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Hatsune Miku: Project Mirai DX - recensione

Musica e tenerezza. Ma dov'è la difficoltà?

Il fenomeno dei personaggi basati sul programma Vocaloid, in grado di cantare canzoni con una voce artificiale, è diffuso ormai da parecchi anni in Giappone ma da un po' di tempo a questa parte sta facendo breccia anche nel cuore di numerosi fan occidentali.

La celebre Miku è senza dubbio la Idol virtuale più nota e riconoscibile, e nel corso degli anni è stata affiancata da una pletora di personaggi pensati per soddisfare i gusti del maggior numero possibile di utenti.

Con Hatsune Miku: Project Mirai DX, dopo aver apprezzato su PlayStation 3 e PlayStation Vita numerosi titoli musicali dedicati proprio a Miku e ai suoi compagni, i giocatori europei possono finalmente godersi anche le versioni 3DS dei concerti interattivi pubblicati da SEGA.

Dovendo girare su un hardware dalle limitate risorse tecniche, Project Mirai DX offre un character design molto diverso da quello a cui siamo stati abituati nel corso degli anni, passando dal tratto longilineo degli altri giochi a versioni "chibi" (o super deformed) dei personaggi.

Il filmato di apertura è accompagnato da una canzone e da una coreografia in grado di catturare immediatamente l'attenzione dell'utente. Peccato che il livello medio, nel gioco, sia molto diverso.

Tutto questo dona all'esperienza un aspetto più dolce e tenero, elemento che contribuisce a differenziare Project Mirai dagli altri giochi con Miku. Non è solo il design, tuttavia, a far distinguere questo titolo per 3DS dagli altri giochi dei Vocaloid.

Questa volta, infatti, la componente musicale è solo una parte dell'esperienza e fa da contorno a un gran numero di altre opzioni pensate per offrire qualcosa di diverso dal solito. Oltre a dover interagire con il touch screen o con i tasti della console per far ballare e cantare le nostre Idol virtuali, è ora possibile interagire direttamente con i vari personaggi, cambiandogli vestito, scegliendo e arredando la loro abitazione e, perché no, parlandoci direttamente attraverso il microfono del 3DS.

L'acquisto degli elementi per la personalizzazione può essere effettuato spendendo il denaro guadagnato durante i concerti, il cui quantitativo è strettamente legato alla qualità della prestazione.

Le sequenze musicali possono essere affrontate sfruttando due sistemi di controllo molto diversi tra loro: il primo, interamente basato sui tasti fisici del 3DS, richiede di premere i pulsanti frontali o la croce direzionale, in base alle informazioni che compaiono ritmicamente sullo schermo. Nel secondo caso, invece, si deve usare il pennino per interagire con il touch screen seguendo il ritmo, ora toccando, ora scivolando, ore facendo roteare vorticosamente lo stick per accumulare monete (non in modo selvaggio e prolungato come in Ouendan, per la gioia di chi non vuole distruggere la propria preziosa console).

Il numero di costumi e ambienti da personalizzare non è altissimo, e basta davvero poco per sbloccare tutto ciò che il gioco ha da offrire.

Le due esperienze sono molto diverse tra loro e in sostanza possono rappresentare due facce della stessa medaglia. Il vero problema, però, è che a prescindere dal sistema di controllo scelto il livello di difficoltà non raggiunge mai vette altissime. I veterani del genere, infatti, impiegheranno pochissimo per completare le 48 canzoni presenti nel pacchetto, con punteggi particolarmente elevati.

A quel punto la rigiocabilità è garantita quasi esclusivamente dalla sfida con i propri record, e dalla necessità di accumulare monete per sbloccare tutti gli oggetti.

Il difetto principale di Project Mirai DX sta nel fatto che cercando di unire due generi molto diversi tra loro, alla fine non riesce a ottenere il massimo da nessuno dei due. La componente musicale, infatti, è caratterizzata da una scaletta meno interessante rispetto agli altri titoli di Miku. Lo stesso si può dire delle coreografie sullo sfondo, che dovendo scendere a compromessi con il comparto tecnico hanno perso parte della loro solita efficacia.

Il simulatore di vita, dal canto suo, è decisamente troppo limitato, visto che permette solo di cambiare abito e acconciatura alla propria Vocaloid, di darle una paghetta con cui comprare ciò che le interessa, di parlarci attraverso il microfono (con qualche problema di comunicazione, dato che è davvero difficile ottenere risultati decenti), o di fare qualche partita con un mini-gioco chiamato Mikuversi, interpretazione in salsa Miku del classico Reversi.

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A questo si aggiunge la possibilità di arredare l'alloggio della propria compagna virtuale, di scattare qualche foto da conservare nella scheda SD, di personalizzare le coreografie usando alcuni elementi predefiniti, o di fare qualche partita a un'apposita versione di Puyo Puyo.

Di sicuro ci troviamo di fronte a un progetto pensato per una fascia di pubblico più giovane rispetto agli altri capitoli della serie, come testimoniano il design tondeggiante e la difficoltà sempre accessibile delle fasi musicali.

Hatsune Miku: Project Mirai DX, quindi, rappresenta un buon punto di partenza per nuovi giovani giocatori che vorrebbero avvicinarsi al mondo dei Vocaloid (e anche dei Nendoroid, visto il design). Un livello di difficoltà generalmente permissivo e tutti gli elementi di personalizzazione (dei personaggi, delle coreografie e della casa) aggiungono un tocco intrigante all'esperienza, garantendo un'illusione di varietà che potrebbe soddisfare giocatori con aspettative ancora piuttosto basse.

7 / 10
Avatar di Filippo Facchetti
Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.

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