Il crowdfunding delle grandi aziende potrebbe non essere un male - articolo
Il programma 'First Flight' di Sony pone questioni etiche ma potrebbe creare prodotti migliori.
Il fenomeno del crowdfunding è ormai da tempo alla ricerca di un'identità precisa, per capire come possa coniugarsi al meglio con le dinamiche, le pratiche e i business model di un'industria complicata come quella dei videogame. In questi ultimi tempi, Sony è stata particolarmente attiva in questo settore e dopo la presentazione di Shenmue 3 come progetto Kickstarter allo scorso E3, ha annunciato qualche settimana fa di voler lanciare una nuova piattaforma di crowdfunding, per consentire ai suoi team interni più piccoli di testare il mercato con idee originali e innovative.
In un certo senso è la prosecuzione di un processo ormai innescato da tempo. Inizialmente tutti noi eravamo diffidenti nei confronti del crowdfunding, una piattaforma usata principalmente da illustri sconosciuti che chiedevano soldi per sviluppare titoli dall'esito incerto. Poi abbiamo cominciato ad abituarci a vedere importanti sviluppatori di un tempo impiegare Kickstarter per resuscitare vecchi titoli amati dai fan più hardcore, liberandosi dai vincoli e dalle imposizioni tipici dello sviluppo tripla-A. Ora ci troviamo a fronteggiare il successivo passo: riusciremo ad accettare il fatto che a mettere le mani nel crowdfunding siano anche i publisher tradizionali?
Non voglio sminuire i risvolti etici che la questione solleva. Il pubblico ha accettato molto in fretta l'impiego del crowdfunding da parte delle vecchie glorie dello sviluppo proprio perché, in parte, consentiva loro di sfuggire alle grinfie dei publisher e delle loro politiche ammazza-creatività. Quindi è normale che se ora le stesse corporation si presentano alla festa, la musica si interrompa e tutti comincino a guardarsi intorno perplessi: non solo nessuno le ha invitate ma il party era stato organizzato proprio per tagliarle fuori.
Allo stesso tempo, Sony non ha fatto ancora nulla di sbagliato con il crowdfunding. Alcune voci su Internet sono state fortemente critiche nei confronti della campagna di finanziamento lanciata per Shenmue III ma si tratta di una reazione esagerata. Sony non ha la proprietà del franchise di Shenmue ma ha supportato questo seguito sin dall'inizio, offrendo con ogni probabilità la parte più corposa dei fondi necessari per lo sviluppo.
Non solo: ha anche offerto agli sviluppatori un palco di grande pregio da cui lanciare la campagna Kickstarter, attraverso cui raccogliere la cifra residua. Cosa ancora più importante, soprattutto per un titolo ormai assente dal mercato da lunghissimo tempo, Kickstarter ha fornito un modo per sondare la reazione del pubblico e confermare che ci sono ancora molte persone desiderose di acquistare (o finanziare) il gioco.
La risposta più comune a tutto ciò è: "ok, ma Sony avrebbe dovuto farsi carico da sola del rischio e finanziare il progetto interamente, senza Kickstarter!" Lo stesso argomento viene sollevato anche riguardo la più recente iniziativa di crowdfunding firmata da Sony, First Flight. Si tratta di una logica stranamente contorta: ovviamente tutti noi vogliamo che le corporation si prendano dei rischi per favorire la creatività ma un uomo d'affari che s'imbarchi in un progetto rischioso in modo istintivo, senza usare tutti gli strumenti disponibili per sondare le reazioni del pubblico, non sarebbe un imprenditore illuminato, bensì un irresponsabile. Prendersi dei rischi fa parte del mestiere ma va comunque fatto in modo equilibrato e ragionato, altrimenti non si tratta di 'coraggio' ma di spregiudicatezza.
Il crowdfunding, nelle mani di un'azienda come Sony, non riguarda semplicemente il discorso economico. Ad una corporation così grande non mancano certo quei pochi milioni di dollari necessari a finanziare lo sviluppo di nuove idee, anche quelle più improbabili. Il vero obiettivo è quello di raccogliere dati, sondare il pubblico prima d'imbarcarsi in una nuova iniziativa, conoscere il parere di quegli utenti che "votano" coi propri soldi e quindi evitare di mettere in produzione oggetti che poi si riveleranno un fallimento totale (come appunto il Rolly), dando al tempo stesso una chance alle idee originali e apprezzate di trasformarsi in realtà.
I soldi versati su una piattaforma come Kickstarter significano molto di più di un semplice bottone cliccato su qualcosa come Steam Greenlight, come sa benissimo chiunque abbia esperienza nel realizzare esperimenti economici simili (perché di ciò si tratta). L'indicazione che proviene dagli utenti disposti a impegnare realmente il loro denaro è enormemente più significativa del semplice supporto derivato dalla pressione di quello che fondamentalmente è un tasto "like" glorificato.
In altre parole, per Sony e le altre corporation intenzionate a fare esperimenti con il crowdfunding, l'opportunità più interessante non è quella di raccogliere anticipatamente il denaro degli utenti, bensì ottenere dati di mercato preziosissimi su mercati che ancora non esistono. Quando non si vuole creare niente di innovativo ma copiare semplicemente i titoli degli altri publisher, allora si possono prendere questi ultimi come metro di paragone per la performance attesa del proprio prodotto e concludere così l'analisi di mercato.
Se invece si vuole realizzare qualcosa di creativo e originale, con la speranza di creare un nuovo genere o intercettare un nuovo pubblico, ciò significa lanciarsi in un territorio completamente inesplorato e privo di dati. Secondo voi perché i publisher (e le corporation in generale) sono talmente avversi al rischio da non innovare praticamente mai? Perché l'attuale industria dell'intrattenimento si basa sul meccanismo dei sequel infiniti e dei reboot?
Il motivo è che per tutte queste cose esistono già dei dati che consentono di stimare le vendite future: la situazione opposta, ossia un foglio bianco e tante incognite, è ciò che terrorizza di più ogni azienda. Il crowdfunding aiuta a risolvere questo problema: consente alle persone con idee interessanti e creative di alzarsi durante una riunione e dire "beh, questo è il prodotto che abbiamo in mente e questi sono i dati che confermano che il pubblico lo comprerà."
Ammetto che questo non risponda all'interrogativo etico: dobbiamo accettare di buon grado che i publisher entrino a gamba tesa su una piattaforma che era stata creata specificamente per essere al di fuori della loro influenza? Anche se ciò aiutasse le grandi aziende a creare titoli migliori e a favorire maggiormente le idee originali e innovative (un risultato senz'altro positivo) capisco comunque senza esitazioni coloro i quali dovessero essere infastiditi da questa "ingerenza".
C'è però un'altra considerazione che dovremmo aggiungere al piatto. Una ragione per cui ci si oppone al crowdfunding sponsorizzato dalle grandi aziende è l'idea che questo possa sottrarre soldi a coloro i quali ne avrebbero più bisogno: i piccoli sviluppatori indipendenti, che una volta entrate in gioco le grandi corporation potrebbero essere - nuovamente - schiacciati ed estromessi dal giro.
È una preoccupazione sensata ma somiglia molto all'argomento già sollevato quando furono le "vecchie glorie" dello sviluppo ad affacciarsi sulla piattaforma, togliendo attenzione agli studi del tutto sconosciuti e indipendenti. Alla fine dei conti, invece, l'accesso di questi ultimi alla piattaforma ha stimolato un effetto positivo per tutti: la presenza di nomi famosi ha infatti coinvolto fasce di pubblico sempre più ampie, che una volta fatta l'abitudine al concetto di crowdfunding hanno continuato a supportare altri progetti, di ogni natura.
L'arrivo delle grandi corporation nel mondo del crowdfunding forse non avrà un impatto altrettanto positivo ma in assenza di dati che indichino il contrario non si può nemmeno pensare che sia dannoso a priori. Inoltre, che ci piaccia o meno, la cosa sta già avvenendo. Sony non è la prima azienda a prendere iniziative del genere (Square Enix, a mia memoria, l'ha preceduta) e non sarà neppure l'ultima. Nuove piattaforme di crowdfunding nasceranno e il nostro compito sarà quello di osservarle attentamente: se il risultato sarà quello di schiacciare l'ondata di creatività che abbiamo osservato grazie a Kickstarter, IndieGoGo e simili, allora sarà necessaria una reazione immediata da parte del pubblico.
Al tempo stesso, non dobbiamo pensare automaticamente al peggio. Da anni ci lamentiamo del fatto che i publisher non ascoltino la voce dei gamer: adesso, scegliendo di finanziare o meno i loro progetti di crowdfunding, potremo finalmente farci sentire.