Il gioco è cambiato - editoriale
Il difficile rapporto con i publisher, i giocatori e noi stessi.
(In un sito di videogiochi le opinioni che è possibile leggere sono solitamente due: della redazione e dei lettori. In questa equazione manca però una variabile altrettanto se non più importante, rappresentata da chi i videogiochi li fa. Michele Caletti, R&D programmer di Milestone, coi suoi editoriali arricchirà Eurogamer.it con un punto di vista terzo, che andrà a colmare questa lacuna. Buona lettura! ndSS)
Lo strano anno di Electronic Arts inizia probabilmente in Marzo, quando viene pubblicato Mass Effect Andromeda. Molto atteso dai fan della serie, entro pochi giorni diventa fonte inesauribile di critiche a causa alle animazioni dei volti dei personaggi, che vengono violentemente attaccate per la loro scarsa qualità. I cambiamenti alla formula rodata del gameplay, la trama, e gli altri aspetti tecnici passano in secondo piano, il gioco verrà sbeffeggiato senza sosta per settimane. È il primo esempio, nel corso di questo 2017, di un reale e forte scollamento tra pubblico e publisher, ma anche tra pubblico e critica, in una certa misura. Ma il meglio deve ancora venire.
Il 17 ottobre viene ufficialmente chiusa Visceral Games, che aveva sviluppato la serie di Dead Space, amata dai fan per il suo brutale livello di sfida ed il setting fantascientifico fuori dai canoni. Le dichiarazioni di EA, probabilmente mosse da un genuino desiderio di fare chiarezza sull'accaduto, infiammano la rete. Si parla di giochi "troppo lineari" e "non sufficientemente remunerativi". Purtroppo sono appunto i Dead Space che la critica ha apprezzato, e che molti giocatori portano in palmo di mano. Idealmente, un solco si sta tracciando tra EA ed il suo pubblico: il colosso non sarebbe più interessato a produrre titoli per gli hardcore gamers, che prendono la notizia come uno schiaffo in pieno viso.
Avanziamo di un mese esatto: il 17 novembre viene pubblicato Star Wars Battlefront II ma la sua parabola era già iniziata settimane prima. Le copie stampa stavano circolando da alcuni giorni e l'area più discussa non era la nuova campagna single player o la notevole qualità visiva, ma il sistema di reward in game, collegato ai ben noti loot-box. Il 12 novembre un post su Reddit, che aveva avuto risposta ufficiale dal team PR di EA, batte il record di downvote sulla piattaforma con 674.000 pollici versi.
Entro fine novembre le azioni di EA perdono un valore pari a 3 miliardi di dollari. BattleFront II, su piattaforma PC ha ad oggi un punteggio Metacritic, record negativo assoluto, di 0.9 su 100. Qualcosa di molto grosso si è rotto e nessuno ha saputo prevedere o frenare il montante malcontento del pubblico, e soprattutto le sue distruttive conseguenze. Ma pensare che il problema sia limitato a Electronic Arts sarebbe inesatto.
Spostiamoci in un territorio del tutto diverso: il 18 ottobre è finalmente disponibile Gran Turismo Sport, ma Kazunori Yamauchi ha in serbo qualcosa di molto diverso dalla solita ricetta. Il nuovo GT è sostanzialmente privo di modalità single player, abbraccia totalmente la filosofia degli eSport con competizioni online strettamente basate, per l'accesso, su punteggi di abilità e fair play, e non effettua salvataggi in locale, rendendo il gioco sostanzialmente inutilizzabile senza una connessione.
Qui l'audience si è spaccata: i social networks vengono invasi da proteste e pareri negativi più o meno veementi ma la stampa specializzata, pur evidenziando alcuni problemi, promuove il titolo. Molti giocatori si sentono traditi e indirizzano la propria frustrazione verso chi invece gradisce il gioco. Nella spasmodica ricerca di un porto sicuro eleggono a personale punto di riferimento del settore altri giochi, ovviamente senza unanime consenso, tranne che su una cosa: il peggior epiteto che si possa affibbiare ad un racing game nel 2017 è "arcade", pare.
Chiudiamo questa panoramica con un esempio del tutto differente: il 21 dicembre esce dall'early access Playerunknown's Battlegrounds. È anche disponibile su Xbox One, ed è usato per dimostrare la muscolare potenza di Xbox One X. Per molti la sua parabola è uno di quegli episodi non classificabili e non pianificabili nell'industria del videogame: pur con contenuti limitati, un comparto tecnico discutibile e un aspetto non esattamente di rilievo anche sulla console ammiraglia di Microsoft, ha il rispettabile numero di oltre 26 milioni copie vendute, solo su PC. Non male per un gioco che fino a pochi giorni fa non era ancora stato rilasciato come "completo".
Cosa sta succedendo? La chiave di lettura più semplice è che i giocatori stiano premiando (o affossando) titoli, sviluppatori, e publisher senza timori reverenziali o grandi preconcetti per nomi nuovi che si affacciano sulla scena. Hanno tutti gli strumenti per poter giudicare, dalle beta pubbliche all'early access, fino a ore di contenuti disponibili su youtube a ridosso o addirittura prima del lancio di titoli importanti. Assorbono informazioni e scambiano opinioni su forum o Facebook. Determinano il successo o il fallimento non in base all'etichetta, ma ai contenuti.
Eppure in questa analisi qualcosa non torna. Gli oltre 600.000 downvoters su Reddit, per il post su Battlefront II, avevano provato il titolo? Sapevano di cosa stavano parlando? Per loro stessa ammissione, no. Probabilmente la stragrande maggioranza stava cavalcando una sorta di onda umorale in cui le dinamiche delle microtransazioni erano solo una parte del problema.
Una parte determinante è possibile che l'abbia avuta il fatto che il titolo fosse di EA, quella EA che è reduce, come abbiamo visto, da una serie di errori sostanziali e di comunicazione, che hanno eroso la fiducia e l'affezione dei giocatori. Quello che per molti era un simbolo positivo, sta pericolosamente diventando un vessillo da abbattere.
Lo stesso vale nel caso di GT Sport: il livello di accanimento delle critiche è giustificato in gran parte proprio dall'essere GT, per anni il re incontrastato del genere racing. Che poi tutto questo sia realmente riflesso nelle vendite dei titoli in questione, è tutto da dimostrarsi, ma le fluttuazioni delle azioni EA sono qualcosa di reale, come i 26 milioni di giocaotori di PUBG disposti a chiudere entrambi gli occhi su grafica, frame rate e contenuti, pur di prendere parte all'esperienza più trendy del momento: un battle royale tra 100 utenti connessi contemporaneamente.
Proviamo a portare l'analisi su un livello ancora più profondo: quanto conta l'interazione tra giocatori e lo scambio di pareri? Quanto importano i reali contenuti e la qualità di un titolo per generare il consenso o il dissenso? Sempre più spesso le opinioni dei giocatori sono estremamente polarizzate, i titoli importanti vengono esaltati o demoliti, e anche tra gli stessi appassionati non è un processo dati toni pacati. Questo è tutto sommato normale ma sta cambiando l'importanza che tutto ciò riveste nell'industria del videogame.
I publishers non esitano a mettere in congelatore delle serie se un episodio si dimostra fortemente criticato. Oppure chiudono studi e succursali per convogliare energie e capitali verso direzioni con maggiore potenziale. Il passaparola, l'estenuante discussione in post-fiume, finiscono per autoalimentarsi, coinvolgendo anche chi non ha comprato o non comprerebbe il gioco di cui si sta parlando. Diventa argomento di conversazione astratto, di principio, e se ad un certo punto la statua di un personaggio illustre vacilla, molte braccia la spingono istintivamente giù dal piedestallo, senza comprendere appieno la portata di quanto sta succedendo. Un torrente diventa in poco tempo un fiume in piena, con una forza distruttiva incontrollabile.
La cosa ironica è che tutto questo è stato accuratamente preparato e costruito proprio da alcuni di coloro che ne stanno subendo le conseguenze. Se una quindicina di anni fa un videogame era un prodotto pensato, realizzato, e messo in commercio in modo diciamo monolitico, unilaterale come può essere un libro o un album musicale creato dall'autore e portato al pubblico, oggi questo non è più concepibile. Chi produce e vende videogame si è interessato nel tempo all'opinione di chi li acquista, prima in modo passivo, analizzando gusti e tendenze, poi in modo attivo, permettendo e anzi incoraggiando l'interazione con i giocatori.
Cosa vorreste nel prossimo DLC? Quale game mode dovremmo aggiungere? Cosa preferireste nel sequel? Il giocatore ha acquisito un peso sempre più rilevante, non solo dopo il rilascio ma anche durante lo sviluppo di un titolo o la pianificazione dei seguiti. Di questo potere è divenuto conscio e non esita ad usarlo. Game as a service: se il gioco è un servizio, siamo autorizzati anche a pensare di poterlo indirizzare. Se paghiamo il biglietto della corsa, vogliamo scendere alla fermata che più ci piace. E se tutti scendono dal treno contemporaneamente, il treno non si muove più.
Portiamo ora l'obbiettivo sul piano personale, spostando l'attenzione sul singolo. Perchè questo livello di coinvolgimento, di dovere di informazione, per poter essere parte dell'azione ha un prezzo. Se ci interessa un titolo in uscita, o anche se non ci interessa, o anche se uscirà tra mesi, ne vedremo trailer, giocheremo alla beta o la vedremo giocare. Ne leggerermo su qualche forum e presi dal piacere della dialettica ne dirermo qualcosa. Ne discuteremo animatamente, in fondo non è "polemica" ma "argomentare". Ne vedremo i primi 40 minuti su youtube.
Qualcuno sospetterà un downgrade grafico. Dov'è il preorder più vantaggioso? La patch day one è piccola perchè ci sono pochi bug o perchè ne fixa troppo pochi? La review uscita al day one è poco seria, quanto ci possono aver giocato? Alla fine mettererò il disco nella console e succederà una cosa molto strana. Non me lo godrò. Avrò un senso di noia, di già visto. Già, perchè gran parte di quanto doveva succedere dopo è già accaduto. Non so voi ma ho una crescente sensazione di non riuscire a fruire in modo semplice di questa cosa bellissima che sono i videogame, continuando in questo modo.
Forse stiamo passando troppo tempo e investendo troppe energie in questo processo distruttivo o celebrativo, a seconda dei casi. Forse questa attenzione spasmodica, questo dissezionare i titoli nelle loro più piccole componenti, per eleggere un nuovo campione o esporre qualcuno alla pubblica gogna, non ci sta portando dove vorremmo essere.
La mia personale (e discutibile, ovviamente) soluzione sarà quella di interessarmi meno delle cose che mi interessano di più. Farò a meno di una larga fetta di preview, discussioni, speculazioni e probabilmente prenderò qualche cantonata, qualche titolo mi lascerà l'amaro in bocca o sarà una sincera delusione. Oppure mi piacerà e sarà una scoperta vera, dal primo all'ultimo minuto.
Comunque, sono certo che vi siano decine di giochi che potrebbero piacermi e stimolarmi, ma che non conosco, o che non avrò tempo di provare. Però, preferirò dedicare le mie energie ed il mio tempo a quello che dovrebbe essere al centro di tutto questo mondo: la sfida, la scoperta, il gioco.