Hardspace Shipbreaker Recensione, nello spazio nessuno può sentirti lavorare
Uscito dall'accesso anticipato, ecco un titolo sorprendente.
Uno dei grossi problemi che ci ritroveremo ad affrontare nei prossimi anni è l'inquinamento dello spazio, tra cadaveri di satelliti ormai inutilizzabili e detriti risalenti alla prima era spaziale durante la Guerra Fredda. Siamo in un contesto in cui un bullone è in grado di distruggere un'intera navetta e visto che ci si ritrova anche con detriti grandi qualche metro e che viaggiano alla velocità di migliaia di chilometri orari, non bisogna andare molto lontano per capire la portata del problema.
Eppure non è un tema che tocchi particolarmente la fantasia, e coloro che lo trattano sono pochi. Non è possibile però non citare Planetes di Makoto Yukimura, in cui il recupero di navi abbandonate, armi satellitari e detriti vari è sì un pretesto per raccontare l’evoluzione dei personaggi ma è anche trattato con una certa cura, mostrando tutte le difficoltà che un netturbino spaziale deve affrontare operando in micro-gravità. Hardspace: Shipbreaker parte da questo concetto e se a prima vista può risultare un semplice simulatore, in realtà nasconde una narrativa interessante anche se purtroppo afflitta da qualche svista.
Ambientato intorno al 2300, in Hardspace: Shipbreaker viene raccontata un'umanità che ha ormai colonizzato l'intero Sistema Solare, con navi in grado di viaggiare senza difficoltà da un punto a un altro nel nostro quartiere spaziale ma che, per forza di cose, produce anche migliaia di tonnellate di rifiuti di qualsiasi tipo, tra cui reattori nucleari. È qui che interviene Lynx Corporation, presentandosi come una mega azienda che possiede il monopolio delle strutture di smantellamento e recupero navi e anche l'intero personale. Il peccato mortale del titolo è quello di perdersi purtroppo in un bicchier d'acqua sul lato narrativo, nonostante situazioni davvero interessanti e un cast di personaggi più complesso di quanto appaia.
La società è tutt'altro che idilliaca: aver conquistato lo spazio non ha fatto altro che aumentare a dismisura la forbice tra ricchi e poveri, con tensioni sociali all'ordine del giorno e rivolte contro chi è al governo del pianeta Terra, che in fin dei conti è Lynx stessa. Come raccontato in diversi documenti, la potenza di Lynx va ben oltre quella della semplice dismessa di navi spaziali, avendo mani in ogni elemento politico del pianeta e soprattutto tecnologico.
Di tutto questo però si capisce ben poco, andando incontro a diverse incongruenze ludo-narrative e a piccoli e grandi buchi di trama. Benché risulti tutto affascinante, scoprendo a piccole riprese cosa esista al di là dell'accogliente posto di lavoro, si ha la sensazione che manchino grossi frammenti di racconto, in grado soprattutto di spiegare il perché di alcune scelte di Lynx nei nostri confronti e dei nostri compagni.
Lynx rimane dunque in un limbo interessante ma al tempo stesso “pericoloso” tra una società iper-capitalistica che possiede letteralmente la vita delle persone a fraintendibile, apparendo forse, non così malvagia. In questo contesto incerto ci siamo noi, lavoratori al servizio della Terra e di Lynx, con un debito verso questa società che supera abbondantemente il miliardo di dollari.
Niente patrimoniale nel futuro: per saldare il debito bisogna lavorare, lavorare e ancora lavorare, recuperando tutto il possibile dalle navi dismesse. Benché lo spazio sia un luogo discretamente vasto, il pericolo è sempre dietro l'angolo e basta poco per ritrovarsi all'altro mondo.
Hardspace non è un nome scelto a caso dunque: dopo due anni di early access ci troviamo davanti a un titolo che possiede diverse anime e in grado di adattarsi a qualunque tipo d'approccio viste le sue tante modalità. È possibile goderselo per rilassarsi, magari con in sottofondo un podcast, oppure provare a sfidare voi stessi e le leggi della fisica per liberarsi dal controllo di Lynx in 30 giorni di tempo. Sta a voi, insomma, ma la modalità “standard” risulta ovviamente la più godibile e la più equilibrata, anche se non del tutto.
Quando viene detto che Lynx possiede il proprio personale lo si intende dunque per davvero, visto che alla firma del contratto diviene proprietaria del nostro DNA con cui clonarci a ogni nostro passo falso. Questo è essenzialmente il motivo del debito e ogni morte non farà che aumentarlo.
Ci si ritrova così nello spazio, alle prime armi e seguiti dal nostro simpatico capo che, attraverso diversi tutorial ci apre alle enormi possibilità d'approccio dello smantellamento. Siamo effettivamente noi a decidere come pianificare il lavoro (anche grazie all'utilissimo scanner) e più aumenterà il nostro grado, più saranno complesse le navi e delle varie situazioni. L'obiettivo principale è quello di recuperare, smaltire o riutilizzare tutte le parti della nave scelta, con turni a tempo che scandiscono anche la progressione narrativa.
Principalmente abbiamo due strumenti e una tuta che possiede resistenze, ossigeno e propellente limitato, ma queste limitazioni sono aggirabili attraverso un sorprendente albero delle abilità, complesso e in grado di migliorare vistosamente l'esperienza. Il nostro cutter, ad esempio, che serve appunto a tagliare le varie componenti dello scafo, può essere potenziato per rendere questa pratica molto più rapida, mentre l'altro strumento in dotazione, che serve per afferrare gli elementi a distanza, può essere migliorato anche con cavi elettromagnetici. Le possibilità di personalizzazione sono innumerevoli e aumentano tangibilmente le possibilità d'approccio al gameplay.
Però, non è un gioco per tutti. I ritmi compassati (soprattutto le prime ore) e una certa ripetitività nel modus operandi possono portare facilmente alla noia, anche perché come detto precedentemente manca un reale appiglio narrativo. Dipende da come ci si approccia ma, nonostante la varietà offerta, il numero di situazioni proposte, in qualche modo, si somiglia sempre.
Questo perché le navi a disposizione, passate da una realizzazione a mano a una semi-procedurale, presentano comunque sempre gli stessi elementi e una volta presa un po' di dimestichezza, anche le “novità” vengono superate senza particolari patemi. Dipende da voi, insomma, ed è uno dei pochi casi in cui la soggettività conta parecchio. A livello ludico ci troviamo davanti a un'ottima complessità di strumenti, potenziamenti e personalizzazione ma la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di già visto comincia a farsi strada dopo qualche ora.
A mitigare la situazione ci pensa il superamento degli scaglioni della licenza, in grado di presentare, almeno nel breve periodo quella variazione sul tema. Il “nuovo” insomma, può spaventare all'inizio, soprattutto se si punta il laser dalla parte sbagliata.
Ogni nave è composta da parti elettriche, incendiare e nucleari ma non bisogna dimenticare la differenza tra peso e massa. Rimanere schiacciati da una paratia di diverse tonnellate non è un buon modo di andarsene, così come rimanere coinvolti in esplosioni, finire per sbaglio nelle fornaci o finire soffocati. Basta una minima distrazione per ritrovarsi con seri problemi da risolvere e Lynx è tutt'altro che permissiva.
Qualora ad esempio non riuscissimo a chiudere in tempo un circuito d'alimentazione del carburante, la nave potrebbe saltare in aria, con la conseguente distruzione delle parti indicate come da recuperare. Il conto può diventare davvero salato, perché anche questi errori non fanno altro che aumentare il nostro debito con l'azienda. Le varie procedure da eseguire prima di iniziare il lavoro, come la depressurizzazione, seguono purtroppo lo stesso andamento, divenendo semplici elementi meccanici da eseguire: è come se tutta la varietà offerta al giocatore si scontrasse con le poche possibilità nel metterle in pratica.
Se dal punto di vista tecnico il gioco fa il suo, senza particolari picchi nemmeno sul lato artistico, è la componente audio a tenerci a galla, con un'ottima interpretazione vocale del cast e soprattutto una colonna sonora da ascoltare e riascoltare, anche se qualche traccia in più non avrebbe guastato. Ci si ritrova nello spazio, con suoni ovattati (ma che possono essere migliorati tramite upgrade) e una musica dallo stampo country/elettronico che sembra andare di pari passo con il nostro modus operandi.
Alla fine, però, il tutto può essere tranquillamente associato alla guida di un'auto: all'inizio si è attenti a ogni cosa, specchietto, tachimetro e persino l'accendisigari ma poi l'attenzione si trasforma in un processo meccanico, un'applicazione in background mentre pensiamo ad altro. Hardspace: Shipbreaker è così, interessante e intrigante sotto tanti punti di vista, con una buona profondità ludica di fondo ma che non riesce a brillare fino in fondo. Chi è più propenso a questo tipo di gameplay lo adorerà ma è anche molto facile che, alla lunga, annoi.