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Gwent: The Witcher Card Game - prova

Minigioco a chi?

La storia di CD Projekt è una di quelle che fanno bene all'intera industria videoludica, una fonte d'ispirazione per tutti coloro che si vogliano tuffare in un mercato così competitivo partendo sostanzialmente dal nulla. Il team polacco è la dimostrazione di come l'umiltà, il duro lavoro e le idee vengano ripagate anche all'interno di un settore in cui puntare alla produzione di giochi AAA sembra impossibile, soprattutto se si fa parte di un mercato secondario (la Polonia) che solo negli ultimi anni ha iniziato a sfornare talenti di un certo rilievo.

Forse non tutti sapranno che la compagnia fondata nel 1994 da Marcin Iwiński e Michał Kiciński non nacque come una vera e propria software house, ma che nei primi anni si pose l'obiettivo prima d'importare videogiochi dai retailer americani e successivamente di occuparsi anche della loro localizzazione. Poi arrivò l'idea di tuffarsi anche nello sviluppo ed ecco nascere la divisione CD Projekt RED e The Witcher, un primo progetto che, nonostante le valutazioni positive della critica, rischiò di mandare in bancarotta la compagnia a causa di costi di sviluppo particolarmente importanti.

Il menù proposto da CD Projekt RED è intuitivo e semplice da utilizzare.

Questo gioco ispirato ai lavori dello scrittore polacco, Andrzej Sapkowski, si rivelò un azzardo ma allo stesso tempo una scommessa vinta che permise a CD Projekt di lanciare GOG.com (piattaforma "à la Steam" senza DRM), ma soprattutto di continuare a proporre le avventure dello strigo Geralt, creando l'ottimo The Witcher 2: Assassins of Kings e quello che viene considerato un vero e proprio capolavoro dell'attuale generazione, The Witcher 3: Wild Hunt.

Con il successo arriva la possibilità di espandersi e d'iniziare a lavorare parallelamente su più titoli e così, mentre una parte del team si concentra su Cyberpunk 2077, un gruppo di sviluppatori è al lavoro su Gwent: The Witcher Card Game, uno spin-off che ha il non facile compito di trovare spazio all'interno di un genere saldamente in mano a Blizzard e al suo Herthstone.

Trasformare un minigioco, seppur piuttosto profondo, in una produzione standalone non è di certo un'impresa da poco e la closed beta (che include la modalità multiplayer e dei match di allenamento contro l'IA) recentemente lanciata su PC e Xbox One, ci permette di farci un'idea più chiara delle novità che anche i veterani di The Witcher 3 incontreranno all'interno di questa nuova versione del Gwent. Un tutorial ci accoglie mostrandoci tutti gli elementi principali di questa versione di prova a partire innanzitutto dalla struttura dei match.

Ogni giocatore potrà utilizzare uno tra quattro tipi di mazzi: Regni del Nord, Mostri, Scoia'Tael e Skellige con la fazione di Nilfgaard attualmente non disponibile. Ogni mazzo sarà formato da un minimo di venticinque a un massimo di quaranta carte e sarà caratterizzato da un leader dotato di abilità uniche e sfruttabili una sola volta per match. Eredin della fazione dei mostri potrà, per esempio, scendere in campo e combattere in prima linea, mentre Francesca degli Scoia'Tael permette di selezionare tre carte della propria mano e rimpiazzarle con altre tre scelte casualmente dal mazzo.

Con Re Foltest dei Regni del Nord può inserire sul campo di battaglia una copia identica di una carta con attributo bronzo. Va detto che oltre al bronzo ne esistono altri due di categorie: l'argento e l'oro. Non classificano la rarità bensì le qualità tecniche e meccaniche che in game possono avere; infatti le dorate sono pressoché intoccabili dalla maggior parte degli effetti delle carte di tutte le classi del Gwent, tranne per alcune che tendono a declassarle apposta per poterle poi distruggere o manipolare.

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All'inizio della partita ogni giocatore pescherà casualmente dal mazzo dieci carte con la possibilità di scambiarne fino a un massimo di tre. Queste, al di là di quelle pescate alla fine dei round e di quelle ottenibili attraverso particolari abilità, sono tutto ciò che potremo utilizzare per riuscire a portare a casa due round sue tre e vincere lo scontro. Per avere la meglio all'interno di un round dovremo raggiungere un punteggio complessivo, derivante da quello delle singole carte, superiore rispetto all'avversario.

Una delle particolarità principali che distingue il lavoro di CD Projekt da quello di altri esponenti del genere è la totale assenza della gestione del mana. Sin dall'inizio dello scontro potremo, infatti, decidere di utilizzare subito la carta più potente della mano senza alcuna limitazione. La partita si baserà su un'attenta gestione delle tre file del campo da gioco, file che possono accogliere le categorie melee, dalla distanza e assedio, ma soprattutto su un utilizzo oculato della nostra mano. In questa gestione saranno anche molto importanti gli effetti climatici in grado di diminuire a uno il valore di tutte le carte, sia le nostre che quelle dell'avversario, di una certa fila. Improvvisare una tattica in base alle azioni del nostro avversario sarà fondamentale e in alcuni casi vale la pena di sacrificare un round per crearsi un vantaggio e avere più carte da giocare in quelli successivi.

Gwent: The Witcher Card Game può, quindi, contare su una propria personalità e su un'impostazione che lo distingue nettamente dalla concorrenza e che ci spingerà ad azioni rischiose e apparentemente avventate ma anche a bluff studiati sin nei più minimi dettagli. La profondità strategica del lavoro di CD Projekt RED è piuttosto evidente e, cosa fondamentale, divertente alla prova diretta. Tuttavia non ci troviamo ancora di fronte a un titolo perfetto e non possiamo non sollevare alcuni dubbi a livello di bilanciamento.

Per ampliare una formula di gioco rodata ma sotto molti aspetti semplicistica, lo studio ha deciso di introdurre diverse carte speciali in grado, per esempio, di abbassare il valore delle carte avversarie. Fin qui non abbiamo riscontrato particolari problemi, che invece si sono presentati con alcune abilità sfoggiate, soprattutto dalla fazione dei Mostri e da Ciri (l'eroina è caratterizzata da una skill davvero fastidiosa). I mostri, utilizzati da moltissimi giocatori, presentano abilità e bonus che possono pregiudicare completamente uno scontro e in alcuni casi controbattere in maniera efficace è pressoché impossibile.

La struttura del campo di battaglia è quella di The Witcher 3 e il grosso delle novità è legato alle singole carte.

Discorso simile anche per una strategia sfruttabile da chi utilizza i Regni del Nord. In questo caso è possibile sfruttare l'unità d'assedio "Reinforced Trebuchet" per mantenere costantemente sotto scacco l'avversario causandoli non pochi problemi. Questa particolare carta diminuisce di due il valore di un'unità avversaria ogni due turni provocando non pochi problemi nel corso di un round, soprattutto se viene usata in combo con altre copie.

C'è il rischio che buona parte degli utenti decidano di puntare esclusivamente sull'utilizzo di questi mazzi limitando inevitabilmente la varietà delle meccaniche di gioco e qualsiasi tattica alternativa, vera e propria linfa vitale di Gwent. Continuando il discorso riguardante il bilanciamento, è interessante analizzare alcuni cambiamenti apportati alle spie. All'interno di The Witcher 3 questo tipo di unità veniva giocata sul terreno di gioco avversario e permetteva di pescare ben due carte. Giocare le spie all'interno di Gwent ci darà, invece, la possibilità di pescare solo una carta scegliendo tra una visibile e una coperta. Si tratta di una limitazione sicuramente importante che lima in parte una delle tattiche più abusate all'interno di The Witcher 3.

Altro elemento da tenere d'occhio è la presenza delle microtransazioni utilizzabili per comprare dei barili, una variante dei classici pacchetti. Questi barili possono essere acquistati con 100 "ore", valuta in-game che si ottiene vincendo le singole partite (15 "ore") e conseguentemente salendo di livello (100 o 75 "ore") ma anche utilizzando il denaro reale. In questo caso i prezzi variano dai €2,69 per due soli barili a €62,99 per ben sessanta barili e chi deciderà di metter mano al proprio portafoglio avrà inevitabilmente accesso a un maggior numero di carte e alla possibilità di ottenerne di più rare. Quello delle microtransazioni è comunque un modello condiviso da tutti i card game e in questo senso Gwent non dovrebbe risultare troppo differente dalla concorrenza.

L'apertura di ogni barile sarà composta da due fasi: nella prima ci troveremo di fronte a quattro carte base casuali, mentre nella seconda avremo la possibilità di scegliere direttamente cosa ottenere. Potremo, infatti, selezionare una tra tre carte più rare e aggiungere alla nostra raccolta solamente l'oggetto del nostro interesse.

Lo shop ci permette di ottenere nuove carte sfruttando la valuta in-game o del denaro reale.

D'altro canto anche chi deciderà di non spendere un singolo euro potrà craftare le carte a cui è interessato utilizzando un numero variabile di "scrap", ottenibili vincendo le partite o scartando ciò che non si vuole utilizzare. Si tratta di un metodo interessante che dà la possibilità di strutturare con attenzione il proprio mazzo perfetto andando a selezionare esattamente ciò che ci serve senza affidarsi al caso.

Dopo diverse ore di gioco che impressioni ci ha lasciato la closed beta di Gwent: The Witcher Card Game? La sensazione di uno spin-off ben studiato che espande una già ottima base e che ha il potenziale per attirare anche chi non si è mai interessato al mondo di The Witcher. Ci sono ancora alcune incertezze a livello di matchmaking (assolutamente trascurabili fortunatamente) e dubbi sull'invasività delle microtransazioni e su un bilanciamento di alcune carte, ma CD Projekt RED ha sicuramente intrapreso la strada giusta. Non ci resta che attendere ulteriori aggiornamenti per scoprire maggiori informazioni sulla campagna singleplayer e per farci un'idea definitiva sulla qualità di questo progetto.