Hunt: Showdown - recensione
Caccia grossa nel selvaggio West!
Ci sono giochi che, quando ne si scrive, ci si sente costretti a pensare a cosa ne decreti il successo. O, più precisamente: da cosa scaturisce il divertimento, l'emozione, l'adrenalina che i migliori titoli riescono a farci vivere anche dopo decine, centinaia di ore?
È una domanda complessa su cui sono già stati scritti molti libri. Dal concetto di 'flow' fino alle teorie che decostruiscono il game design nelle sue mille singole parti, il gioco come attività umana è sotto la lente d'ingrandimento degli studiosi da tempo. Ma invece che partire dalle teorie antropologiche e dalla chimica del cervello umano (comunque due ottimi punti di partenza), è possibile ottenere una seppur parziale risposta anche analizzando un videogame, possibilmente uno che funzioni egregiamente come macchina creatrice di emozioni e divertimento.
Questo è il caso di Hunt: Showdown, il nuovo FPS 'multiplayer only' creato dalla celeberrima Crytek (quelli di Crysys, per intenderci), rimasto in Early Access per un anno e mezzo e da qualche settimana disponibile al pubblico in versione definitiva.
Hunt: Showdown è ambientato nell'Alabama dei film western che tutti conosciamo, ma offre uno 'spin' fantasy-horror deciso, mettendoci nei panni di cacciatori di taglie con obiettivi molto particolari. Non si tratta infatti di uccidere banditi o fuorilegge assortiti, bensì di eliminare orrendi e pericolosissimi mostri le cui tane sono localizzate nelle due diverse mappe che il gioco offre.
Ogni partita nella modalità principale (Bounty Hunter) è ambientata in una mappa in cui sono presenti diverse locazioni, insediamenti umani più o meno sviluppati. In ogni partita possono esserci uno o due boss (dei tre creati da Crytek) e la loro locazione precisa è, all'inizio, sconosciuta.
Per localizzare i boss è necessario raccogliere tre indizi e ogni insediamento sulla mappa ne contiene uno. Ogni volta che ne raccogliete uno una porzione della mappa viene oscurata, a indicare che i boss non sono lì. Al terzo indizio raccolto vi verrà rivelata la locazione precisa del nemico da abbattere.
Sulle mappe sono presenti anche diversi mostri di grado diverso, da semplici zombie facilmente eliminabili ad abomini che vi faranno sudare qualche camicia per eliminarli. I boss sono ovviamente i più complicati da eliminare e richiedono una discreta abilità e/o un'esperienza di parecchie ore.
Hunt: Showdown in questa parte PVE già rivela la sua natura di shooter stealth, ovvero di gioco in cui aprire il fuoco è consigliato solo in situazioni precise ed è comunque, sempre, penalizzante. Il motivo è presto detto: i mostri sulla mappa si attivano solo a contatto visivo ravvicinato (tra i 10 e i 20 metri) e/o causando rumori.
Questo vuol dire che correre, sparare, calpestare ostacoli e in generale emettere rumori, può facilmente creare una reazione a catena in cui vari mostri vi attaccano, voi andate nel panico, aprite il fuoco, altri mostri vi sentono e la situazione precipita. Il potenziale per un disastro del genere c'è sempre, anche dopo 102 ore di gioco, ossia quelle che abbiamo accumulato in Hunt: Showdown...
Quindi l'azione stealth è fondamentale anche perché, lo ripetiamo, i nemici sono assortiti e ve ne sono alcuni dotati di attacchi decisamente fastidiosi. Ora, quanto descritto riguarda la parte PVE, mentre la parte PVP spinge ancora di più sull'acceleratore dello stealth e della strategia. In ogni partita sono presenti fino a dodici giocatori raggruppati in squadre che possono contenere uno, due o tre giocatori (potete comunque disattivare le squadre da tre nelle impostazioni). Quindi voi e i vostri compari lavorerete insieme per recuperare gli indizi ed eliminare i boss... il tutto mentre altre squadre stanno facendo lo stesso.
Questo vuol dire che, generalmente, dal primo indizio in poi, dovrete iniziare a guardarvi in giro e fare attenzione, non solo ai mostri PVE ma anche ad eventuali altri umani. E qui è il caso di spendere qualche parola sul comparto audio di Hunt, uno dei migliori che abbiamo mai visto in un videogioco.
Se non tutto, moltissimo nel mondo di Hunt produce rumore. Sterpaglie calpestate, cocci di vetro, galline in gabbia, papere nei torrenti, corvi, cavalli morenti: questi rumori, oltre a risvegliare mostri PVE allertano potenzialmente altri giocatori umani circa la vostra presenza. Anche gli spari sono ben udibili e localizzabili grazie alla tecnologia audio utilizzata.
Hunt è un gioco in cui vedere un nemico è sicuramente un vantaggio enorme, ma sentirlo è spesso tutto quello che ci è concesso, e per i giocatori migliori questo è sufficiente! Gli scontri contro altri umani sono tesi e incredibilmente emozionanti proprio per questa continua 'fog of war' per cui i player sanno che nascondersi è fondamentale, ma che difficilmente riusciranno a ridurre a zero il rumore che emettono. E un hunter fermo, magari accucciato, è il miglior bersaglio per un headshot...
Questa dinamica PVP è insaporita ulteriormente dalla struttura di gioco, perché se riuscite a eliminare un boss la missione sarà tutt'altro che completata... Anzi, spesso la parte più difficile viene dopo! Ogni boss rilascia infatti, una volta ucciso, due taglie che dovrete raccogliere, per poi fuggire attraverso uno dei punti di fuga sparsi ai lati della mappa. Ma quando siete in possesso delle taglie siete anche visibili sulla mappa e nella visuale in prima persona, tramite un potere che tutti i giocatori hanno, ovvero la capacità di identificare la locazione degli indizi e, appunto, degli hunter in possesso di una taglia.
Questo vi trasforma in prede per tutti gli altri giocatori sulla mappa che, a questo punto, conoscono la vostra posizione e possono immaginare dove state scappando. Questa struttura fa sì che, una volta uccisi i boss, si scatenino fughe frenetiche, inseguimenti, imboscate, depistaggi, separazioni e mille altri trucchi che possono venirvi in mente.
Armi e accessori completano una ricetta che, lo avrete ormai capito, è davvero divertente. Hunt offre un arsenale enorme che va da armi da mischia a fucili di precisione passando per revolver di vario calibro, fucili, dinamite, bottiglie incendiarie, trappole e medikit... Il dettaglio anche in questo frangente del gioco è incredibile, con statistiche differenti e modelli ispezionabili da vicino. E udite udite, è compresa anche la possibilità di ascoltare gli spari delle varie armi da distanze diverse, in modo da allenarvi a riconoscerle in-game.
Le munizioni sono sempre scarse e si trovano sparse sulla mappa, mentre per le armi sarete limitati a quelle che potete comprarvi o a quelle che togliete agli altri hunter che avete ucciso. Anche i soldi sono un problema in Hunt perché con essi si acquistano le armi, ma anche gli hunter quando ne perdete uno in una missione (ucciso in qualsiasi modo) ...e quando perdete un hunter perderete anche le relative armi e le skill che avrete sbloccato con la sua esperienza accumulata. Si tratta di abilità speciali che danno un piccolo vantaggio, senza sbilanciare troppo le chance in vostro favore.
In caso si voglia giocare da soli senza dover affrontare squadre di due giocatori, potete optare per la modalità 'quick play' che pur non essendo divertente ed emozionante come la modalità base, riesce sempre a intrattenere. In questa modalità non sono presenti i boss e l'obiettivo è catturare un'anima dopo averla sbloccata raccogliendo quattro indizi. A questo punto parte un timer e tutti i giocatori conoscono la vostra posizione e cercheranno di eliminarvi per ottenere l'anima. Il giocatore in possesso dell'anima quando il timer arriva al termine vince.
Le ricompense per le vittorie in tutte le modalità sono soldi ed esperienza e ricompensano i giocatori per tutte le attività svolte, ma il gioco non è mai troppo generoso sotto questo punto di vista. E qui veniamo alla difficoltà di Hunt Showdown, non un difetto ma sicuramente una barriera che potrebbe scoraggiare alcuni giocatori. Hunt Showdown è un gioco terribilmente difficile in cui i giocatori skillati abbondano e sono capaci di farvi fuori con un headshot anche a distanze improbabili.
Questo vuol dire che i newbie soffriranno parecchio all'inizio e non c'è alcun modo di girarci intorno se non iniziare subito a giocare in maniera efficiente (magari guardando qualche pro giocare su YouTube) e accumulare ore di esperienza. Una volta raggiunte le cinquanta ore ci siamo sentiti all'altezza di 'giocarcela' con tutti, il che non vuol dire che siamo diventati provetti giocatori, ma che perlomeno abbiamo smesso di essere carne da macello. Quello che invece è un difetto, l'unico che abbiamo riscontrato, è l'assenza di un matchmaking che abbini i giocatori per skill, evitando di mettere insieme principianti con hunter incredibilmente skillati.
L'aspetto estetico è un altro punto forte del gioco di Crytek. Gli ambienti sono incredibilmente dettagliati e gli effetti speciali di acqua, esplosioni, riflessi, ombre, luci vi lasceranno a bocca aperta. Il gioco offre diverse condizioni atmosferiche e ore della giornata, quindi giornate di sole, foschia, nebbia, notte.
Ognuna di queste condizioni nasconde insidie diverse ma anche panorami francamente stupefacenti, soprattutto se potete massimizzare le impostazioni video. Le armi del gioco sono anch'esse incredibilmente dettagliate, e ve ne innamorerete finendo col cercare la vostra preferita e, magari, comprandola anche in versione legendary. Non che questo possa salvarvi dagli headshot dei pro player, ma almeno morirete con stile!
Anche la musica di Hunt Showdown merita una citazione. Il motivo principale vi entrerà nella testa, così da perseguitarvi anche a gioco spento, e persino la seconda melodia vi stupirà per qualità di esecuzione e composizione.
In conclusione Hunt Showdown ci ha convinto, inutile negarlo. Dalla prima ora di gioco si intravede subito il potenziale e progredendo, magari in compagnia di un amico, il divertimento aumenta col risultato che vi troverete in un baleno a tendere imboscate, preparare assalti, fughe frenetiche o difese da assedi nemici.
I difetti del gioco sono... che vorremmo di più di tutto. Più mappe, più armi, più hunter, più modalità. Questo non vuol dire che ci siano poche varianti (le due mappe sono enormi e variegate) ma che, passate le cento ore, vorremmo che un'esperienza del genere non finisse mai e venisse replicata all'infinito. E forse è questo, complicate teorie di gameplay a parte, il marchio indelebile di un gioco ben fatto.