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Il corriere (The Mule) - recensione

Uno dei film più belli di Clint Eastwood, forse un indimenticabile commiato.

Siamo qui riuniti per parlare del nuovo film di Clint Eastwood, da lui diretto e interpretato, che racconta una storia vera, quella di Leo Sharp, che deve averlo attratto non poco. Un personaggio roccioso come lui, burbero, inviso alle correttezze politiche dei giorni nostri, avverso alle novità tecnologiche, un tipico individualista americano, abituato a risolvere da solo i propri problemi.

Del resto l'America è un padre senza indulgenza, che storce la bocca quando mette il figlio alla prova e lo vede sbagliare, condannandolo così alla sconfitta, e che fomenta ad arte quell'individualismo estremo che rende degno di merito chi nella vita ce la fa. Se non ci si riesce si può accusare solo se stessi e da soli cercare una soluzione. E chi sbaglia, paga.

La sceneggiatura di Il corriere (The Mule) è di Nick Schenk (Gran Torino, Narcos, Manhunt: Unabomber) ed è tratta dall'articolo del giornalista Sam Dolnick, pubblicato sul New York Times. La storia si riassume velocemente: nel 2005 Earl Stone, un anziano veterano della Seconda Guerra Mondiale, è un floricultore di successo, così appassionato della sua arte da avere trascurato la famiglia per trent'anni (o almeno questa è la scusa che lui si racconta).

Una decina di anni dopo tutto è finito: la crisi e l'arrivo di internet hanno ammazzato la sua attività; la casa è stata pignorata e non gli resta che uno scassato pick up Ford. Per risolvere i suoi problemi finanziari, non trova di meglio che mettersi a fare corrierate di droga per un cartello di narcotraffico, uno dei tanti "muli" che spostano la roba da uno stato all'altro.

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Non ha dubbi morali, etici, non pensa nemmeno lontanamente di essere beccato dalla Polizia (mai preso nemmeno una multa in tutta la sua vita). I soldi che porta a casa, tantissimi, sono sporchi ma una volta impiegati per pagare il matrimonio della nipote, per riprendersi la casa dalla banca e per aiutare amici in difficoltà, diventano pulitissimi. E in fondo Earl torna a vivere, da vecchio invisibile che era diventato.

I narcos lo hanno in simpatia, per la stranezza della situazione, per i suoi anticonformisti modi di fare, i viaggi vanno a gonfie vele ed Earl sembra riacquistare quel posto nella società che aveva perduto. Ma lo spostamento di simili carichi desta inevitabilmente l'attenzione della DEA, della squadra del detective Colin Bates (un pacato Bradley Cooper, sempre plausibile), mentre nuove leve di trafficanti si fanno avanti a conquistare il loro posto al sole e le cose cominciano a non andare più tanto lisce.

Earl si è sentito fiero di avere sistemato le cose per se stesso e per i suoi cari, si è goduto la soddisfazione di entrare nelle grazie di personaggi strani e pericolosi, ha avuto l'illusione di condurre un gioco eccitante, concedendosi anche qualche passaggio con ragazze molto calienti in ambienti di cinematografico sfarzo.

Quando il padrone di casa diventa una banca...

Lui non è un drogato del rischio come Barry Seal (film omonimo), non è uno che vuole diventare ricco divertendosi come George Jung, il protagonista di Blow, o come i ragazzi di Laguna Beach ne Le Belve di Oliver Stone, né una casalinga disperata come nella serie tv Good Girls. Non è un Dottor Nice e nemmeno un rampante Counselor in delirio di onnipotenza.

"Tata" (questo il suo soprannome nell'ambiente) non è uno che vuole scalare le vette del potere, sa di essere un umile "mulo" ma gode nello stupire chi lo sottovaluta, chi non lo prende sul serio data l'età. Perché un tempo è stato un vincitore, un imprenditore di successo, un uomo ammirato e corteggiato. Ma è il primo a sapere che non può durate in eterno. Niente e nessuno dura in eterno.

Clint Eastwood, classe 1930, è attore, regista, sceneggiatore, produttore, musicista e compositore, pure ex-sindaco, un repubblicano conservatore con sprazzi illuminati (lui si definisce libertario). Sulla piazza artistica dal 1955, è divenuto famoso solo nel 1964 grazie agli spaghetti western di Sergio Leone (allora così dispregiativamente definiti). Era stato sempre giudicato un vero cane come attore dai blasonati critici di allora (girava la famosa battuta sulle sue tre espressioni: una col sigaro, una col cappello e una senza).

La famiglia non si dimostrerà comprensiva.

Tornato a lavorare negli USA, aveva proseguito una carriera onorevole, diretto da registi come Joshua Logan, Ted Post e Michael Cimino, stringendo un vero sodalizio con Don Siegel. Ed era assurto a nuova fama negli anni '70 grazie alla serie dei film Dirty Harry, a quei tempi definiti sbrigativamente 'fascisti' da critici inviperiti, così come era inviso tutto il filone dei vari Giustizieri. Ci sono voluti anni perché Eastwood riguadagnasse i favori della critica (quelli del pubblico dubitiamo li abbia mai persi).

Nel 1971 si è cimentato nella regia con il thriller 'Brivido nella notte', proseguendo poi a farsi le ossa con film commerciali che giravano sempre intorno a una tipologia di personaggio, quasi se li ritagliasse addosso. Per arrivare a farsi notare con la regia di 'Cacciatore bianco, cuore nero' e poi con 'Gli spietati' nel 1992, disilluso, tragico western che definire crepuscolare è un eufemismo. Lì è iniziato l'innamoramento della critica internazionale nei suoi confronti. Intanto anche in Italia nuove generazioni di spettatori nascevano e anche di futuri critici. I quali, al netto delle obsolete polemiche, lo hanno subito adorato, talvolta anche con eccessivo slancio, giurandogli eterno amore pure in presenza di film che proprio capolavori non tutti erano.

Nei suoi film più recenti, Clint si è dedicato ai dimenticati dal Sogno Americano in 'Million Dollar Baby', toccando il tema spinosissimo dell'eutanasia, dopo ha realizzato due film sulla disumanità della guerra ('Flags of our fathers' e 'Letters from Iwo Jima'), ha poi raccontato un'altra storia di umili che il sistema cerca di schiacciare in 'Changelig' e si è occupato del problema dell'immigrazione, dell'integrazione razziale in 'Gran Torino' e anche con 'Invictus', bel film che quasi di sbieco raccontava di Nelson Mandela e dell'apartheid.

Bradley Cooper vestirà i panni di un agente della DEA.

E poi ha virato sul mistico consolatorio con Hereafter', seguito dalla biografia edulcorata di J. Edgar, passando poi a una storia da piccolo sogno americano anni '60 con 'Jersey Boys' e un incubo americano del nuovo millennio con 'American Sniper', per arrivare al più recente 'Sully', bel film su un uomo come tanti che può essere un eroe, così come i soldati in licenza di 'Ore 15:17- Attacco al treno', film di un anno fa, che ha messo a dura prova anche i fan più accaniti, non solo per la pochezza della storia ma proprio per una regia che tradiva la qualità di tanti lavori precedenti.

Oggi il ricordo e la delusione vengono cancellati in un istante. Oggi Clint Eastwood ci mostra e si mostra in questa nuova storia, che sembra ritagliata su di lui, sull'attore, sul regista, sull'uomo, regalandoci uno dei suoi film migliori. Clint Eastwood attraversa il film con lievità, il corpo esile incurvato dal tempo, i capelli radi, il viso rugoso ma sempre con la grazia di chi ricorda bene di essere stato altissimo e bellissimo e molto amato dalle donne. Nessun rimpianto se questo dovesse essere il suo ultimo film: come regista e come attore non potevamo aspettarci performance migliore, in un film che disegna la parabola conclusiva di un modo di vivere, di una carriera, di una vita.

Questa altalena di giudizi suscitati negli anni, l'empatia/ripulsa che proviamo alternativamente nei confronti di questo autore, di questo personaggio, sembra riflettere i sentimenti che abbiamo provato negli ultimi 60/70 anni nei confronti degli Stati Uniti, che sono venuti a salvare dal nazifascismo i nostri nonni e i nostri padri, che poi si sono fatti odiare per il Vietnam mentre in contemporanea si riscriveva tutto il mito della Frontiera, mentre John Wayne da eroe diventava odioso prevaricatore.

Il sogno di ritrovare il tempo perduto.

Poi hanno organizzato golpe in Sud America e hanno cominciato a devastare il Medio Oriente, ma ci hanno sconvolto e reso partecipi con l'11 settembre, per poi continuare a raccontare bugie atteggiandosi a poliziotti del mondo. E hanno sparato a due Kennedy e a Martin Luther King, e mandando però alla Casa Bianca per due mandati uno che si chiama Barak Hussein Obama. Ma hanno avuto Reagan, Bush e oggi Trump. Che hanno lottato contro i muri e adesso ne vogliono erigere di nuovi.

Che ci hanno dato quanto a letteratura, musica, cinema e fumetti, la maggior parte del nostro immaginario. Così ci ritroviamo a volte a detestare qualcosa che fa parte del nostro DNA. E ci fa arrabbiare quando Clint fa un brutto film e ci rende felici se è bello come questo, come fosse ogni volta la conferma della validità di un amore o la sua negazione. Quante cose solo per parlare di un film. Ma è questo il bello del cinema.