Heavy Rain
David Cage ci racconta il gioco dell'anno.
Non piove neanche un po' durante il nostro viaggio a Parigi per vedere Heavy Rain. Insomma, se avesse piovuto avrei potuto aprire questo pezzo con qualcosa di decisamente prevedibile, che so...un bel un gioco di parole che, essendo noi italiani e il titolo del gioco in inglese, non avrebbe reso per niente. E invece non piove, fatto che mi inibisce (ulteriormente) dal fotografare la capitale francese con sotto l'acqua, un dettaglio meteorologico che la rende irresistibile. Ma, se ancora interessa a qualcuno, rimane il fatto che: a) non piove, b) sono a Parigi per vedere Heavy Rain e c) non vedrò Heavy Rain. Un po' me lo aspettavo dopo il pacco rifilato a Lipsia malgrado gli annunci di Sony e la presenza del creatore del gioco David Cage alle conferenze stampa. Confesso però che, a tre mesi di distanza, giunto al cospetto di Mr. Farenheit, speravo qualcosina di più. Seduto dinanzi all'innovativo producer chiedo subito se quel poco che è stato mostrato finora è realmente il gioco che saremo invitati a comprare in massa nella seconda metà del 2009. Ebbene, dopo una pausa di qualche secondo, Cage snocciola con una flemma spaventosa una sola sillaba. "No."
La domanda che mi pongo ora, quindi, è perchè ci troviamo reduci da due ore passate nell'agghiacciante traffico parigino se non abbiamo niente da vedere e di conseguenza da raccontare. Una chiacchierata e una presentazione in PowerPoint sono una giustificazione sufficiente? Cage, il loquace e occasionalmente poetico boss di Quantic Dream, vuole parlarci della sua ambizione, della sua metodologia di lavoro e della sua filosofia. Ok, non vedremo il gioco, ma le cose cominciano a farsi interessanti. Perchè quando si parla di Heavy Rain è fondamentale riuscire a capire il ruolo che Cage riveste nell'intero progetto. Questo folle (o genio? Scegliete voi...) ha scritto qualcosa come 2.000 pagine di soggetto, una trama non lineare che non si limita a descrivere i personaggi, le location e gli scenari, ma anche le meccaniche di gioco, le tempistiche e i ritmi che lo governeranno. Per questa operazione Cage ha impiegato la bellezza di 15 mesi, preferendo l'aiuto di scrittori professionisti di Hollywood invece di quello di famose "penne" del settore videoludico. Ha diretto personalmente ciascuna delle 60 scene che compongono il gioco, ha scelto il cast, guidando oltre 70 tra attori e stuntmen per perfezionare ogni singolo movimento affinchè fosse in linea con la sua personalissima visione estetica del progetto. Il suo socio, l'affascinante Guillaume de Fondaumière (basta il nome per evocare la nobiltà francese pre-Roberspierre), lo tratta con riverenza, si occupa di ricevere la stampa e di tenerci impegnati tra uno slot di interviste e l'altro. Perchè solo Cage può parlare del gioco.
Sono al cospetto del puro ego, in un edificio dove non esistono spazi chiusi, a parte un ufficio privato (indovinate un po' di chi è...) e in un attimo mi trovo stregato. Non vi posso dire com'è Heavy Rain, se la grafica è spettacolare o no, se il sonoro è coinvolgente e come funziona il gameplay, ma vi posso assicurare che sarà interessante. Come per Fahrenheit (Indigo Prophecy negli Stati Uniti), Cage ha rispettosamente evitato l'utilizzo dei pattern tradizionalmente scelti dai titoli action adventure preferendo "una storia complessa che viene raccontata attaverso azioni contestualizzate e grafica realistica". Questo approccio al game design permette di oltrepassare lo spettro delle emozioni basilari e condivise (frustrazione, rabbia o ansia) che si provano giocando con la maggior parte dei videgame contemporanei. E' facile solleticare e usare la frustrazione, ma "riuscire a causare emozioni sociali quali l'empatia è molto più difficile", spiega Cage".
Ironicamente, contestualizzare queste volatili affermazioni (quasi filosofiche) nel quadro estremamente più concretro di un videgame e di un prodotto che dovrà essere venduto l'anno prossimo è quai impossibile. Quanto si è visto fino ad oggi (una donna che entra in una casa e la trova piena zeppa di cadaveri, è sorpresa dal rientro del proprietario e deve trovare una via di fuga) ci ha però dato un paio di chiavi di lettura per interpretare meglio le parole di Cage e l' 'impress' system, dove il giocatore deve riuscire a realizzare un'anomala combo di tasti per far fare un'azione determinante al suo alter ego sullo schermo. Questa scelta è funzionale alla costruzione di un ponte emotivo che trasferisca l'ansia e l'urgenza della situazione che il personaggio sta vivendo dallo schermo al sofà. Anche il snsore di movimento del Sixaxis farà la sua parte e anche se Cage è stato piuttosto evasivo nello spiegare come funzionaeranno le cose, ci sarà una relazione tra un innovativo uso del controller, i movimenti del personaggio sullo schermo e gli altri PNG. "Si tratta di una specie di linguaggio che comprendeà l'interfaccia e la maniera con la quale ci relazioniamo con le cose", dice Cage.
Abbiamo domandato in che modo Cage intende unire storia e gameplay, sottolineando come spesso gli sviluppatori sono costretti a usare le scene d'intermezzo per spiegare cosa succede, ma Cage ha spiegato che in Heavy Rain si tratta dell'ultima risorsa. "Non ho cominciato con la storia e ho adattato il gameplay ad essa" insiste, ravvivandosi un poco, "perchè avrei fallito. Quello che crco di fare è pensare alla storia e al gameplay contemporaneamente. Nel momento in cui ho un'idea per una scena, cerco di pensare al potenziale che questa scna ha in termini di gameplay. Allo stesso modo, quando penso a una meccanica di gioco, mi domando quale potenziale narrativo ci possa essere in essa. Ho scritto molte scene che sono state cancellate perchè rappresentavano un'ottima scelta di gameplay e non per la storia o viceversa. Per ogni scena ho bisogno di buone idee che vadano bene per entrambi i campi."