Haven - recensione
Due cuori, una capanna e un pianeta sconosciuto.
Nel novero delle arti umane, l'amore è sempre stato in grado di accendere la passione e la creatività degli artisti di qualsiasi epoca storica. A dire il vero, i capolavori più celebri della nostra storia dell'arte sono legati indissolubilmente a questo concetto, e se vi verranno facilmente in mente opere come l'Amore e Psiche del Canova o i due Il Bacio di Hayez e Klimt, anche la settima arte ci ha permesso nel recente passato di goderci in sala dei kolossal romantici capaci di lasciare un solco indelebile nel mondo del cinema.
Curiosamente, malgrado essi siano ormai considerati una forma d'arte, nell'universo dei videogiochi le grandi storie d'amore si contano invece sulle dita di una mano. È vero, produzioni del calibro di The Last of Us 2 fondano gran parte del proprio tessuto narrativo sulle relazioni romantiche tra i personaggi, ma sovente l'amore finisce con l'essere relegato a mera comparsa mentre altri temi come la sopravvivenza e la vendetta si prendono indisturbati l'intero palcoscenico. Ciò è dipeso dall'inevitabile compromesso incarnato dal gameplay, che nella quasi totalità dei videogiochi moderni batte la lingua sempre e soltanto su di un singolo dente: la violenza.
Haven, dal canto suo, è un videogioco come se ne vedono davvero pochi sul mercato, non solo per gli argomenti che affronta, ma anche per il modo stesso in cui lo fa. Del resto, non sorprende la spiegazione che Emeric Thoa vuole dare a chi si domanda come mai, dopo l'ottimo successo riscontrato, il piccolo studio francese The Game Bakers abbia voluto gettarsi su una nuova IP piuttosto che su di un seguito dell'apprezzato Furi. Nelle parole di Thoa, co-creatore di Haven al fianco di Audrey Leprince, Furi fu semplicemente estenuante da realizzare. E con la volontà di prendersi pausa tra due action dai toni oscuri, la scelta è ricaduta su di un'esperienza leggera, che potesse dare al giocatore la possibilità di staccare la spina per qualche tempo per godersi un po' di sano relax senza troppe preoccupazioni.
Da questo concept nasce Haven, un'avventura con elementi RPG che narra le vicende di Yu e Kai, due innamorati naufragati su un pianeta sconosciuto nel tentativo di fuggire dall'Arnia, una società Orwelliana che accoppia gli individui in base a un software, il Sensale. I due non hanno alcuna intenzione di separarsi per farsi abbinare a qualcun altro, quindi scelgono di scappare per arrivare su Fonte, un pianeta apparentemente disabitato che nasconde però gli effetti disastrosi degli esperimenti dell'Arnia.
Se da un lato la storia potrà sembrarvi sufficientemente complessa, The Game Bakers ha voluto ampliare al gameplay concetti come "semplicità" e "leggerezza", scegliendo spontaneamente di depurare la formula da un gran numero di elementi aggiuntivi che avrebbero reso l'avventura ben più complicata di quel che Thoa e Leprince avevano in mente. Nessun albero delle abilità, niente equipaggiamenti, pochissimi numeri e un HUD praticamente inesistente: in Haven vi troverete per la maggior parte del tempo a scivolare dolcemente per le sconfinate praterie di Fonte, con Yu e Kai mano nella mano, vivendo i momenti più intimi della loro relazione che in realtà capirete presto essere la vera protagonista del gioco.
Basta la semplice pressione del grilletto destro per cominciare a scivolare attraverso il mondo di gioco, composto da oltre trenta isolotti collegati tra loro dal Flusso, una peculiare fonte energetica utilizzata dagli abitanti dell'universo narrativo di Haven per percorrere grandi distanze in brevissimo tempo. Yu e Kai avranno inoltre un'interazione concreta col Flusso, che sarà disseminato per l'ambientazione sotto forma di alcune brillanti scie energetiche che se percorse vi porteranno spesso in sezioni della mappa altrimenti irraggiungibili.
Il Flusso è inoltre legato a uno dei pochissimi e reali obiettivi che Haven mette nelle mani dell'interattore, ossia quello di mondare gli isolotti di Fonte dalla Ruggine, una sostanza nociva che corrompe la fauna e la flora dell'intero pianeta. Carichi dell'energia emanata dai Flussi, Yu e Kay potranno sorvolare le porzioni di mappa intrise di Ruggine per purificarla, anche se per completare il lavoro al 100% sarà sempre necessario rimboccarsi le maniche ed affrontare ogni creatura contaminata che incontrerete nel vostro percorso.
In linea con lo stile grafico adottato da The Game Bakers per le illustrazioni dei due personaggi, lo studio di Montpellier ha pensato di strutturare questi combattimenti seguendo il più classico dei modelli ludici orientali, introducendo un sistema di battaglie a turni abbastanza simile a un Active Time Battle largamente ispirato ai canoni dei JRPG. Al contrario però degli altri rappresentanti del genere, le fasi action di Haven non voglio essere troppo complesse e affidano al giocatore solo due diversi attacchi, che se eseguiti all'unisono da Yu e Kai infliggeranno un considerevole quantitativo di danni.
Il messaggio che Thoa e Leprince hanno voluto trasmettere è abbastanza lapalissiano: insieme si è molto più efficaci che da soli, e dobbiamo ammettere di essere rimasti sorpresi constatando come il combattimento sveli in alcuni frangenti l'importanza di un approccio strategico, nonostante l'obiettivo del team indipendente francese fosse quello di confezionare un'avventura che facesse dell'accessibilità e dell'immediatezza i suoi elementi primari.
La salute di Yu e Kai può esaurirsi molto in fretta, e solo in alcuni isolotti avremo modo di curare le loro ferite con un medikit. Per queste ragioni, dimenticatevi di giungere alla fine di un combattimento affidandovi esclusivamente agli attacchi, dovrete al contrario necessariamente alternarli allo Scudo, una parata che dimezza i danni inflitti dalle creature. Alcune di esse sono poi caratterizzate da resistenze e debolezze, e possono essere immuni a qualsiasi offesa se non si esegue un affondo col giusto tempismo.
Una volta sconfitta una creatura, il gioco non proporrà alcuna soluzione violenta allo scontro: i protagonisti potranno lanciare un attacco speciale che purifica gli animali, che torneranno a quel punto a condurre un'esistenza pacifica nei rigogliosi campi di Fonte. In sostanza, il combat system di Haven non vuole ambire a surclassare quello di un Final Fantasy, ma si comporta comunque ugualmente bene e la nostra opinione è che fosse essenziale pensare a qualcosa di questo genere, in grado di spezzare la potenziale monotonia dell'esplorazione.
Ad arricchire ulteriormente la ricetta messa in tavola da The Game Bakers, Haven propone inoltre alcuni elementi survival che arriveranno ad avere un peso rilevante nel corso dell'avventura. Girovagando per le praterie di Fonte, Yu e Kai potranno raccogliere una manciata di ingredienti da utilizzare nel Nido, una navicella spaziale che farà da hub al gioco e che sarà lo sfondo di quasi tutti i momenti di coppia dei due amanti. Nel Nido potremo non solo cucinare, mangiare e riposarci, ma anche sintetizzare medicinali, far crescere un piccolo orto, sviluppare alcuni consumabili da utilizzare in combattimento oppure goderci semplicemente la quotidianità dei personaggi.
La navicella sarà inoltre il luogo adibito al potenziamento degli attributi dei due fuggiaschi, una pratica che come potreste a questo punto facilmente immaginare non è però affidata ad un sistema di leveling tradizionale. Attraverso i dialoghi a scelta multipla, ma anche nel corso dei combattimenti, Yu e Kai saranno col tempo sempre più in sintonia tra loro, e uno specifico indicatore segnerà costantemente i progressi verso il prossimo level up. Al suo completamento, potrete gustarvi una smielata scenetta di coppia a cui farà seguito il potenziamento automatico di alcune statistiche, come ad esempio il danno inflitto dagli attacchi simultanei o il numero massimo degli HP di Yu e Kai.
Parliamo di scenette smielate non a sproposito, poiché se in alcuni frangenti di gameplay Haven è in grado di brillare e di regalare sensazioni inedite rispetto alle produzioni mainstream, il nuovo titolo di The Game Bakers delude proprio lì dove il gioco vorrebbe e dovrebbe focalizzarsi, ossia nel dipingere con maturità e serietà il rapporto tra due protagonisti adulti così ben caratterizzati e complementari tra loro. La narrazione della relazione tra Yu e Kai finisce troppo spesso nello scadere nel più banale dei luoghi comuni, lasciando lo spettatore interdetto ad assistere a siparietti che sembrano essere stati scritti per qualche sitcom della televisione dei primi anni duemila.
Non fraintendeteci, molti di voi (compreso chi vi scrive) avrà dei bellissimi ricordi di Love Bugs, eppure era lecito aspettarsi qualcosa in più da un videogioco che aveva la concreta chance di realizzare qualcosa di concretamente diverso, potendo raccontare una storia d'amore come difficilmente era mai accaduto prima in un videogioco. Al netto di questo aspetto, Haven riesce comunque a portare a compimento in maniera abbastanza riuscita una trama che dura circa una decina di ore, priva di risvolti degni di nota, ma comunque di buona fattura e capace in certi momenti addirittura di avvincerci, specialmente in concomitanza del finale.
Sapendo di avere a disposizione la co-op, eravamo ansiosi di scoprire come fosse sorvolare in compagnia di un amico (o perché no, del proprio partner) le sconfinate distese di Fonte. Sfortunatamente, nonostante la cooperativa funzioni benissimo in alcuni frangenti come i combattimenti, non vi permetterà materialmente di scivolare insieme, ma piuttosto affiderà la guida solo a uno dei due giocatori, mentre l'altro non potrà fare altro che posare il controller e godersi il panorama. Per un titolo che fa della sintonia e dell'interazione tra Yu e Kai il cuore pulsante dell'esperienza, The Game Bakers poteva sicuramente elaborare qualche stratagemma in più per rendere la co-op significativamente più interessante e stimolante per entrambi.
Al netto di un gameplay piacevole ma mai esaltante e di un mosaico narrativo che poteva sicuramente osare di più, Haven si rivela invece straordinario nel suo comparto artistico, una fusione d'immagini e di suoni a cui non potrete rimanere indifferenti. L'estetica del nuovo lavoro di The Game Bakers è semplicemente mozzafiato, non tanto grazie allo squisito stile grafico che il team ha scelto per il gioco, ma per la sua capacità di disegnare panorami che si fondono essi stessi con la storia d'amore che lega i due personaggi. La colonna sonora, firmata dall'artista francese Danger, è poi quell'incantevole ciliegina sulla torta che molto spesso, in una recensione, può anche fare la differenza.
Haven forse non sarà ricordato come il primo kolossal sull'amore della storia del videogioco, ma senz'alcun dubbio possiede diverse frecce al suo arco per farsi apprezzare da coloro che sono alla costante ricerca di qualcosa di profondamente diverso rispetto alla consuetudine. Incapace di raccontare una relazione in modo convincente, il nuovo titolo di The Game Bakers ha però l'indubbio merito di aver saputo confezionare una formula di gameplay piacevole e ben congeniata, che ha come primo traguardo quello di non stressare ed impegnare eccessivamente il giocatore durante il suo preziosissimo tempo libero.
Molto spesso, alle prese con un videogioco, vi sembrerà quasi di apprendere una nuova lingua, tra numeri, statistiche e un'infinità di meccaniche da padroneggiare che sono fondamentali per non incorrere in un fastidioso game over. Se cercate una boccata d'aria fresca da questa routine, Haven potrebbe rappresentare senz'altro l'evasione di cui avete bisogno.