scomoda: quella di giudicare tre capolavori sommersi da problemi tecnici e di censura.

Un esempio è la bandiera confederata tolta per non offendere un pubblico più sensibile che appare in una t-shirt indossata da Phil Cassidy, uno dei tanti venditori d'armi presenti nella "Città del vizio".

La critica sociale, che ha sempre sorretto le basi delle fondamenta del team, è un marchio identificativo che abbiamo trovato in Red Dead Redemption II, un videogioco che non ha tradito la sua filosofia come accade invece ora.

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Nel corso degli ultimi mesi, Rockstar ha pensato di proporre Grand Theft Auto III, Vice City e San Andreas in unico pacchetto, affidandosi ai Grove Street Games, uno studio di sviluppo che si occupa di porting per mobile come Bully: Anniversary Edition, uscito nel 2016 sui sistemi ioS e Android. L'edizione, annunciata lo scorso mese di ottobre, ha sin da subito alimentato un hype sconfinato degli appassionati che giocarono questi tre grandi classici su PlayStation 2.

Mentre ci fregavamo le mani già pronti a rivestire i panni di Claude, di Thomas e di CJ, i nostri ricordi fanciulleschi prendevano il sopravvento sulla ragione, facendoci tornare alla mente quei pomeriggi in cui ci divertivamo a sparare e a guadagnare quattrini senza preoccuparci delle conseguenze.

Rivestendo i panni di Claude in Grand Theft Auto III, ci siamo ritrovati nella cornice di una Liberty City sempre attuale, sebbene sia passato tanto tempo. Tornare nella città che diede origine alla serie è stato un piacevole tuffo nei ricordi per le prime due ore, dove abbiamo svolto delle missioni in giro per una città in cui ha spiccato un'intelligenza artificiale non più al passo coi tempi che ci ha costretti a ricominciare daccapo alcuni incarichi.

Esplorando infatti la città in solitaria, ci è capitato sovente di incrociare una macchina della polizia che a tutta velocità prendeva in pieno un'altra macchina, che fuggiva via investendo chiunque attraversasse le strisce pedonali mentre le altre vetture ci colpivano per sbaglio, costringendoci a tornare da un meccanico per riparare la carrozzeria del nostro veicolo.

L'inizio della storia di Tommy Vercetti è uno dei punti più alti di Rockstar.

Al netto di questa criticità, le espressioni facciali dei personaggi sono sufficienti, un complimento che non possiamo estendere né per Vice City e neppure a San Andreas, in cui il team sembra essersi limitato a miglioramenti grafici poco ispirati.

Il Digital Foundry s'è espresso definendo l'operazione "un disastro tecnico", e come dargli torto? Stiamo parlando di titoli provenienti dall'epoca PlayStation 2, che sulle piattaforme attuali dovrebbero girare senza intoppi. Parlando di Vice City, invece, il lavoro sull'illuminazione è modesto. L'ambientazione rimane comunque affascinante: siamo nei ruggenti anni '80, in una città del vizio ispirata a Las Vegas e Los Angeles, in un'epoca di grandi cambiamenti e lotte sociali.

In questo caso impersoniamo Thomas "Tommy" Vercetti, nato a Liberty City ma trapiantato nella città del peccato perché deve dei soldi a Sonny Forelli, un losco uomo d'onore di Liberty City.

Tralasciando una valanga di ricordi impossibili da metabolizzare, anche Vice City è pieno zeppo di bug, con l'aggravante di crash improvvisi che ci hanno costretto a riavviare il gioco un numero sconfinato di volte.

In giro per le strade di Liberty City a bordo di una macchina appena rubata ai Diablo.

Nonostante l'illuminazione sia migliore del terzo episodio del franchise, nel complesso siamo di fronte a un lavoro poco stimolante, afflitto da un macchinoso sistema di shooting che avrebbe meritato più cura.

Un altro difetto è l'assenza dei checkpoint all'interno delle missioni più longeve e il team avrebbe dovuto ammodernare una struttura ludica vecchia di quindici anni per renderla coinvolgente anche per i neofiti.

Le espressioni facciali di Tommy sono ben definite, al contrario dei comprimari e di CJ, protagonista di San Andreas, la riedizione meglio realizzata delle precedenti, sebbene la sensazione è che i Grove Street Games si siano limitati a svolgere il compitino, un vero peccato visto che stiamo parlando del GTA più memorabile.

Superati gli anni '80 siamo giunti a Los Santos, una caricatura della California e del Nevada che ancora oggi rimane un luogo affascinante e impossibile da dimenticare, su cui abbiamo speso un'infinità di ore di gioco.

Rimpiangiamo i tempi che furono...

Al contrario delle prime due riedizioni, quest'ultima è quella meglio riuscita, sebbene sia anch'essa afflitta da un numero elevato di bug e crash. I modelli poligonali, che nella versione originale sono meglio definiti. Mentre ci (r)immergevamo nei ghetti di Los Santos, non siamo riusciti a trattenere la commozione finché non ci siamo trovati di fronte a un'illuminazione poco coinvolgente, che ci ha fatto tornare coi piedi per terra.

Un esempio è la scena iconica con CJ che ritorna nei bassifondi dov'è cresciuto. La resa grafica, oltre che a essere fastidiosa per i colori scuri, è di bassa qualità. Pur cavandosela meglio, San Andreas è al pari dei predecessori, di certo non una buona notizia per chiunque abbia lasciato il cuore a Los Santos.

Inutile dirlo, credevamo che questa riedizione fosse in grado di riportarci nel passato per farci sentire le stesse sensazioni che provammo vent'anni fa, invece ci siamo trovati di fronte a un prodotto maldestro e irrispettoso del materiale originale.

L'illuminazione, che doveva essere il piatto forte dell'esperienza anche in Grand Theft Auto III, è in realtà il suo punto più debole.

Complici le gravi problematiche tecniche, non riusciamo a mandare giù le censure di alcuni brani musicali, un'altra macchia su questa riedizione priva di mordente. Quanto meno i tre titoli raggiungono i sessanta fotogrammi al secondo su Series X/S, una buona notizia per i più esigenti.

In definitiva non nascondiamo la nostra delusione e non ci saremmo mai aspettati di dare un voto del genere a un qualsiasi Grand Theft Auto. Considerando il prezzo di 59,99 euro, decisamente alto date le circostanze, forse varrebbe la pena recuperare gli originali rilasciati gratuitamente da Rockstar (ma solo per PC) per scusarsi con gli appassionati che hanno acquistato la Trilogy. Un paradosso vero e proprio.

5 / 10