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I giochi da leggere

Quando il videogame si nasconde tra le righe.

Non è poco, anzi. A volte è più di quanto riescano a ottenere autori di narrativa più impegnata quando mandano alle stampe i loro romanzi. Rimane però difficile, almeno da un punto di vista commerciale, capire le precise ragioni per cui questi libri vengono prodotti.

Un'operazione analoga è stata intrapresa dal colosso britannico Games Workshop con numerosissimi volumi dedicati ai vari aspetti legati all'ambientazione e ai personaggi dei loro celebri giochi di miniature Warhammer e Warhammer 40000. In quel caso, però, è evidente come si tratti di un veicolo che nelle intenzioni della casa editrice dovrebbe creare ancora più interesse intorno al prodotto principale, vale a dire le bellissime, e costosissime, miniature in plastica e metallo.

Questi libri hanno una loro ragione di esistere indipendentemente dal gioco da tavolo, sebbene la conoscenza del background e dei personaggi ne aumenti a dismisura il piacere, e possono dirsi scritti con uguale sincerità. Una morale o un significato, in effetti, non devono per forza prescindere da un contesto fantasy o fantascientifico. Nel dubbio si possono consultare le opere di Tolkien, Asimov e infiniti altri.

Un romanzo è l'occasione per esplorare il contesto di un videogame e affrontarlo con maggiore consapevolezza.

Nel caso del romanzo tratto dal videogioco, però, è difficile immaginare che la lettura di un libro possa rappresentare uno stimolo all'acquisto del gioco stesso, che qualcuno possa comprare, per fare un esempio, un romanzo su Mass Effect senza che ci sia alla base un minimo di conoscenza sul comandante Shepard, la Normandy e così via.

Questo porterebbe a pensare che chi ha acquistato il romanzo Revelation abbia prima giocato Mass Effect. Per quale ragione avrebbe dovuto sentirne l'esigenza?

Beh, perché Shepard è un grande personaggio, perché la trama di Mass Effect ha mille diramazioni inesplorate e magari una volta giunti alla fine del gioco viene la voglia di saperne di più, di immergersi ancora un po' in quei luoghi da un punto di vista diverso o semplicemente di scoprire particolari inediti sulla strepitosa Jack, sull'assassino Thane o su Shepard stesso.

Dovrebbe fare riflettere anche il fatto che dopo decenni di debito culturale nei confronti di altri media, il cinema su tutti ma anche la letteratura, il mondo dei videogiochi cominci in parte a restituire questo debito sotto forma di idee non solo per romanzi ispirati ai personaggi che lo popolano, ma anche a film, più o meno riusciti, che ne ricalcano le trame.

Se questo avviene significa che alla base ci sono delle idee. Ci sono trame solide, personaggi intriganti e ambientazioni con un certo fascino e di questo bisogna ringraziare gli sceneggiatori che hanno deciso di prestare il proprio talento a un media diverso da quello tradizionale cinematografico o televisivo.

Il romanzo, insomma, sembrerebbe essere più un prolungamento del piacere che non un mezzo commerciale per promuovere l'acquisto di un gioco. È un po' come dire: "Ti è piaciuto giocare Mass Effect? Leggendo il romanzo puoi scoprire altre cose". Il che è molto diverso dal dire "Se leggi il romanzo poi ti verrà voglia di comprare il gioco", malgrado anche questo possa comunque succedere.

Forse questa riflessione non sarà sufficiente per affermare che il videogioco rappresenta un invito alla lettura, ma almeno dovrebbe rappresentare un buon argomento per sostenere che se in Italia si vendono pochi libri, le cause sono da ricercarsi altrove.

Avatar di Mike Ortolani
Mike Ortolani: Dopo un passato di musicista, incontra il buon Silvestri che lo coinvolge con Eurogamer. Mike ne è entusiasta, ma nel suo animo è ancora abbastanza sicuro di essere un musicista.
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