Il Kinect era fantastico... in un museo - editoriale
Eyes wide shut.
Il Kinect è morto. Perfino il suo adattatore per Xbox One è morto, e almeno in parte rimpiango il Kinect perché ci sono momenti in cui ricordo di averlo amato. Nessuno di questi momenti, tuttavia, era connesso in maniera significativa a una Xbox e questo è un fatto cruciale.
Kinect fu un po' un disastro all'interno del salotto di casa. Invece di trasportarti in un dinamico futuro alla Minority Report con i suoi gesti a mano aperta, le prese in aria e la teatrale imposizione delle dita, nella mia memoria avevi questo pacchiano e piccolo puntatore sulla UI principale, come se l'obiettivo di navigare attraverso i menù fosse quello di rendere l'esperienza simile a quella di far correre un singolo chicco di riso attraverso il tabellone di Scarabeo. Poi con i veri e propri giochi il Kinect era magia, ma del tipo peggiore: il tipo ingannevole o troppo evidente. Con i giochi veri e propri c'era sempre il sospetto che in realtà non stessi facendo molto o che non stessi facendo neanche la metà di quanto ti facesse credere. Quando fu annunciato nel vasto auditorium del Galen Center, il Kinect aveva un aspetto fantastico, ma quell'aspetto non venne mai replicato nelle singole case.
Ma ci sono luoghi in cui il Kinect riusciva davvero a funzionare e stranamente questi sono i giganteschi auditorium. Il miglior giorno che abbia mai vissuto insieme al Kinect fu al Barbican di Londra, di fronte a due installazioni artistiche.
La prima era un'opera di Chris Milk, imprenditore e film-maker (e praticamente ogni altra cosa possibile). Per quanto mi riguarda l'installazione di Milk, chiamata Treachery of Sanctuary, era il pezzo forte della Digital Revolution del 2014 che si tenne al Barbican, e il Kinect ne costituiva il nucleo. I visitatori entravano in una vasta stanza buia di fronte al motion-controller di Microsoft per vedere le loro silhouette mostrate su un grande trittico bianco. Una volta posizionati avrebbero potuto vedere i propri corpi frammentati in uccelli per poi venire mangiati da altri uccelli. Infine avrebbero potuto allargare le braccia per scoprire di aver ottenuto delle ali gigantesche. C'era perfino un Easter egg che permetteva di volare. Il Kinect potrà essere stato un disastro per Ultimate Fighting, ma ti permetteva di volare se lo posizionavi all'interno di un museo.
In un'altra parte della Digital Revolution c'era un'altra opera di incantamento made in Kinect. Les Metamorphoses de Mr. Kalia, di Cyril Diagne e Beatrice Lartigue, esplorava "il concetto di metamorfosi, la naturale capacità degli animali di cambiare rapidamente la propria struttura corporea". Tutto ciò corrisponde, se una cosa del genere è possibile, in maniera splendida a uno spettacolo di magia vittoriana del ventunesimo secolo. Mr. Kalia è una presenza allegra, allampanata e scheletrica proiettata su un grande muro inclinato. Attraversa una serie di bizzarri cambiamenti organici producendo gabbie per uccelli, lucchetti e chiavi. Quando ti pieghi dietro lo schermo per scoprire come Mr. Kalia venga controllato scopri che puoi farlo tu stesso: è guidato dai movimenti delle persone che passano di fronte al Kinect.
Rileggendo il mio articolo originale sul Digital Revolution, ciò che mi colpisce di più è il fatto che larga parte dell'esibizione dava la sensazione di essere un po' piatta. I videogiochi sono stati storicamente qualcosa di solitario e quando li piazzi in un museo diventano in un certo senso qualcosa di un po' triste. Il Kinect, tuttavia, si concentra completamente sull'essere visti. Sei visto dalla camera, ovviamente, ma poi il lavoro della camera è idealmente visibile anche da molte altre persone. È una gimmick, una trovata, nel senso più puramente positivo e richiede ciò di cui molte talvolta hanno bisogno: un ampio pubblico semi-interessato in transito. Anche nel salotto di casa Kinect dava sempre il meglio di sé quando lo sfoggiavi di fronte agli amici. Era migliore quando un'altra persona voleva che gli mostrassi una piccola finestra sul futuro prima che tutti si sedessero a godersi un bel Kahlua.
Suppongo ci sia una lezione da imparare qui ed è vera anche prima di tuffarsi nei dettagli tecnici e nella questione riguardante la possibilità che Kinect fosse in realtà una macchina eccezionale, che fu sventrata preventivamente dai "money men", che come risultato venne lanciata quando ancora inaffidabile e che poi non fu più in grado di riguadagnare la fiducia di nessuno. La lezione consiste nel fatto che certe volte le persone inventano qualcosa che non si dimostra in realtà così efficace nelle mansioni per cui era stato pensato. Quella tra Kinect e videogiochi, per quanto funzionasse, non costituiva esattamente un'unione terribilmente emozionante. Sicuramente non riesco a pensare a un qualche gioco che abbia supportato propriamente Kinect, al di là, forse, dell'ineguagliabile Child of Eden. In quel caso attribuisco il merito al magico Miz (Tetsuya Mizuguchi) e al suo magico team. (In realtà c'è un altro grande ricordo del Kinect: Miz sul palco del press event di Ubisoft, le spalle al pubblico, guanti bianchi indossati mentre ci conduce nel viaggio di ritorno nel mondo di Rez. Kinect quel giorno si elevò, e si, ci si trovava in un ampio auditorium.)
Kinect aveva un potenziale diverso e nel giusto setting poteva dimostrarsi immediato, carismatico e profondamente memorabile. Microsoft però aveva bisogno che fosse un qualcosa legato ai videogiochi, alla massa, al salotto. Il colosso di Redmond lo ha soffocato in una console e così facendo ha perso la strana, fugace magnificenza della sua stessa creatura.