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Il successo degli Auto Chess dimostra ancora una volta che i modder sanno cosa vogliamo davvero - articolo

È il tuo turno!

Circa 10 anni fa, alla Game Developers Conference di San Francisco, abbiamo assistito alla presentazione di un gioco creato da un team di ex-modder che ha ricevuto qualche finanziamento. Si trattava di un titolo basato su una popolare mod per Warcraft, una strana variante dei giochi di strategia in tempo reale in cui si controllava una sola unità e intorno a cui si è creata una incredibile subcultura di meme e video Eurodance su YouTube. Era un titolo davvero complesso e competitivo, sembrava avere alcune fasi lentissime alternate ad altre piuttosto concitate e i match potevano essere letteralmente interminabili. All'epoca non siamo riusciti a capirne pienamente le qualità o le prospettive e, onestamente, non gli avremmo dato un centesimo.

Il gioco in questione era League of Legends, un nome che è rapidamente diventato uno tra i più grandi della storia dei videogiochi.

Tutti i più grandi colossi dell'industria volevano ne volevano una fetta. Valve ha assunto un modder rivale che rivendicava diritti autoriali sulla mod originale di Warcraft (Defense of the Ancients o, più semplicemente, Dota) e, approfittando di questo fattore, ha chiamato il proprio nuovo titolo Dota 2. Quest'ultimo era un gioco relativamente meno accessibile rispetto a LoL, ma è diventato quasi altrettanto grande. Lo stesso sviluppatore di Warcraft, Blizzard, voleva salire sul carro di questo genere che si basava, in fondo, sul suo design e sul codice di uno dei suoi giochi. Così è nato Heroes of the Storm, un'interpretazione più accessibile della formula di League of Legends che rimuoveva dall'equazione alcuni dei suoi elementi più complessi. Purtroppo, però, non ha avuto lo stesso successo di altri esponenti del genere. Tanti altri ci hanno provato facendo anche leva sulle licenze di alcune delle più importanti proprietà intellettuali del mondo come quella de “Il Signore degli Anelli” o quella dei supereroi dei fumetti DC. Molti di essi, tuttavia, hanno fallito.

La mod Auto Chess originale di Dota 2.

Oggi, tutto questo sta succedendo di nuovo. Una bizzarra mod apparentemente rivolta ad una nicchia di utenti sta letteralmente esplodendo e alcuni dei più grandi sviluppatori dell'industria sono entrati in diretta competizione con i modder originali per essere i primi a definire questo genere di titoli come veri e propri prodotti commerciali. La cosa più divertente è che sta succedendo ad una mod basata su un titolo che a sua volta era basato su una mod: Dota 2. La guerra degli Auto Chess è iniziata.

Gli Auto Chess partono dalla base consolidata di questi giochi (che i creatori di League of Legends, i Riot Games, hanno battezzato come multiplayer online battle arena o MOBA) e li declinano in una formula molto meno convulsa. Otto giocatori competono schierando eserciti e campioni sul campo di battaglia, componendo squadre specifiche di eroi e assistendo alla battaglia che si svolge automaticamente. I campioni, successivamente, salgono di livello nel corso della partita, proprio come nei MOBA, anche se i titoli appartenenti a questo genere si basano molto più sulla gestione delle risorse e sul componimento della squadra, come se fosse un gioco di carte collezionabili. Anzi, riescono ad essere addirittura più passivi.

Non sembra esattamente la formula chiave per il successo, vero? Eppure la mod originale di Dota 2, Dota Auto Chess, conta ora oltre 8 milioni di giocatori e la corsa all'oro nel campo degli "autobattler" è ufficialmente iniziata. I creatori della mod, Drodo Studio, hanno creato la propria versione commerciale del gioco, proprio come ha fatto Riot all'epoca con LoL. Valve, dal canto suo, ha pensato di trattenere i giocatori in famiglia lanciando la versione ufficiale della mod chiamata Dota Underlords, proprio come ha cercato di fare Blizzard con i MOBA ma con un tempismo migliore, probabilmente. Ovviamente, inoltre, la stessa Riot non poteva stare a guardare e ha lanciato di recente Teamfight Tactics, l'interpretazione degli autobattler in chiave League of Legends. Siamo sicuri, infine, che un autobattler a tema Signore degli Anelli sia in discussione in questo esatto momento in qualche stanza del quartier generale di Warner Bros. e c'è la possibilità che uno di questi giochi diventi il prossimo campione d'incassi nel mondo videoludico.

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Se vi dovesse sembrare una previsione azzardata, provate a guardare gli altri esempi di questo fenomeno all'esterno della scena dei MOBA. Il genere di Battle Royale, ad esempio, affonda le proprie radici nella mod di Brendan Green per DayZ che a sua volta era una mod del simulatore militare Arma 2. Greene ha effettivamente creato il genere unendo una competizione last-man standing in stile Hunger Games con il gameplay survival di DayZ. Lo stesso sviluppatore, poi, ha commercializzato la propria creazione con il nome di PlayerUnknown's BattleGrounds o, più semplicemente, PUBG. Epic Games, successivamente, ha colto l'occasione di inserire una modalità Battle Royale nel suo survival game morente chiamato Fortnite e il suo successo è stato travolgente. Oggi Fortnite è uno dei giochi più giocati e redditizi sul mercato, un vero e proprio fenomeno di costume oltre che un blockbuster di fama mondiale.

La storia, quindi, ci dice che i più propensi a raggiungere il successo sono i modder originali che hanno una comprensione migliore di come funzioni questo tipo di giochi e/o le aziende più veloci a cogliere la palla al balzo. Chiunque cerchi di invadere il mercato, anche con una grossa licenza o con un franchise consolidato, anche solo un anno dopo, è destinato a fallire. Queste cose succedono velocemente. L'autobattler vincente è già là fuori (se ci basiamo sulle views di Twitch, probabilmente è Teamfight Tactics che ha quasi le stesse visualizzazioni di Fortnite, al momento) e il secondo posto è già conteso tra agguerritissimi concorrenti perciò crediamo che non ci sia già più posto per nuovi pretendenti. La guerra degli auto chess può anche essere appena cominciata, ma abbiamo la netta sensazione che sia già conclusa.

Dota Underlords.

L'elemento più interessante di questo fenomeno, comunque, non è chi ne uscirà vincitore ma il fatto stesso che continui a verificarsi e il fatto che tutti i giochi che ne scaturiscono rispondono a tre, inderogabili, leggi: sono tutti incredibilmente popolari; sono tutti fondati su un regolamento molto specifico piuttosto che su una precisa scelta estetica o su una licenza famosa e, soprattutto, sono tutti dannatamente strani. Nessuno potrebbe dire che i MOBA o gli autobattler promettessero un tale successo commerciale, sulla carta. Per i Battle Royale, il discorso è lievemente differente (ovviamente il concetto di battaglie all'ultimo sangue con partite da centinaia di giocatori aveva grosse possibilità di funzionare) ma la forma che hanno assunto nel tempo non è qualcosa che poteva essere ideata nemmeno dai più grandi studios dell'industria. Provate a immaginare cosa sarebbe successo cinque anni fa se qualcuno avesse proposto ad EA uno sparatutto multiplayer in cui si comincia la partita senza armi. Eppure i Battle Royale si sono rivelati come qualcosa che chiunque avrebbe voluto giocare.

L'architettura urbana include il concetto di desire path: un percorso battuto dai passi di centinaia di persone che però è al di fuori dalla rotta prevista dagli architetti. Ci piace pensare al fenomeno dei giochi che nascono dalle mod come l'equivalente dei desire path nel campo del game design: la community dei giocatori trova un modo per raggiungere il luogo in cui istintivamente vuole essere, un luogo in cui l'industria non avrebbe potuto portarli o che, probabilmente, non avrebbe potuto nemmeno immaginare. Potrebbe succedere in qualsiasi altra forma d'arte, a pensarci bene. Per quanto sia imbarazzante ammetterlo, non siamo riusciti a prevedere il successo di League of Legends quando lo abbiamo visto la prima volta ma crediamo sia davvero edificante che tutti i più grandi successi del mondo videoludico provengano dalle idee di altri giocatori.