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Il punto su Final Fantasy VII Remake - articolo

Decostruiamo il trailer, pezzo per pezzo.

È stato proprio un colpo basso. L'ultima volta che ci siamo persi nell'iride verde di Aerith Gainsborough stavamo soppesando le aspettative di Advent Children, il motion picture scritto da Kazushige Nojima che offriva uno spaccato sul futuro prossimo del pianeta Gaia. Fu un momento poetico, quello in cui Cloud spiccò un immenso balzo grazie all'aiuto di tutti i suoi compagni per poi tendere la mano alla giovane Ancient, ancora una volta pronta a rassicurare il Soldier dai capelli biondi.

E così, a freddo, lo State of Play ci ha messo di fronte a quegli stessi occhi color smeraldo, stavolta nella cornice di una fra le sequenze introduttive meglio riuscite nella storia del medium, disegnando i contorni di una Midgar più che mai convincente e pronta a catapultarci nel cuore di una piccola chiesa abbandonata, luogo in cui una misteriosa ragazza si prendeva cura dei pochi fiori sopravvissuti al cemento della metropoli.

Come dimenticare il primo teaser mostrato nel corso dell'E3 2015, quel filmato capace di far saltare un paio di battiti sull'elettrocardiogramma degli appassionati mostrando l'indimenticabile parco giochi del Settore 7, poco prima di prendere a pugni i presenti alla conferenza attraverso l'ingresso in scena di Cloud e Barrett. Ebbene, con il passare degli anni la sequenza è invecchiata nel sospetto, e l'incredibile valore nostalgico ha iniziato lentamente ad assumere un retrogusto dolceamaro.

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Già, perché Square-Enix non è nuova a colpi di mano che nascondono grossi problemi di sviluppo, e non solo è capitato che IP di bandiera slittassero per oltre tredici anni senza mai trovare una data di uscita, ma addirittura che non vedessero mai la luce del sole. Kingdom Hearts III e Final Fantasy Versus XIII, poi lentamente trasformatosi nella quindicesima istanza della saga, sono esempi lampanti del ruvido procedimento creativo della casa; prodotti che, anche quando finalmente fecero capolino negli store di tutto il mondo, non riuscirono a placare l'incessante discussione scaturita in seno ad una fanbase oggi più divisa che mai.

Da una parte ci sono i detrattori, coloro che hanno appuntato sul petto il distintivo del “si stava meglio quando si stava peggio”, che tengono alta la bandiera del combattimento a turni e che sono pronti a denigrare qualsiasi prodotto post Final Fantsy X. Dall'altra, invece, troviamo gli entusiasti, coloro che sono rimasti legati al media franchise a prescindere dall'effettiva qualità dei progetti, arrivando ad osannare, in alcuni casi, passi falsi conclamati come Final Fantasy XIII.

L'episodio più divisivo è stato senza ombra di dubbio il quindicesimo, quello ideato dal discusso Tetsuya Nomura e poi finito nelle mani di Hajime Tabata, director che dovette sottoporre il progetto ad un meticoloso e ineluttabile procedimento di taglia e cuci per ridimensionare la confusa ambizione del predecessore. Il risultato è stato un action-RPG capace di imbrigliare nelle dinamiche della saga una nuova legione di fan, ma al tempo stesso colpevole di aver fatto storcere il naso ai più stoici fra gli appassionati.

Occhi verdi, cesto di fiori e sguardo da regina delle Waifu. Signore e signori, Aerith Gainsborough è tornata.

Sembra quasi che Nomura abbia scagliato sulla serie una maledizione degna di quella che Voldemort proferì nel mondo di Harry Potter, e che tutti i director che dovessero prendere le redini di un capitolo fossero destinati ad abbandonare prematuramente il blasone di Final Fantasy. E, in effetti, eccoci di nuovo qui, con Nomura alla direzione di un capitolo canonico che più canonico non si potrebbe, il remake di una fra le opere di maggior successo mai realizzate dalla casa di Tokyo.

Il certificato di morte del combattimento a turni, firmato con zelo dai producer della serie e poi strappato con sicurezza dai creatori di Persona, sembra ormai affisso alle pareti degli uffici dello sviluppatore e, dal canto nostro, non siamo convinti che sia del tutto un male. Certo, il nuovo sistema action ha dimostrato di avere più di qualche spigolo, ma si tratta di una deriva comunque pregevole, in grado di ospitare uno storytelling fine ed efficace, come dimostrato da Platinum Games attraverso il suo Nier: Automata.

Proprio questo ci è sembrato il focus di Final Fantasy VII Remake: raccontare una delle più grandi storie mai concepite a quella fetta di pubblico che non ebbe occasione, per barriere legate all'età, alla lingua o al combat system, di confrontarsi con il capolavoro di Yoshinori Kitase. A dirla tutta, nell'ultimo trailer è emerso molto dell'atmosfera recentemente incontrata nel remake di Resident Evil 2, un fattore, questo, che riteniamo sia estremamente positivo.

Sguardo a metà tra la paura e la furia omicida, Buster Sword gigantesca e chioma ignorante: sì, anche Cloud Strife è tornato sulla scena.

Ma il progetto non deve assolutamente limitarsi a raggiungere quella frazione dell'utenza, perché ci sono almeno dieci milioni di appassionati che aspettano questo momento da oltre vent'anni, e non vedono l'ora di rivivere quello stesso vortice di emozioni già assaporato nel corso della gioventù. Così, abbiamo sezionato il trailer frame dopo frame per carpire il più possibile e farci un'idea dei possibili risvolti.

Già sembra di sentire il tema della Bombing Mission, uno fra i migliori spartiti composti da Nobuo Uematsu, mentre accompagna i membri di Avalanche verso l'assalto al reattore. La prima cosa che salta all'occhio è il timer nella sezione alta dello schermo, un conto alla rovescia che fece impazzire i giocatori all'epoca della release per Playstation, fattore che mette nero su bianco la volontà di non deviare esageratamente dai binari della tradizione.

La cutscene iniziale sembra rimasta invariata, d'altronde modificarla sarebbe stato un atto sacrilego, e non c'è modo migliore per iniziare un'avventura che attraverso uno splendido attacco terroristico. La cosa assurda è che, già all'epoca del combattimento a turni, la missione presso il reattore Mako era una delle sequenze action meglio concepite del medium, pertanto sembra sposarsi alla perfezione con il rinnovato apparato del gameplay.

L'assaggio di combat system fa pensare che, probabilmente, gli esperimenti alla base dei vari “Episodes” di Final Fantasy XV non erano assolutamente un caso.

Dai pochi segmenti di combattimento intravisti, emerge immediatamente lo shortcut menù in basso a sinistra, più simile a quello incontrato in Kingdom Hearts rispetto alla controparte di XV, forte di numerosi comandi pronti ad alternarsi all'interno delle celle. Nella build mostrata, premendo i grilletti sembra che fosse possibile cambiare tra un personaggio del party e l'altro, e fra le barre degli HP ha fatto capolino anche quella di Tifa, PG del quale non è ancora stato mostrato nemmeno uno stralcio di combat system.

Cloud e Barrett condividono lo stesso input per l'attacco “base”, ovvero il pulsante quadrato, mentre triangolo sembra apparentemente destinato ad una skill di classe: il protagonista può fare affidamento su 'Punisher', mentre il capo di Avalanche su 'Backblast', abilità che abbiamo visto anche in azione, un potentissimo colpo a distanza sparato dal celebre arto meccanico.

Una Limit Break è sbucata nel menù delle shortcut, ovvero l'onnipresente Braver, ma nel vortice dei concitati segmenti video siamo certi di avere individuato anche l'animazione di Cross Slash, la seconda finisher del potentissimo Soldier. Assente ingiustificato, invece, l'intero Materia System, l'originale apparato di sviluppo, e l'elsa della spada di Cloud è rimasta tristemente priva di pietre incastonate dall'inizio alla fine del gameplay, mentre su schermo non trovava spazio neppure una piccolissima magia Thunder.

Il character design del settimo capitolo è uno dei migliori nella serie, grazie soprattutto alla moltitudine di quest dedicate alle backstory. Le troveremo anche nel remake?

Sul fronte dei boss, invece, ne abbiamo individuati almeno due, anzi, tre se consideriamo l'inaspettato easter egg finale. Guard Scorpion, il pericoloso robot animale che proteggeva il reattore Mako, è apparso più in forma che mai, forte di un design oltremodo vicino all'originale; poco più tardi, ha fatto la sua comparsa anche Aps, la belva deforme che in una sequenza assale Cloud e Aerith, tradizionalmente posto nelle fogne immediatamente successive al comico harem di Don Corneo: è possibile che l'intera sezione di gioco sia stata tagliata in favore di una maggiore “serietà” del prodotto finito.

Al momento della detonazione delle cariche, poi, Sephiroth ha deciso di prendersi il palcoscenico. Nella versione originale non si fa neppure menzione del villain fino a questo momento, perciò potrebbe trattarsi di una semplice visione. Tuttavia, alla luce degli sviluppi nella trama, non è da escludere che fosse realmente presente in quella circostanza, in attesa dell'istante in cui avrebbe scatenato la sua furia omicida sugli uffici della Shinra.

Nel complesso, il sistema di combattimento ci è parso più che mai adatto alla dimensione del restyling e, soprattutto, non eccessivamente sfrenato ed ambizioso, molto più compresso rispetto all'accrocco introdotto nel quindicesimo capitolo. Alla fine, la semplicità è la chiave per il successo, specialmente quando si tenta di puntare i riflettori sul comparto narrativo.

Cross Slash, la potente Limit Break di Cloud, diventa un'abilità attiva? L'apparente compressione del combat system ci ha convinti oltre ogni aspettativa.

A questo proposito, sono in molti a temere un approccio eccessivamente legato al binario della linearità, ma c'è da dire che le prime sezioni di gameplay non sono mai state aperte a deviazioni inaspettate, ed è possibile che, proprio come nella prima release, le porte di Midgar torneranno a spalancarsi su un pianeta sconfinato. D'altro canto, sul progetto aleggia l'ipotesi ormai più che concreta del lancio episodico, soluzione che, seppur vicina all'eredità del triplo disco, temiamo possa finire per snaturare l'integrità dell'esperienza.

È vero: tutto ciò che abbiamo visto fino a questo momento non ha mai varcato i solidi cancelli della metropoli e, forse, per arrivare ad un livello qualitativo soddisfacente potrebbe essere necessario trattare individualmente ogni singolo segmento della trama. Tuttavia, oltrepassare la soglia del Settore 7 per poi dover attendere un secondo e poi un terzo periodo di sviluppo sarebbe una scelta molto rischiosa, capace di indebolire in un battito di ciglia le pur nostalgiche fondamenta dell'operazione.

Insomma: bene così, anche se la mole di interrogativi senza risposta non può far altro che insinuare il seme del dubbio. La verità è che Square-Enix ha già vinto la battaglia della nostalgia, e sfidiamo chiunque ad ammettere che le sequenze proposte durante lo State of Play non abbiamo mosso qualcosa nel substrato emotivo, non abbiano provocato un brivido o una minima iniezione di hype.

In fin dei conti ciò che conta è l'atmosfera, e proprio l'atmosfera è stata grande protagonista di questo teaser, animando con successo l'ambientazione cyberpunk di Midgar e regalando nuova linfa vitale all'espressività dei nostri eroi. Sarebbe inutile nascondersi: la breve presentazione ha trasformato il lume delle aspettative in un principio d'incendio, e non resta che aspettare l'imminente E3 per scoprire se le fiamme dell'hype torneranno ad ardere maestose all'interno dei nostri cuori, proprio come accadde in una misteriosa villa ai confini di Nibelheim.

Avatar di Lorenzo Mancosu
Lorenzo Mancosu: Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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