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In difesa dei saldi su Steam - articolo

C'è chi teme che i suoi sconti stiano mettendo a rischio l'industria. Noi vi diciamo perché non è così.

I saldi estivi di Steam si sono appena conclusi, svuotando di nuovo i nostri portafogli e invitandoci a riempire le nostre librerie di titoli che non avremmo acquistato a prezzo pieno. Quest'anno il fascino dell'iniziativa è stato incrementato ulteriormente dall'arrivo delle "carte collezionabili", un raffinato strumento psicologico per incoraggiare i giocatori ad effettuare ancora più acquisti.

Gran parte dell'industria partecipa alla svendita totale di Steam, com'è dimostrato dalla lista di publisher e sviluppatori che vi prendono parte, inclusi i più importanti del nostro settore. Al tempo stesso, però, ogni volta che Steam o un servizio analogo propongono periodi di sconti così forti, c'è sempre qualche commentatore secondo il quale manifestazioni del genere sarebbero dannose, svalutando la percezione che i giocatori hanno del valore dei giochi, rendendo sempre più difficile vendere prodotti a prezzo pieno e mettendo complessivamente a rischio lo sviluppo di videogiochi.

I saldi di Steam vengono confrontati alle offerte aggressive che vengono effettuate sui giochi dalle grandi catene di negozi fisici, come a sottintendere che i detrattori di Steam si aspetterebbero invece che l'avvento delle vendite digitali potesse porre un freno a queste dinamiche.

È importante capire il motivo per il quale questa teoria è sbagliata e poco lungimirante, specialmente dal momento che gli store digitali su console si sono rivelati, finora, molto restii a mettere in campo politiche di ribassi sul genere di quelli effettuati da Steam. Uno degli argomenti che venivano citati più frequentemente dagli oppositori del deprecato piano di DRM dell'Xbox One era il fatto che i detentori delle piattaforme console e i publisher loro partner si sono dimostrati inflessibili e poco consumer-friendly nello scegliere i livelli di prezzo dei giochi digitali.

Anche quando gli store digitali su console effettuano dei saldi, i giochi in vendita scendono raramente al di sotto del prezzo dei retailer fisici o di Amazon.

Anche quando tali store digitali effettuano dei saldi, i giochi in vendita raramente scendono al di sotto del prezzo che i retailer fisici offrono per lo stesso prodotto, per non parlare di Amazon. Il ritornello comune è quello di criticare per questo problema le catene di negozi, che a fronte di sconti digitali troppo elevati sarebbero pronte ad infuriarsi e ribellarsi, ma c'è anche una corrente di pensiero secondo la quale i prezzi dei giochi sarebbero stati svalutati troppo dalle politiche di sconti dei retailer fisici, e che il prezzo dei prodotti in digitale su console rifletterebbe il vero valore dei videogame.

"Questa visione è sbagliata e non solo perché sottrae i videogiochi alla normale economia di mercato"

Questa visione è sbagliata e non solo perché costituisce un tentativo di sottrarre i videogiochi alla normale economia di mercato, in cui il valore di un qualcosa viene determinato dalla domanda e dall'offerta (idea alla quale, ironicamente, i grandi capitalisti proprietari dei più influenti publisher sembrano fortemente allergici). L'errore più grande di questa teoria è quello di vedere il mercato dei videogiochi in modo ristretto e isolato, basandosi sulle vendite del singolo titolo, e di fallire completamente nel comprendere lo straordinario valore che svendite e saldi di questo tipo hanno per l'ecosistema complessivo dei videogiochi.

Pensiamo per un attimo al mondo del cinema e dell'home video. Gli operatori della games industry amano parlare di Hollywood e fare confronti con il suo luccicante star system, ma soprattutto con le montagne di soldi che esso genera. La questione più storica e comunemente sollevata dagli addetti ai lavori riguarda il fatto che un film produce introiti su più livelli e attraverso differenti canali di vendita. I film escono al cinema, poi vengono lanciati su Blu-ray e DVD, per poi finire sulla pay-TV e sulla TV in chiaro.

Ad ogni passaggio, il film acquisisce in sostanza un prezzo differente, consentendo anche a film che hanno floppato al cinema di diventare successi "postumi" (com'è avvenuto ad esempio a Le Ali della Libertà). I giochi, al confronto, guadagnano in un modo solo: o si vendono milioni di copie nella prima settimana di pubblicazione, oppure è un disastro (a meno che non ci si chiami Nintendo, l'unica casa che ha dimostrato di saper presentare giochi che continuano a vendere stabilmente nel tempo, raggiungendo cifre enormi anche dopo anni dalla pubblicazione).

Questa argomentazione è senz'altro vera e ragionevole ma anche piuttosto ristretta. Si focalizza solo sul ciclo vitale dei singoli prodotti (un film o un gioco), ma ignora la più importante prospettiva generale, ossia quella che riguarda l'intero ecosistema del quale il singolo film o il singolo gioco sono soltanto una minuscola parte. Sotto questa seconda ottica, il sistema di distribuzione su più livelli di cui il cinema gode è molto più importante in termini di capacità di diffusione del medium che non semplicemente come vendite di un singolo prodotto.

Compriamo un libro usato a un euro da una bancarella e ci piace così tanto da spingerci a cercare altri titoli dello stesso autore.

Quando un film ha raggiunto la TV commerciale, il lato finanziario delle vendite è diventato quasi irrilevante: quello che invece è enormemente importante è il fatto di esporre il prodotto (e i suoi creatori) ad un pubblico larghissimo, con la speranza di ampliare il mercato potenziale, coinvolgendo nuove persone che potrebbero acquistare il prossimo film in una fase in cui il prodotto sarà commercialmente più redditizio.

"È interesse diretto di un produttore che il proprio film sia visto dal maggior numero possibile di persone"

In parole povere, questo significa che è interesse diretto di un produttore che il proprio film sia visto dal maggior numero possibile di persone, che sia in TV, attraverso un DVD prestato dagli amici o magari acquistato a 2 euro dal cestone delle offerte. L'obiettivo della svendita dal cestone non è quello di fare soldi ma di coinvolgere uno spettatore in più, che potrebbe pagare il prossimo "giro".

Questa dinamica si applica in modo molto diretto alle serie (chi ha visto il primo X-Men in TV e l'ha trovato avvincente, magari pagherà il biglietto per vederne il seguito al cinema) ma riguarda anche più globalmente i film girati magari dallo stesso regista o interpretati dallo stesso attore, il che poi spiega come mai Hollywood promuova con grande impegno attori e registi come se fossero brand essi stessi. "Dal regista di..." è una frase di marketing molto comune, e il suo obiettivo è quello di creare un "franchise" anche attraverso film che non facciano necessariamente parte della stessa serie o storia. È questo il vero vantaggio di Hollywood.

Lo stesso meccanismo si applica agli altri media, ovviamente. Compriamo un libro usato a un euro da una bancarella e ci piace così tanto da spingerci a cercare altri titoli dello stesso autore, magari comprandoli in edizione pregiata o dallo store Kindle. La transizione da cliente disinteressato e "non profittevole" a fan pagante è compiuta. Il mercato del libro funziona così da molti decenni e forse questo spiega anche perché i suoi attori principali siano molto più aperti nei confronti di tematiche come lo scambio tra utenti e le vendite di seconda mano di quanto non lo siano i publisher di videogiochi. ("Ma i libri si deteriorano, i giochi invece sono su disco e quindi no!". Veramente? Beh... è ancora possibile leggere un libro spiegazzato di 100 anni fa ma provate a far girare un DVD vecchio e graffiato).

Tornando ai videogiochi, l'occasione offerta dai saldi di Steam o da ogni iniziativa simile è la medesima di quanto già detto per film e libri. Non si tratta di estrarre ancora più profitti dal prodotto messo in offerta (anche se qualche euro extra non fa mai male), ma piuttosto di far conoscere il tuo titolo o la tua serie a utenti che altrimenti l'avrebbero ignorata, così che quando ne uscirà un nuovo capitolo potrebbero esserne interessati e acquistarlo. Chi ha comprato Bioshock per pochi spiccioli ad un saldo o da un cestone, con buona probabilità comprerà anche Bioshock Infinite... magari a prezzo pieno.

La nuova generazione di software house indie sembra capire questa dinamica molto chiaramente.

La nuova generazione di software house indie sembra capire questa dinamica molto chiaramente, forse perché l'obiettivo degli indipendenti è tradizionalmente quello di farsi conoscere raggiungendo il pubblico più ampio possibile, e non quello di massimizzare i guadagni in prima battuta. Mike Bithell, creatore dell'ottimo Thomas Was Alone, si è recentemente dichiarato entusiasta del successo ottenuto dal suo titolo su PlayStation Plus, facendo notare come esso avrebbe attirato più utenti attraverso la sua forma gratuita su Plus che su ogni altra piattaforma.

"L'obiettivo degli indipendenti è tradizionalmente quello di farsi conoscere raggiungendo il pubblico più ampio possibile"

Piuttosto che preoccuparsi della "percezione del valore", Bithell è stato lieto di aver potuto presentare il suo titolo a moltissimi giocatori, dando tutto un altro significato alla frase "Dal creatore di Thomas Was Alone", e rendendola un potenziale ottimo strumento di marketing per il suo prossimo gioco. Questo tipo di valore aggiunto, sul lungo periodo, sarà probabilmente più importante di qualsiasi perdita di guadagni dovuta alla distribuzione gratuita del titolo. La stessa logica dovrebbe applicarsi ad ogni game designer che vede il proprio lavoro offerto in saldo su Steam o su tutti gli altri servizi analoghi.

È questo l'errore logico alla base della teoria secondo cui i videogiochi dovrebbero mantenere il loro valore nel tempo meglio di quanto non facciano ora. Se si vuole vendere i propri titoli ad una fascia di prezzo "premium", si ha comunque bisogno di creare una porta d'accesso da qualche parte, per coinvolgere nuovi clienti. Nessuno vuole entrare in un negozio e spendere 60 € su un qualcosa di totalmente sconosciuto: esiste un processo che porta le persone ad acquistare beni a prezzo pieno e per i videogiochi questo processo passa dai cestoni delle grandi catene, dai saldi di Steam e, sì, anche dal mercato dell'usato.

Tutto ciò svaluta i videogiochi? No, niente affatto. Ci saranno sempre utenti che aspetteranno che un prodotto cali di prezzo ma a quegli utenti sarebbe comunque impossibile o molto difficile prendere quel prodotto a prezzo pieno. Se invece sarà data loro l'occasione di spendere ciò che desiderano e di provare il gioco, potrebbero apprezzarlo così tanto da diventarne fan e acquistare la prossima release a prezzo pieno, magari anche con un pre-order.

Comprendere e sfruttare a proprio vantaggio questa dinamica richiede una visione di lungo termine e l'abbandono dell'idea che ogni prodotto debba essere commercialmente strizzato fino a produrre l'ultimo euro possibile di ricavi, il tutto in favore di un ampliamento del mercato sul lungo periodo. L'industria dei videogiochi non è sempre stata capace di mettere in campo politiche del genere ma osservando con attenzione i saldi di Steam si capisce che in realtà stanno aiutando ad aumentare il valore dei videogiochi, e non minacciano affatto di ridurlo.

Traduzione a cura di Luca Signorini.