Immaginare il passato in Assassin's Creed - articolo
L'antichità tra i cliché della fantascienza moderna e del fantasy.
Attenzione, questo articolo contiene piccoli spoiler di Assassin's Creed Origins.
Assassin's Creed ha sempre giocato con narrazioni a matrioska. Le sequenze nel presente ricevono, giustamente, diverse critiche: danno spesso la sensazione di essere interruzioni impacciate e non necessarie nelle avventure ambientate nel passato, che hanno attirato molti di noi verso la serie. Tuttavia, rendono esplicita la continua attrazione del franchise nei confronti della tematica della memoria storica (come pensiamo e come ricordiamo il nostro passato collettivo). È un qualcosa di innato nell'idea dell'Animus: dove altre serie scelgono il viaggio nel tempo o ignorano completamente il presente, Assassin's Creed basa il proprio assurdo McGuffin sull'idea che le esperienze storiche siano codificate nel nostro DNA. Per gran parte della serie le fasi storiche sono esplicitamente etichettate non come aree o periodi temporali ma come memorie.
Queste tematiche hanno sempre fatto parte della serie ma l'ultimo capitolo, Origins, si spinge oltre. Come sempre c'è l'impalcatura della storia nel presente e l'avventura principale nel passato, ma all'interno del setting dell'Antico Egitto, il gioco è particolarmente interessato al passato ancora più lontano. L'Antico Egitto, d'altronde, non è completamente uniforme nella propria antichità. Le sue più grandi icone e l'immagine centrale della confezione, le piramidi, erano più antiche nel setting tolemaico del gioco, rispetto a quanto quest'ultimo lo sia per noi. Il gioco è intrigato da tutto ciò. Le rovine sono ovunque, antiche tombe punteggiano l'ambientazione e il gioco stesso propone Bayek come un esploratore di tombe degno dei nomi di Croft o Drake. La ricompensa per esplorare una tomba consiste in una stele incisa con dei geroglifici. "Scritti Antichi", afferma Bayek, con una nota di soggezione e soddisfazione nella propria voce, "dal Vecchio Regno". L'idea dell'antichità oltre l'antichità è palese agli occhi di tutti.
C'è, tuttavia, un altro livello al di là di questo aspetto e qui ci saranno dei discreti spoiler, che tuttavia non saranno di certo una sorpresa per i fan di lungo corso della serie. Dopo qualche ora vi addentrate all'interno della Grande Piramide di Giza e la sua architettura da "Vecchio Regno" lascia spazio a rovine ancora più antiche che appartengono, presumibilmente, alla Prima Civilizzazione che si trova alle radici dell'intricata mitologia di Assassin's Creed.
È un tropo che è diventato familiare al punto da essere cliché, non solo nei videogiochi ma anche nel cinema e nella letteratura: la civiltà tecnologicamente avanzata perduta, caduta dalle altezze di grandi realizzazioni prima che la storia fosse nata per ricordarla. A volte sono umani, come i Numenoreani di Tolkien, ma spesso sono qualcosa di assolutamente diverso: i non esattamente umani Pthumeriani di Bloodborne, gli elfi di Tolkien e molti altri esseri simili, o alieni come i Precursori di Halo, i Prothean di Mass Effect o gli Ingegneri all'interno del Prometheus di Ridley Scott.
Questo cliché della fantascienza moderna e del fantasy è profondamente insito nel modo in cui pensiamo all'antichità. Questa concezione che le cose stiano in qualche modo peggiorando, che i nostri lontani antenati fossero migliori di noi e che avessero raggiunto traguardi più eroici. Già nell'arcaico periodo dell'antica Grecia (sei o sette secoli prima dell'ambientazione di Assassin's Creed Origins) il poeta greco Esiodo scrive della gloria dei primi uomini:
"Gli dei immortali fecero una stirpe aurea di uomini mortali che vissero al tempo di Crono. Essi vivevano come numi, senza dolori, senza fatiche, senza pene. Non gravava su di loro la vecchiaia, si rallegravano in conviti in assenza di ogni male, avevano ogni sorta di beni: la terra fertile produceva spontaneamente frutti ricchi e copiosi. Benevoli e pacifici, abitavano nelle loro terre ricchi di greggi e amati dagli dei beati."
Continua descrivendo le ere successive, ognuna peggiore rispetto alla precedente. L'età dell'oro è seguita dall'argento, poi dal bronzo. L'età degli eroi è seguita dall'età stessa di Esiodo, l'età del ferro e presto, secondo il poeta, anche questa generazione di uomini sarà distrutta da Zeus per la loro degenerazione. Opinioni simili si trovano anche nella Bibbia: prima del Diluvio Universale l'umanità viveva più a lungo e raggiungeva grandi obiettivi, intrattenendosi con angeli e giganti prima che Dio li distruggesse per la tracotanza e la degenerazione che avevano sviluppato all'interno della civiltà umana.
Questi punti nodali mitologici, specialmente il Diluvio, sono spesso accennati nelle storie moderne dei precursori. A volte con un vero e proprio diluvio come con Numenor, altre volte in senso figurato, come in Halo. Il tutto ci porta inevitabilmente ad Atlantide, la civiltà di precursori che forse ha lasciato il marchio più indelebile sulla cultura dell'umanità. Con tutta probabilità Platone si è inventato Atlantide, un esperimento mentale per dimostrare un particolare punto nei suoi insegnamenti filosofici ma d'allora è stata considerata verità da eccentrici, sognatori e mistici di quasi ogni tipo. I Teosofisti, per esempio, vedevano Atlantide e la controparte del Pacifico, Lemuria, come zone abitate da superumani giganti con potenti abilità psichiche e credevano che molte civiltà moderne potessero ricondurre le proprie origini a queste civiltà perdute. Queste idee, in particolare i loro aspetti razziali, finirono per influenzare nazisti come Heinrich Himmler. Atlantide non è priva di riferimenti videoludici, ma vale la pena citare in particolare il Tomb Raider originale, un gioco che culminava con precursori di Atlantide al di sotto della Grande Piramide di Giza. Quando Bayek scivola lungo il fianco della piramide il gioco rievoca il momento in cui Lara fa lo stesso al termine della seminale avventura 3D, un cenno agli antenati di Bayek nella storia dei videogiochi esattamente come a quelli nella 'vera' storia. Origini per l'appunto.
Ma quindi da dove arriva questa narrativa dei precursori? Non dal passato stesso, quanto da come ci approcciamo ad esso, da come costruiamo la nostra memoria storica collettiva. Ci sono alcune questioni in ballo in questo caso. Prima di tutto una convinzione pessimistica che le cose fossero migliori nel passato. La nostalgia ci circonda, perfino in questo momento. Immaginate quanto potesse essere presente nelle culture largamente orali del lontano passato, dove le gesta potevano tranquillamente aumentare la loro importanza nei racconti e gli antenati diventare eroi con la storia che si mischia al mito nelle canzoni dei bardi e dei rapsodi. Nel trasformare i nostri antenati in eroi e dei, tuttavia, non facciamo altro che svalutarli. Quando guardiamo ai loro grandi traguardi e immaginiamo che non possano essere opera di uomini ordinari li stiamo accondiscendendo tanto quanto ci stiamo complimentando con loro. Questa è una delle ragioni per cui gli archeologi si infastidiscono così tanto di fronte alle storie di "antichi alieni" di Von Däniken e altri affini.
Successivamente, c'è il fatto che le civiltà effettivamente si innalzano e crollano; ci sono davvero situazioni di rottura e discontinuità. La storia è spesso stata vissuta tra le rovine di coloro che venivano prima, rovine la cui costruzione non era sempre comprensibile e spiegabile dalle persone. L'Assassin's Creed dell'era di Ezio mostra piuttosto bene questo punto per il Rinascimento italiano evidenziando l'ombra imponente di Roma. Ma forse Roma era troppo conosciuta, troppo tangibile per essere una reale civiltà di precursori nel modello della fantascienza moderna. La fine dell'Età del Bronzo del mediterraneo si dimostra un esempio migliore. Intorno al 1200, dalla Grecia alla Mesopotamia, i regimi sono caduti e le tecnologie sono scomparse. I greci, per esempio, hanno perso scritti per circa 500 anni. Quelli che arrivarono successivamente sono quelli spesso definiti come i Secoli Bui, ma non è mai così semplice. Parlare di culture come qualcosa di "più" o "meno" avanzato è una falsa pista: dove delle tecnologie vanno perdute altre (come la siderurgia) vennero inventate; liberati dalle imposizioni del vecchio controllo imperiale i mercanti fenici si sparsero nel Mediterraneo. Come sempre, la catastrofe di un uomo è l'opportunità di un altro. Sappiamo che alcune memorie dell'Età del Bronzo sono state preservate nei secoli successivi. Ci sono semi di autentici dettagli del periodo tra il groviglio delle leggende di Omero; in Mesopotamia i testi registrano la bellezza e il fascino quando delle tavolette venivano scoperte durante dei lavori di costruzione. Quando il passato è accennato attraverso canzoni e ombre non c'è da stupirsi che cresca nell'immaginazione.
Poi c'è il nostro tentativo di lottare con un passato che sovrasta la nostra abilità di mapparlo e ricordarlo. Certamente, il tempo coperto da fonti affidabili varia da luogo a luogo e da periodi a periodi ma la storia è sempre solo una debole torcia all'interno di una foresta molto grande e oscura. Gli uomini moderni si sono evoluti circa 100.000 anni fa. Le prime civiltà urbane e la storia scritta risalgono solo a circa 5.000-6.000 anni fa. Anche con tutti i meravigliosi traguardi raggiunti dall'archeologia paleolitica c'è ancora una vasta porzione del passato di cui possediamo solo alcuni bagliori nell'oscurità. Qualcuno può incolparci se anche solo per un momento, in risposta a questa situazione, deriva una sorta di riflesso che ci porta a pensare: 'Ci deve essere stato qualcosa di più in quel periodo al di là di cacciatori e raccoglitori! Cosa stavamo facendo per i precedenti 95.000 anni?'
Le civiltà dei precursori sono ciò che accade quando la nostra memoria storica ci delude. È quando la flebile luce della vera conoscenza si spegne e ci ritroviamo a fissare nell'oscurità che la nostra immaginazione prende il sopravvento. Credo che Assassin's Creed lo capisca e che sia affascinato da questo aspetto; Origins forse più di tutti.
Quando scivoliamo dal presente all'Egitto tolemaico attraverso le rovine del Nuovo e del Vecchio Regno, all'interno di spazi fantastici appartenuti a coloro che venivano prima, il gioco rende tangibile, quanto meno in uno spazio virtuale, qualcosa del modo in cui gli umani hanno sempre vissuto all'interno delle rovine e cercato di ricordare coloro che vennero prima.