Il making of di God of War III
Per un gioco epico serve un team altrettanto epico.
Insomma le inquadrature sono un aspetto cruciale per God of War e il fatto che il giocatore non ne possieda il controllo significa che per alcune aree in cui si devono risolvere dei puzzle, è importante che gli script prevedano una visuale d’insieme di tutta l’area circostante. In questo caso la visuale su binari è una soluzione adeguata, sfruttabile con ottimi risultati anche dove si collocano gli scorci di alcuni tra gli stage più spettacolari. Basti pensare al primo livello nel quale Kratos deve affrontare Poseidone, mentre circumnaviga Gaia, come se fosse una sorta di grattacielo vivente.
Come potete vedere nel video, questo primo pezzo di God of War III mostra già molti dei miglioramenti tecnologici che il team ha messo a punto in questo capitolo conclusivo della trilogia. Non si notano soltanto una serie di inquadrature dinamiche e su binari. “Non c’era modo di creare una tale estensione su PS2, troppa poca memoria”, ha fatto notare Ken Feldman . “La maggior parte dei giochi sono concentrati su un design che alterna stanze e corridoi, poiché gli engine gestiscono questo meccanismo molto bene. È davvero semplice porre un elevato grado di dettaglio in stanze piccole, ma è una sfida parecchio differente cercare di creare uno spettacolo su larga scala, ed è per l’appunto la sfida nella quale ci siamo cimentati”.
La gestione della RAM doveva per forza di cose essere molto più problematica. Le texture e le strutture poligonali dovevano essere sufficientemente dettagliate sia nei micro che nei macro livelli, garantendo anche l’omogeneità nel passaggio da una zona all’altra. Parte della soluzione proviene dal sistema di streaming dei dati che funziona senza soluzione di continuità; God of War III non presenta pause di caricamento e funziona senza richiedere l’installazione su hard disk, come avviene nella maggior parte dei titoli first-party di Sony.
Peraltro il file d’esecuzione di God of War presente su Blu-Ray è soltanto di 5.3 MB, per un progetto che globalmente riempie ben 35 GB (40.2 GB per le versioni europee a causa del supporto multilingua). Come ha fatto notare Tim Moss sulla sua pagina Twitter, è un motivo di vanto per il team dal momento che ha permesso di lasciare “più memoria per i contenuti”.
La conclusione del filmato dedicato a Gaia, nel quale viene mostrata la fine di Poseidone per mezzo dei possenti pugni di Kratos, introduce ai giocatori una nuova prospettiva: le uccisioni in prima persona. Mentre l’utente completa l’abbattimento di un boss, il punto di vista si sposta sulla vittima e l’intero schermo viene impegnato dal letale guerriero spartano che infierisce sul suo ormai esausto avversario. Il risultato è un brutale capolavoro di arte, regia e supporto tecnologico.
“Ritengo che l’idea delle uccisioni in prima persona dia una nuova prospettiva alle sequenze finali di Kratos”, ha dichiarato Adam Puhl, lead combat designer. “Immediatamente chiunque rimase colpito quando lo videro in-game… si inizia ad apprezzare l’impatto degli attacchi di Kratos e a vedere Poseidone mentre viene completamente sopraffatto”.
Un’altra parte centrale dell’aspetto cinematografico di God of War III riguarda il setup del framebuffer e l’implementazione dell’illuminazione HDR. Le due possibilità di frame buffer per l’HDR su PlayStation 3 includono il LogLUV (detto anche NAO32, utilizzato in Uncharted e Heavenly Sword) e l’RGBM, un setup alternativo che è stato sfruttato in Uncharted 2 e per l’appunto God of War III.
I setup tecnici di base per entrambi i formati sono disponibili altrove (anche se GOW III usa una propria versione dell’RGBM), ma per quanto concerne l’aspetto del gioco, il risultato è una palette cromatica estremamente ampliata che dona agli artisti un range di colori più preciso tramite il quale creare uno stile unico, stilizzato e dall’aspetto cinematografico. Optare per l’RGBM rispetto al LogLUV significa salvare tempo nel processo di sviluppo, a scapito peraltro della precisione, anche se va detto che il grado della perdita non è particolarmente evidente all’occhio umano.
Se ci concentriamo sugli effetti di post-processing, il gioco ottiene una spinta ulteriore verso il realismo grazie all’ottima implementazione del motion blur. Sostanzialmente si tratta di un sistema analogo a quelli già visti in passato con Uncharted 2: Among Thieves e Killzone 2, e aiuta a ridurre alcuni problemi dovuti alla variabilità del frame rate, che oscilla tra i 30 e i 60 fps. La maggior parte dei giochi introduce il motion blur solamente sulla telecamera, Ken Feldman invece ha confermato che in questo caso l’effetto è stato applicato individualmente ad ogni oggetto.
In effetti il sistema di motion blur mima quello che vediamo sugli schermi cinematografici. Le pellicole girano infatti a 24 frame per secondo, ma danno l’impressione di essere molto più fluide. Mentre si sta girando, l’otturatore della telecamera rimane aperto per circa 0.04 secondi. Durante questo lasso di tempo, i movimenti nell’immagine catturata sono sfocati.
Un altro effetto fondamentale nell’aspetto di God of War III è derivato dalla nuova tecnologia anti-aliasing, che permette di dare un look più gradevole alle sequenze. Inizialmente il gioco sfruttava il chip RSX per garantire un tradizionale filtro 2x. Quest’ultimo, insieme alla mancanza di bordi ad alto contrasto, produsse un risultato molto brillante in occasione della demo presentata all’E3 2009. Tuttavia per la versione finale Sony Santa Monica ha scelto di adottare una soluzione che potesse consentire di spingersi ancora oltre.
Secondo Tim Moss, direttore della tecnologia, su God of War III ha lavorato il gruppo tecnologico britannico di Sony, per produrre una tecnica di alleggerimento dei bordi che gli sviluppatori hanno definito MLAA, ovvero Morphological Anti-Aliasing. “L’implementazione centrale dell’anti-aliasing fu scritta da alcuni ragazzi di SCEE nel Regno Unito, ma entrò molto tardi nel nostro ciclo di sviluppo rendendo l’integrazione un obiettivo arduo”, ha dichiarato il senior staff programmer Ben Diamand.