Il disastro (non) annunciato di Fallout 76 - editoriale
Dall'annuncio al lancio, il più grande passo falso di Bethesda Game Studios.
"Fallout 76 sfrutterà un nuovo motore di rendering per ottenere un livello di dettaglio grafico 16 volte superiore rispetto a Fallout 4". Queste sono state le prime parole pronunciate da Todd Howard una volta terminato il video di presentazione di Fallout 76, titolo che, di lì a pochi mesi, si sarebbe rivelato il peggio recepito nell'intera storia di Bethesda Game Studios, vantando una media attorno ai 50/100 su Metacritic.
Ma come è possibile che una software house tanto amata, forte di un sentiment della community quasi illibato e reduce da produzioni capaci di macinare un record dietro l'altro, si sia ritrovata a dover adottare pesanti misure di damage control dopo un trentennio di relativa tranquillità?
Iniziamo con una constatazione: abbiamo tutti un amico, un conoscente o un compagno di giochi che almeno una volta ha sussurrato alle nostre orecchie qualcosa come: "Skyrim è fantastico ma ti immagini quanto sarebbe bello se ci fosse una modalità cooperativa?". Una simile domanda non può fare altro che spaccare la community: da un lato, numerosi fan di vecchia data inorridiscono di fronte alla plausibile snaturazione della storica filosofia adottata dallo sviluppatore, intrecciata con la stessa anima degli RPG in giocatore singolo. D'altra parte, il pubblico moderno brama disperatamente la condivisione dell'esperienza, e l'incisività del comparto multigiocatore al momento dell'acquisto è evidente dopo un semplice sguardo a qualsiasi classifica di vendita software.
Quale strada percorrere? Ha senso rimanere ancorati alle aspettative dell'utenza fidelizzata, ignorando al tempo stesso quella che appare come una gigantesca fetta di mercato? Si tratta di un dilemma simile a quello che ha caratterizzato la preproduzione di Diablo: Immortal e, in entrambi i casi, la soluzione proposta non ha convinto la parte più vocale delle community. Fallout 76, dunque, è cresciuto sotto una cattiva stella fin dal momento dell'annuncio: la sua stessa esistenza rappresentava una minaccia per quei principi e quell'etica aziendale che, per gran parte dell'utenza, erano intoccabili capisaldi della filosofia alla base del game design.
Del resto, è ormai necessario fare i conti con un'industry alla costante ricerca di fonti di guadagno sul lungo periodo. Esaurita questa premessa, vale la pena fare un'annotazione prettamente personale: state leggendo le parole di un grandissimo fan delle opere di Arkane Studios. Considero Prey e Dishonored esperienze estremamente vicine al confine della perfezione ludica, eppure si tratta di titoli che, una release dopo l'altra, non riescono a dimostrarsi all'altezza delle aspettative di vendita; Prey, ad esempio, a gennaio 2018 aveva piazzato poco meno di 3 milioni di copie.
Qualora Zenimax non dovesse riuscire a trovare una fonte di introiti efficace, continuerà ugualmente la sua filantropica opera di sostegno a questo genere di produzioni? In sostanza, credo che il semplice tentativo di ingresso nell'universo dei Game as a Service non costituisca di per sé un elemento discriminante per il prodotto. Proprio per questo motivo, tuttavia, è lecito porsi un'altra domanda: com'è possibile che un colosso come Zenimax non abbia ancora pensato alla realizzazione di un "titolo evento" che riesca a coniugare l'expertise nell'ambito dello shooting di id Software, il geniale level design di Arkane e l'innegabile talento autoriale di Bethesda? Quale capolavoro ci troveremmo di fronte in seguito ad una collaborazione di tale entità?
Purtroppo si tratta di semplici fantasie e, lo scorso novembre, ci siamo dovuti confrontare con un Fallout 76 che si è rivelato un disastro sotto tanti, troppi punti di vista. Su tutti spicca il comparto tecnico: le radici del Creation Engine scavano in profondità e arrivano fino al giurassico Gamebryo di Morrowind per stessa ammissione di Doug Mellencamp, Studio Director di Bethesda Austin, che ha riconosciuto parte di quel codice nel corso dell'opera di adattamento.
Nonostante il battesimo del Creation Engine risalga "appena" al 2011, è evidente che i problemi riscontrati nelle produzioni dei primi anni '90 siano sopravvissuti fino ad oggi. L'anzianità, poi, non è altro che un capro espiatorio: non bisogna dimenticare che il RAGE Engine, utilizzato da Rockstar Studios per sviluppare Red Dead Redemption 2, è stato adoperato fin dal 2006, ben cinque anni prima del debutto del Creation.
Allo stesso modo, è sbagliato indicare gli strumenti impiegati nel processo produttivo come unici responsabili dei difetti strutturali: l'attaccatissimo Netimmerse-Gamebryo ha dato i natali a titoli come Civilization IV, Catherine e Bully, mentre il motore fisico Havok si è ritagliato uno spazio tra le stelle, avendo regolato opere come Half-Life, Dark Souls e The Legend of Zelda: Breath of the Wild.
Perché, dunque, il motore di gioco di Bethesda non appare minimamente migliorato rispetto a Fallout 4? Perché Chris Mayer e Doug Mellencamp degli ex BattleCry Studios hanno supervisionato un semplice lavoro di "retrofitting", tentando di tagliare e cucire il codice di Fallout 4 attorno all'ecosistema del multigiocatore, prendendo a modello il netcode di Quake e adattando l'amalgama alle nuove meccaniche.
Lo stesso Emil Pagliarulo, storico Design Director di Bethesda, ha dichiarato che la separazione tra le singole entità legate al questing, ai giocatori e alle ambientazioni presenta di per sé grossi problemi a livello di coding, e ha affermato che "c'è una ragione se [noi di Bethesda] non abbiamo mai perseguito il multiplayer prima di Fallout 76". In un simile scenario, la qualità delle texture rappresentava l'ultimo dei problemi per gli sviluppatori, costretti addirittura a limitare lo spazio nel deposito per non sovraccaricare la West Virginia post-apocalittica.
Eppure, Todd Howard non si è fatto problemi ad annunciare che il mondo di gioco non sarebbe stato solamente più grande ma addirittura più dettagliato, sfruttando tecnologie che avrebbero costituito la spina dorsale dei progetti futuri: dal sistema di propagazione delle foreste, passando per l'illuminazione dinamica, per arrivare infine alle nuove, complesse animazioni dei nemici.
Se non fosse che, proprio LA SCORSA settimana, un data miner ha scoperto che gli attacchi delle Bestie Ardenti nascondono stralci di codice legati alla regolamentazione del comportamento dei draghi su Skyrim, oltre a numerosi altri copia-incolla ereditati dalle precedenti release.
Insomma, i difetti strutturali hanno iniziato lentamente ad intrecciarsi con le incomprensioni a livello di comunicazione, a partire da quegli "spettacolari bug" annunciati al lancio della B.E.T.A. e mal digeriti da una community ormai stanca di sfruttare l'impianto di modding per risolvere i problemi dei titoli più recenti.
Mentre gli entusiasti del sistema di crafting facevano i conti con la scomparsa del proprio C.A.M.P, gli aficionados della componente narrativa si scontravano con terminali ed olonastri che, pur riuscendo ad aggiungere note di sapore alla caratterizzazione dell'Appalachia, eliminavano di fatto la componente ruolistica e interattiva, senza che il comparto multigiocatore fosse rifinito al punto da prenderne il posto.
L'effettivo valore dell'esperienza è una tematica già trattata in sede di recensione, tuttavia, trovandoci ormai in fasi avanzate dell'analisi, ci siamo resi conto che nemmeno la scrittura riesce ad avvicinarsi a un qualsiasi genere di conclusione. L'intera filosofia di game design si risolve in uno scheletro dell'universo di Fallout, senza poter contare neppure su un epilogo parziale, riducendo il titolo ad un surrogato tripla A delle esperienze survival che hanno caratterizzato l'ecosistema early access nel corso degli ultimi anni.
Chris Mayer sostiene, ed è un'idea condivisibile, che "i Live Games vivono e muoiono a seconda della frequenza con cui vengono aggiornati" e "solamente riuscendo a mantenere un equilibrio tra piccoli costanti tweak e grosse fette di contenuti", si arriva ad ottenere il massimo risultato. Tuttavia, a oltre due settimane dal lancio, non abbiamo ancora potuto vedere una reale roadmap al di fuori di quelle destinate a risolvere i problemi che minano la stabilità delle fondamenta, introducendo correzioni per i numerosi bug e feature che già dovevano essere presenti nel prodotto finito.
La necessità di un lavoro di restauro in pieno stile No Man's Sky si è palesata ben prima del day one e, verosimilmente, farà slittare le iniezioni di contenuti previste per il futuro, mettendo a rischio proprio quei giocatori che, a differenza della massa, stavano apprezzando le meccaniche alla base di Fallout 76.
Tutta questa serie di problematiche si traduce nell'impossibilità, perlomeno momentanea, di realizzare un sistema di monetizzazione efficace nel lungo periodo. Gli utenti di Reddit, inoltre, hanno recentemente scoperto che il meccanismo di rimborso del Bethesda Launcher è stato bloccato e, qualora si tentasse di agire tramite la propria carta di credito, si andrebbe incontro al ban da parte dell'applicazione.
Come se non bastasse, i possessori della Collector's Edition si sono resi conto che la pubblicizzata borsa di tela era stata sostituita con una più dozzinale versione in nylon, mentre molti acquirenti della spettacolare Power Armor Edition hanno riscontrato più di un problema con le funzionalità dell'elmo presente nella confezione.
La domanda è lecita: si tratta di questioni che sarebbero sorte ugualmente se il titolo si fosse rivelato un successo commerciale? Avremmo pubblicato questo articolo se non ci trovassimo nel fitto di un clamoroso scenario di backlash? Che si tratti di cavalcare l'onda o meno, la release di Fallout 76 è senza dubbio la peggio recepita nella storia di Bethesda Game Studios, e ogni giorno sembrano emergere nuove criticità.
Non possiamo fare altro che darvi un consiglio: non prendetevela con Bethesda perché ha tentato una sortita nell'ormai indispensabile universo dei Games as a Service; piuttosto, prendetevela con il prodotto finito, proprio perché Bethesda Game Studios ci ha abituati a ben altro nel corso degli ultimi trent'anni.