Homeworld: Deserts of Kharak - recensione
Dallo spazio al deserto.
La scena RTS è fra le più vivaci al momento nel panorama videoludico: ogni anno riceviamo una buona dose di nuovi esemplari e fra questi non manca mai di presentarsi qualche titolo di buona levatura. Solo a pensare agli ultimi mesi troviamo Battle of Empires e Act of Aggression, due buoni titoli capaci ognuno di aggiungere qualcosa di nuovo al genere. Ora è il turno di Homeworld: Deserts of Kharak, un gioco che portando un nome così blasonato ha enormi responsabilità a livello qualitativo: vediamo dunque se è capace di offrirci perlomeno una frazione del valore che il titolo originale ha saputo portare agli appassionati del genere nell'ormai lontano 1999.
Iniziamo subito col dire che Homeworld: Deserts of Kharak (d'ora in poi HDK) è un RTS classico, ovvero un gioco in cui il gameplay si basa strettamente sulla raccolta di risorse e sulla costruzione di un esercito composto da unità con diverse caratteristiche, mentre le modalità offerte sono campagna, skirmish e multiplayer. Sotto questo punto di vista, quindi, HDK segue una strada già battuta tante volte.
Di queste modalità HDK ne sceglie un paio su cui focalizzarsi: la campagna ha ricevuto un'attenzione decisamente particolare e anche la modalità multiplayer ha diversi aspetti interessanti. La modalità skirmish rimane invece un po' trascurata con opzioni un po' limitate; come spesso succede, sembra essere stata pensata come una sorta di allenamento per le sfide in multiplayer. E allora iniziamo proprio con la campagna, un po' il fiore all'occhiello di questo gioco.
Diciamo subito che HDK riprende la storia dell'originale Homeworld ma offre al giocatore gli eventi precedenti, un prequel quindi. Le vicende vengono narrate con sequenze video e narrazione parlata tra una missione e l'altra, in modo quindi molto classico; ad ogni missione è possibile scegliere tra diversi livelli di difficoltà.
Il gameplay si basa su un tema principale, quello del viaggio di un convoglio. Dovete infatti sapere che la base principale di una fazione è sempre costituita da una sorta di gigantesca portaerei semovente (su ruote o leggermente sospesa in aria, a seconda della fazione) e ciò che si costruisce è quasi esclusivamente costituito da altri veicoli (tranne torrette difensive, postazioni scanner e poco altro).
Questo tema del viaggio si sviluppa in ogni missione in modo diverso ma vi troverete pressoché sempre a gestire il vostro esercito in movimento, esplorando un territorio sempre nuovo e cercando di sfruttarne le particolarità. Il resto della struttura è più vicina ai canoni consueti con recupero di risorse, ricerca scientifica e unità che si sbloccano ed evolvono seguendo un flusso preciso e offrendo al giocatore scelte strategiche spesso legate alla scarsità di risorse. Non potete costruire tutto ma dovete scegliere come sfruttare le poche risorse che trovate durante il viaggio, a seconda del nemico che vi trovate davanti.
Questo gameplay funziona francamente molto bene e viene servito al giocatore con una complessità crescente, guidandolo prima su un percorso con poche scelte, e poi introducendo unità diverse e decisioni sempre più articolate. Sotto questo punto di vista la campagna è realizzata con rara maestria.
Anche nella parte relativa ai combattimenti HDK si comporta egregiamente. Il territorio (desertico o comunque caratterizzato da scenari aridi e brulli) offre sempre scelte interessanti e viene sfruttato molto bene dal gameplay. HDK tiene infatti in considerazione due aspetti: la linea di fuoco e l'altitudine. Senza una linea di fuoco precisa le unità non possono sparare, e se questa linea di fuoco va dall'alto verso il basso l'attaccante riceve un bonus spesso decisivo nel combattimento.
Questo vuol dire che in mezzo a dune, canyon e in generale in uno scenario molto mosso come quello di HDK, si sprecano le possibilità di imboscate e manovre tattiche. Ma non solo: in uno scenario di questo tipo i diversi tipi di unità si mescolano splendidamente e offrono una gestione sempre interessante e avvincente dei conflitti. Le unità si caratterizzano infatti per livelli di armatura, raggio a cui possono colpire, velocità e abilità speciali; vi sono unità che possono usare fumo di copertura ad esempio... e visto che la propria base è una portaerei, è abbastanza ovvio che anche gli aerei sono presenti in HDK e sono anche decisamente devastanti e spettacolari.
Le abilità speciali non sono solo legate al combattimento ma anche ad altri aspetti come il recupero di risorse e la ricognizione. La campagna di HDK racconta la storia di una spedizione militare con mille pericoli e una delle preoccupazioni principali che vi troverete ad affrontare sarà sapere esattamente cosa vi trovate davanti e dove. Quindi droni per la ricognizione e mezzi di terra per la costruzione di strutture temporanee sono fondamentali.
Oltre a questo HDK offre una visuale già sperimentata da titoli come Act of Aggression, ovvero quella dal satellite che mostra l'intero territorio in modo stilizzato e maggiormente efficiente; da qui potrete pianificare le vostre mosse senza dover impazzire col mouse e reimpostare continuamente zoom e angolazione della telecamera. HDK è infatti un gioco piuttosto spettacolare in quanto ad aspetto grafico ma può essere anche piuttosto complesso da gestire quando le unità, amiche e nemiche, iniziano a diventare tante.
Un elemento che ci è piaciuto particolarmente è costituito dal fatto che nella campagna le unità sono persistenti; ciò vuol dire che i sopravvissuti ve li ritroverete disponibili nella missione successiva ed eventuali promozioni di grado rimangono. Questo fatto sblocca tutta una serie di decisioni legate all'opportunità di riparare le unità e di gestirle con una certa cura.
Insomma il gameplay di HDK è decisamente interessante e coinvolgente; riesce nell'arduo compito di farci ricordare le dinamiche dell'Homeworld originale anche nel deserto. Ma non solo, riesce a offrire qualcosa di originale senza stravolgere il genere RTS. Stante poi la veneranda età di chi scrive, un paragone un po' sospetto con l'originale non si è potuto fare a meno di farlo; utilizzare il nome “Homeworld” per un RTS nel deserto potrebbe infatti sembrare, a prima vista, una pratica un po' furbetta.
Tuttavia Deserts of Kharak sta in piedi egregiamente sulle sue gambe, e grazie alle ottime meccaniche di gameplay riesce nell'arduo compito di portare al franchise un ulteriore carico qualitativo che lo impreziosisce ulteriormente senza scopiazzare nulla. L'eredità della serie è stata invece sfruttata egregiamente nella storia che è ben scritta e ottimamente presentata con un misto di stili diversi (tutti ottimamente realizzati) nelle sequenze video. La storia è ben scritta e ottimamente presentata con un misto di stili diversi (tutti ottimamente realizzati) nelle sequenze video. Il parlato è a livelli qualitativi molto alti e anche gli effetti sonori in-game sono spettacolari e molto evocativi.
La colonna sonora merita invece un discorso a parte perché denota un talento non comune sia nella realizzazione che nella contestualizzazione, ovvero nell'essere sempre adatta alla situazione in cui si trova il giocatore. Ne discende un alto 'fattore di epicità' per cui incontrerete molti momenti in cui sarete genuinamente emozionati, sia per la situazione tesa in cui vi trovate, sia per la piega che stanno prendendo gli eventi.
Sul lato della grafica HKD è una gioia per gli occhi. Se lo scenario desertico potrebbe far storcere il naso a qualcuno sappiate che fra dune, tempeste di sabbia, canyon e strutture varie vi troverete di fronte a panorami mozzafiato in cui giocherete con la telecamera all'infinito per scattare foto spettacolari. Nei combattimenti gli effetti speciali si sprecano e la sinergia con gli splendidi effetti sonori crea spesso un tripudio estremamente soddisfacente.
A fronte di una campagna così ben realizzata è un peccato che la modalità skirmish sia una sorta di riempitivo a cui si è deciso di dedicare - è abbastanza evidente - una quantità di risorse infinitamente inferiore. Due sole fazioni, cinque mappe e, come unico bonus la possibilità di decidere i colori delle proprie unità. Il gameplay è sempre interessante (soprattutto quando si tratta di farsi concorrenza nel recuperare gli artefatti) ma si poteva fare decisamente meglio.
La modalità multiplayer segue un po' lo stesso destino con l'aggravante che è al momento piuttosto complesso trovare giocatori. Tuttavia quando si riesce a giocare il gameplay risplende e lo fa ancora di più, se possibile, nella modalità campagna. Tutte le possibilità tattiche creano un'infinità di occasioni per sorprendere l'avversario e impostare ogni volta qualcosa di diverso; a seconda del percorso di ricerca scelto, come in ogni RTS che si rispetti, sarà poi possibile ottenere vantaggi tattici precisi rispetto agli altri giocatori.
Non possiamo prevedere se HDK in multiplayer possa mirare a rientrare tra i titoli da e-sport ma sicuramente si tratta di un gioco in cui è possibile divertirsi molto contro avversari umani, proprio perché il gameplay è architettato in maniera sublime e l'aspetto tecnico lo rende anche una gioia assoluta per gli occhi.
In definitiva HKD è uno strategico di prima qualità in cui la campagna è già un motivo largamente sufficiente per considerare l'acquisto, mentre skirmish e multiplayer possono essere migliorati col continuo supporto del team di sviluppo. Con un titolo del genere in mano sarebbe perlomeno folle non seguirlo adeguatamente, peccato solo per quel prezzo di 46 euro che scoraggerà molti strateghi del computer.