Inscryption recensione - Dopo Pony Island e The Hex torna il genio di Daniel Mullins
Un gioco di carte? Un roguelite? Inscryption è molto di più...
Ruvida la sensazione sul viso, ruvida la sensazione sul palmo delle mani. Buio assoluto tutto intorno e no, spalancare gli occhi non fa alcuna differenza. Dove ci troviamo? Che cosa è successo? Chi siamo? Enigmi che frugando nella nostra testa scombussolata non trovano nulla che assomigli vagamente a una risposta o a un indizio. Poi, improvvisamente i nostri occhi iniziano ad abituarsi e l'oscurità si fa meno imperscrutabile. Ed è allora che lo vediamo.
In un angolo di quella che sembrava una capanna completamente abbandonata c'è una sagoma seduta di fronte a...un tavolo e all'altro capo una sedia vuota che come il più chiaro degli inviti aspetta solo noi. Gli occhi della sagoma sono strani, delle spirali luccicanti e vorticose che si spalancano trapassandoci, poi una voce profonda e cavernosa: "Ah finalmente un nuovo sfidante! Vieni, vieni, siediti e giochiamo a carte. Sei confuso? Non temere, ti racconterò la tua storia. Tutto è iniziato quando ti sei perso nel cuore della foresta..."
Daniel Mullins è un genio. Sì ok, forse è una definizione esagerata e forse il termine genio ha progressivamente perso valore proprio come lo ha fatto la parola capolavoro. Tuttavia rimane la più calzante per parlare del papà di Pony Island, The Hex e ora Inscryption, nuovissimo progetto di Mullins pubblicato da un nome che è praticamente sempre sinonimo di qualità come Devolver Digital.
Se Devolver porta in dote qualità e stile, Mullins ha nel proprio bagaglio due caratteristiche non così semplici da scovare di questi tempi, nemmeno in ambito indie: unicità e follia. Chi ha provato con mano (e chi non lo ha fatto non perda tempo) Pony Island e The Hex sa almeno in parte cosa aspettarsi da un creativo che ha dalla sua una impronta autoriale molto marcata e capace di catturare giocatori e addetti ai lavori. È un ulteriore complimento il fatto che parlare di Inscryption ci ricordi dannatamente quello che si prova quando si deve parlare di Outer Wilds.
Il rischio spoiler è dietro l'angolo e dato che l'esperienza in prima persona è tutto anche in questo caso rimarremo volutamente vaghi. Vi lasceremo solamente intuire alcune delle direzioni di un'epopea che ci ha visti arrivare ai titoli di coda in circa 13 ore trasmettendoci la sensazione di nascondere ancora più di una rivelazione e di un mistero capaci di sorprendere e affascinare.
La premessa dell'ultimo lavoro di Mullins è esattamente quella che vi abbiamo raccontato nelle primissime frasi della recensione. Un protagonista che controlliamo attraverso una visuale in prima persona si risveglia inaspettatamente all'interno di una capanna apparentemente senza via di uscita, in compagnia di uno strano figuro che dall'oscurità ci invita a sederci al tavolo e a giocare a carte. In assenza di alternative, di risposte o di altre vie di fuga, stare al gioco è tutto ciò che possiamo fare.
Inizia così quello che è a tutti gli effetti un gioco di carte dotato di caratteristiche e regole che chi ha quanto meno intravisto altri card game fisici e digitali riuscirà ben presto a padroneggiare con una buona scioltezza anche grazie ai primi scontri che fanno a tutti gli effetti da tutorial piuttosto approfondito. Il campo di battaglia è composto da quattro spazi per giocatore e sia le nostre carte che quelle del losco figuro seduto di fronte a noi sono in larga parte degli animali. Tutti hanno dalla loro un punteggio di attacco e difesa/vita e tutti a parte gli scoiattoli possono essere giocati solo pagando un "prezzo", solo sacrificando qualcosa. Molti, inoltre, possiedono anche altri effetti più o meno utili offensivamente, difensivamente e nella gestione del mazzo.
Prendiamo per esempio il Lupo. Si tratta di una delle carte iniziali più potenti e utili, soprattutto per il buon punteggio di attacco, costa due e quindi per essere giocata richiede almeno due sacrifici. Dato che gli scoiattoli non hanno costo, questi diventeranno ben presto le creature più logiche da sacrificare anche perché incapaci di infliggere danni (0 alla voce di attacco) e dotati di una difesa minima di appena 1. Quando non abbiamo più la possibilità di giocare altre carte non ci resta che terminare il turno facendo così partire la fase di attacco vera e propria. Se le nostre creature hanno altre carte di fronte, il punteggio di attacco dovrà vedersela con quello di difesa/vita avversario portando alla morte o al ferimento dell'animale contrapposto mentre in caso contrario il danno viene inflitto direttamente alla figura oscura dall'altra parte del tavolo. Una volta che noi o il nostro aguzzino avremo subito un certo quantitativo di danni, la partita volge al termine.
In caso di vittoria abbiamo la possibilità di continuare la nostra peculiare avventura spostando una pedina su quello che sembra a tutti gli effetti un gioco da tavolo, una sorta di gioco dell'oca le cui tappe sono altre partite a carte ma anche la possibilità di arricchire o potenziare il nostro mazzo, di ibridare creature diverse creando mostruose e potenti chimere o di barattare e scambiare risorse con delle sorta di NPC chiamati il Cacciatore e la Commerciante. Ad arricchire ulteriormente la sfida anche dei veri e propri boss molto pericolosi non solo per le carte in loro possesso ma anche e soprattutto per il fatto di avere ben due vite (e quindi di dover essere sconfitti due volte di seguito) e di poter sfoggiare abilità pericolosissime. Il Prospettore, per esempio, dopo essere stato sconfitto la prima volta trasforma tutte le nostre creature in gioco in pepite d'oro incapaci di qualsiasi azione.
Ma se invece perdessimo una partita? Negli scontri normali abbiamo dalla nostra due vite e quindi la possibilità di perdere due volte nel corso del viaggio mentre con i boss perdere significa una brutale e inevitabile morte. Qui si inserisce l'anima roguelite che caratterizza almeno una parte di Inscryption dato che ci viene concessa la creazione di una carta particolare combinando costo, attacco, difesa e abilità di alcuni animali che abbiamo incontrato nel nostro peregrinare nella foresta. Questa carta potrà entrare nel nostro mazzo successivamente, quando prenderemo il controllo di un nuovo sfidante che inizia il suo viaggio per sconfiggere tutti i boss e riuscire a sopravvivere cercando una via di fuga dalla capanna.
Già, perché l'altro elemento che rimane anche dopo la morte di uno sfidante sono tutti gli indizi raccolti fino a quel momento. Giocare a carte e proseguire con il gioco da tavolo dopo le primissime fasi si lega a doppio filo alla possibilità di alzarsi e di esplorare i tanti piccoli e curiosi elementi della nostra prigione di legno. Tra una cassaforte e un misterioso orologio a cucù, Inscryption si alterna tra card game roguelite e escape room videoludica con puzzle ed enigmi che si intrecciano con alcune stranissime carte nascoste.
Card game, un pizzico di roguelite, puzzle game con un'anima da escape room. Insomma, un bel calderone di ingredienti ma se pensavate che Mullins si fosse fermato qui beh, dovrete ricredervi. Questo è solo un assaggio di quello che è davvero Inscryption ma il rischio di rovinarvi una delle esperienze più uniche di questi ultimi tempi è troppo alto per andare oltre e scendere nei dettagli spiegandovi per filo e per segno tutte le svolte inaspettate e le bizzarrie a cui abbiamo assistito.
Sotto la superficie c'è spazio per un'avventura narrativa dall'anima thriller, per una manciata di riflessioni sui generi videoludici e per uno spaccato del mondo di YouTube solo per evidenziare alcune delle anime predominanti di un progetto quanto mai poliedrico e difficile da inquadrare a pieno. Farlo vorrebbe dire svelarlo del tutto spezzandone, in modo imperdonabile, l'indubbia aura magica che lo pervade.
La grafica semplice ma ispirata tipica dell'indie che non cerca l'impatto spaccamascella e la localizzazione in italiano fanno più che egregiamente il proprio lavoro in combinazione con musiche tanto ineffabili quanto perfette per l'atmosfera inquietantemente bizzarra tratteggiata dal titolo. Un titolo che abbiamo evidentemente adorato ma che soprattutto nella fase centrale non ci ha convinti a pieno e che in qualche sezione a nostro avviso non ha saputo dosare al meglio complessità di alcune meccaniche e ripetitività di certi meccanismi accompagnandoci a un finale inaspettato e di impatto ma non soddisfacente come speravamo.
Inscryption ci ha catturato e affascinato andando oltre i confini del classico videogioco per "parlare" direttamente col nostro PC e con noi giocatori rompendo la quarta parete e cercando di farci vivere davvero in prima persona un viaggio bizzarro e assurdo. Non tutti i tasselli si incastrano alla perfezione e forse il viaggio non termina al meglio ma se l'universo indie sa ancora essere così affascinante il merito è di follie fuori dagli schemi come queste.