I giochi belli vanno vissuti con calma - editoriale
Con lentezza si può andare oltre.
Ci sono tanti libri nella dimora dei Finch. Libri sugli scaffali. Libri sul pavimento. Libri sulle sedie. Libri sopra le porte. Se riusciamo a trovare la strada per la cucina, passando attraverso pile e pile di libri, naturalmente, scopriremo che anche lì ci sono libri ovunque. Non mi ricordo se ho controllato il lavello ma i libri ci circondano, sono impilati sui piani di lavoro e sparsi sui tavoli.
Per la mia seconda visita alla proprietà dei Finch, mi sono portato una macchina fotografica. Stavo giocando su Steam, a dispetto della mia prima run su PS4, e mi sono messo a fare screenshot a qualsiasi cosa mi saltasse all'occhio e fidatevi che in un gioco come What Remains of Edith Finch salta fuori quasi tutto. Una cosa che ho subito notato durante questo viaggio è stato che i Finch avevano parecchie copie de "L'arcobaleno della gravità". Fin qui nulla di male. Ne possiedo una o due a casa mia, quantità che non si avvicina nemmeno lontanamente a quella presente nello sconclusionato, quanto poco pratico luogo in cui vivono i Finch, in cui non appena si trova un libro, subito sparisce definitivamente, perciò non metto in dubbio che potrebbero averne presi un bel po', soprattutto con tutti quelli che vanno e che vengono.
Perbacco, hanno tantissime copie de "L'arcobaleno della gravità", ma anche un sacco di copie di altri libri: molti "Infinite Jest", molti "The King in Yellow". Questa è stata una piacevole rivelazione. Prima non credevo di stare rovinando qualcosa. Non sentivo di dare poco valore al lavoro dietro la realizzazione di What Remains of Edith Finch. Mi sembrava solo di aver scoperto uno dei tanti trucchetti impiegati per riempire il miracoloso mondo di questo miracoloso gioco. Qualcuno ha messo tutti quei libri su tutti quegli scaffali. A volte ne hanno dovuto copiare qualcuno per farli sembrare di più. Gli sviluppatori sono probabilmente tornati indietro durante il corso dello sviluppo, per essere sicuri che la disposizione dei libri fosse soddisfacente dal punto di vista estetico e per assicurarsi che non ci trovassimo di fronte ad un ammasso di Pynchon o ad una zona piena di David Foster Wallace. Mi piace anche immaginare il momento della creazione: un 3D artist, seduto davanti ad un monitor, che realizza tantissimi libri.
Non ho notato niente di tutto questo la prima volta che ci ho giocato, in parte perché era mia moglie a controllare il personaggio ed io ero seduto troppo distante dallo schermo, ma soprattutto perché eravamo completamente presi dal gioco a quel punto, totalmente travolti dal triste mistero dei Finch, avanzando molto velocemente. La seconda volta che ci ho giocato però, è andata in maniera molto diversa. Il gioco continuava ad essere quello ma lo percepivo come del tutto trasformato, per il semplice fatto che stavo prestando attenzione ai dettagli anziché fermarmi solo alla mera narrazione. Il vero cambiamento però era dovuto anche al fatto che me la stessi prendendo con calma.
Ragazzi, è davvero fantastico godersi un gioco con la giusta calma. E soltanto un certo tipo di titoli può permetterlo. Alcuni giochi sono fatti apposta per la velocità, per sentire le scintille e il rumore dell'asfalto sotto i nostri pneumatici. Non posso dire che non mi piacciano, ma apprezzo anche quei giochi che ci permettono di bighellonare, che ci mostrano, tornando sui nostri passi, una parte di essi che non ci saremmo mai aspettati o qualche dettaglio che aspetta solo di essere scovato da noi.
Quando decidiamo di fare le cose lentamente instauriamo un particolare tipo di relazione con il designer. È quasi come se ottenessimo la sua fiducia, come se ci venissero offerti i codici cheat. "È così che abbiamo riempito l'ambiente con tutti questi libri", ci raccontano gli sviluppatori di Edith Finch attraverso i dettagli che si possono cogliere solo se ci si gioca lentamente. "Ecco come abbiamo fatto in modo che questa piccola torre sembrasse alta", dice Brendon Chung, sviluppatore di Thirty Flights of Loving, un gioco (se così lo si può definire) frenetico e movimentato, ma che noi videogiocatori possiamo decidere di fermare ad un certo punto per osservarne tutti i meravigliosi dettagli, dagli aerei che fanno avanti e indietro e che si affollano dalle finestre dell'aeroporto, alla destinazione WEST EGG che appare sul tabellone delle partenze. Chung tra l'altro ha fatto apparire la piccola torre più alta inserendo delle luci in modo regolare sulle pareti e riducendo poi furtivamente gli spazi vuoti tra le luci man mano che si va avanti. Le nostre percezioni errate fanno il resto.
Non stupisce il fatto che questi due esempi facciano parte di quel genere che spesso definiamo walking simulator. Perché non dovrebbero essere ricchi di dettagli e realizzati per un ritmo da camminata o per un giocatore che ha portato con sé una macchina fotografica? Il fatto è che, se ci si impegna veramente a rallentare, un numero sorprendente di giochi può essere considerato un walking simulator. Ci sono tantissime cose da godere e da scoprire ad esempio in Burnout Paradise, un gioco di corse che ci permette di vagare, di fermarci ad ammirare il paesaggio e di fare cose divertenti, se lo si vuole. Ce ne sono altrettante da godere anche in Grow Up, una volta finita la campagna e presi tutti i cristalli. In questo gioco non è neppure necessario procedere lentamente, dal momento che i cristalli forniscono carburante infinito al jetpack. Il gioco ci suggerisce invece di procedere senza una meta precisa, non prestando attenzione a dove si va e lasciando che il carburante del jetpack ci faccia andare a razzo tra le esplosioni. Ogni luogo visitato offre un meraviglioso quanto seducente indizio su ciò che ci attenderà altrove. Per questo si continua ad andare avanti, unendo i puntini ed accumulando dettagli deliziosi, che sembrano essere stati lasciati lì per noi e noi soltanto. È un gioco con un'aura speciale quello che ci consente di avvicinarci alla scintillante facciata blu di una cascata e di atterrare sulla fredda terra di una grotta che si nasconde dietro di essa.
Forse in questo momento sentiamo il bisogno di rallentare. Un mio collega qualche mese fa mi ha mostrato un video che stava guardando da un po' di tempo: una nave cargo di qualche tipo che trasportava dei container tra i punti luminosi del Mar Cinese Meridionale. Andando al lavoro oggi ho finito l'ultimo sensazionale podcast di S-Town, che narrava la storia di un uomo che vive in una piccola città dell'Alabama. Lo si potrebbe definire come una lenta combustione, piena di digressioni e dettagli che sono stati rivelati soltanto con il passare del tempo e tramite le lunghe riflessioni sviluppate nel corso della narrazione.
Non c'è molta differenza tra S-Town ed Edith Finch. Ve li raccomando caldamente entrambi e non vi porteranno via molto tempo, a meno che ovviamente non scegliate di prenderli con calma.