Home Sweet Home - recensione
Horror Interruptus.
Di horror di qualità se ne sono visti parecchi su PlayStation VR. Al primo posto, intoccabile, siede comodamente sua maestà Resident Evil VII, che per chi vi scrive è in assoluto l'esperienza più coinvolgente mai provata in questa generazione di console.
Sotto questo capolavoro però c'è un fitto sottobosco di ottimi titoli, capaci di far rizzare i peli delle braccia e far correre brividi freddi in parti del corpo che non sapevate neanche di avere. Molti sono sconosciuti ai più, come Paranormal Activity: The Lost Soul e The Exorcist: Legion, che vi consigliamo di recuperare.
Home Sweet Home fa parte di quel ramo dell'horror che volge ad Oriente e che permeerà i vostri incubi con alcuni dei mostri tipici della cultura thailandese, senza però disdegnare qualche incursione nei classici del genere, sia cinematografici che videoludici. Ci troviamo in presenza di un gioco che non vi metterà di fronte mostri classici, zombie o robe simili.
Giocherà con il vostro cervello e con la vostra vista, e se potesse lo farebbe anche con tutti gli altri vostri sensi. La premessa è abbastanza classica: siete un uomo qualunque che vive una vita qualunque, quasi felice finché vostra moglie non passa a miglior vita. Dolore e disperazione sono solo l'inizio di un incubo che vede il povero Tim risvegliarsi in un luogo a lui sconosciuto. Non è casa sua e non è neanche disabitato, qualcosa di malvagio permea ogni centimetro di quel posto.
Vi puzza di Silent Hill? Non sbagliate, anche in questo caso infatti vi troverete a dover vagare alla ricerca di indizi su cosa sia accaduto, senza la minima idea di cosa vi aspetti. Non avrete armi, solo una torcia che, come tradizione vuole, tenderà a spegnersi nei momenti meno opportuni. Come se non bastasse, l'edificio in cui vi trovate sembrerà vivere di vita propria, cambierà continuamente e quando penserete di aver capito a che gioco sta giocando, cambierà ancora. Non avrete mai la sensazione di essere al sicuro.
Sulle vostre tracce ci saranno spiriti di ogni tipo, compresa una simpatica tizia armata di lama che sembra trovarvi particolarmente simpatico. Non potrete affrontarla, non avrete armi. In Home Sweet Home dovrete giocare d'astuzia, un po' come accadeva in Outlast o nei vecchi Clock Tower.
Dovrete giocare in modalità stealth come raramente avete mai fatto prima, nascondendovi non appena ne avrete la possibilità e limitando l'utilizzo della luce allo stretto necessario. Man mano che andrete avanti, se il cuore reggerà ancora, troverete documenti e indizi che contribuiranno a mettere insieme i pezzi del puzzle. Per poterveli guadagnare dovrete risolvere semplici enigmi ambientali che si limitano alla ricerca di chiavi o combinazioni per aprire porte e casseforti.
Graficamente Home Sweet Home si assesta su livelli decenti e, pur non proponendo ambientazioni particolarmente ricche di dettagli, contribuisce in maniera efficace a instillare tensione nelle membra del giocatore. Al raggiungimento di questo obiettivo contribuisce anche l'ottimo sonoro che, a fronte di una colonna sonora quasi assente, propone suggestivi e inquietanti effetti ambientali che vi costringeranno a procedere lentamente lungo i corridoi e le stanze del gioco.
I cosiddetti jump scares, per quanto rari e telefonati sono abbastanza efficaci e, almeno in un paio di occasioni, hanno provocato in noi la voglia di imprecare a voce alta. Peccato che proprio quando il tutto inizia a diventare interessante e meno ansiogeno, il gioco finisca senza che la trama sia arrivata alla sua conclusione. È chiaro che un secondo capitolo dev'essere attualmente in via di sviluppo, o almeno ce lo auguriamo, ma perché la divisione in capitoli/puntate non è stata resa nota in precedenza o specificata nel titolo?
Come Resident Evil VII, anche Home Sweet Home (o meglio, la sua prima parte) permette di giocare l'avventura senza l'ausilio del PlayStation VR. Come nel titolo di Capcom, però, vi troverete ad affrontare un'esperienza sì terrorizzante, ma decisamente meno coinvolgente. Trovarvi di fronte ad una mano larga 6 metri che s'avvicina alla vostra faccia quando indossate un caschetto che v'impedisce di evitare tale visione o, peggio, che potrebbe farvene avere una ancora peggiore girando la testa, è ben diverso dal guardare uno schermo... a prescindere da quanto questo sia grande.
Ammettiamo però che digerire questo titolo in VR non è cosa per tutti: è necessario infatti un discreto stomaco. Non tanto per il motion sickness, che viste le tonalità spesso molto scure degli scenari e il ritmo non altissimo è un'eventualità abbastanza rara, ma per alcune scene che sinceramente fanno sobbalzare sulla sedia anche veterani dell'horror come il sottoscritto.
È un vero peccato che gli sviluppatori abbiano lanciato un titolo come questo troncandolo senza pietà e, soprattutto, senza avvertire gli utenti di questa loro decisione. Le potenzialità per un'esperienza terrorizzante erano notevoli, ma in queste condizioni Home Sweet Home non può essere considerato un prodotto finito e, quindi, la valutazione non può che arrivare ad una sufficienza stiracchiata.