Inside (Switch) - recensione
La scusa perfetta per giocarlo di nuovo.
Accettare di immergersi nuovamente negli orrori di Inside, significa riabbracciare l'indefinito, l'imperscrutabile, quel senso di desolazione annichilente che la tragica avventura del giovane protagonista del gioco sapeva trasmettere sin dalla prima schermata.
Significa, tra le molte altre cose, addentrarsi in un titolo estremamente maturo, dal gameplay raffinato, che a distanza di due anni dalla sua release originaria non sembra invecchiato di un giorno, grazie anche ad un art design ispiratissimo, che ben figura tanto sul display di Nintendo Switch, quanto sul televisore di casa, passando, senza soluzione di continuità ed in base alle proprie necessità, da una modalità di fruizione all'altra.
Esattamente come con Limbo, anch'esso riadattato per la console nipponica e pubblicato sull'e-Shop proprio in questi giorni, Playdead dà dimostrazione di essere un team che certamente centellina le produzioni, ma che sa esattamente cosa serva ad un titolo per diventare un classico, un capolavoro senza tempo generoso di suggestioni e perfettamente in grado di fare tendenza.
Inside, a ben vedere, non si inventa nulla. Imita ed eredita il concept, il feeling, il gameplay del primogenito dello studio danese, creando e stabilendo una sottile, ma infrangibile connessione con il prequel spirituale. Laddove il protagonista di Limbo si affannava per raggiungere qualcosa di sconosciuto ed ignoto, un traguardo che resta impalpabile anche nell'enigmatico finale, in questa avventura si fugge, braccati da un nemico senza nome, un regime di cui non si conoscono le finalità, gli intenti, le basi filosofiche su cui poggia.
Eppure il pericolo si palesa di continuo ed assume le terrificanti sembianze di feroci cani da caccia, di esseri catatonici manipolati da avveniristici elmetti, di mostri in putrefazione animati da viscidi parassiti che ne controllano il corpo. Si tratta tuttavia di una furia irrazionale, immotivata, incomprensibile.
Come il predecessore, anche Inside rinuncia a spiegare, mostrare, raccontare. Lascia che sia l'ambientazione a farlo, incentivando le capacità interpretative di un utente lasciato allo sbando, confuso e spaventato esattamente come il protagonista che controlla, vittima di un sistema che non può interpretare, ma di cui sicuramente non vuole e non può far parte.
Non ci sono cut-scene, né dialoghi ad aiutare l'utente. Anche la conclusione è criptica, oscura, metaforica. Il piacere deriva dall'interpretare, dal creare una propria storia, un senso, un messaggio. La forza di Inside consiste proprio in questo: nella molteplicità di significati che può assumere, non confutando alcuna teoria a priori, stimolando curiosità e fantasia di chi lo gioca.
Anche il gameplay, dal canto suo, non è altro che un'evoluzione di quello già visto ed apprezzato in Limbo. Lievemente più action, usa il trial & error come collante tra le sezioni platform e quelle più improntate alla risoluzione di enigmi. Si corre, si salta, si attivano meccanismi, si evitano trappole, si spingono elementi dello scenario. Tutto è immediato, governato da un control scheme elementare, ma si incappa in un game over spesso e volentieri, vuoi per aver impartito malamente i comandi al proprio avatar, vuoi perché non si comprende al primo colpo come eludere un ostacolo o un gruppo di creature ostili.
I frequentissimi checkpoint evitano la frustrazione, i tempi morti, il dover riaffrontare pericoli già superati. Inside è un orologio, un meccanismo praticamente perfetto, oliato, curato in ogni minimo dettaglio. Non è per tutti, a causa del suo estremo ermetismo, ma potenzialmente abbraccia un pubblico ampissimo, grazie al suo livello di sfida che non esclude né i neofiti, che padroneggeranno con poca fatica il sistema di controllo, né i veterani, che in certe occasioni faticheranno per scoprire la risoluzione del puzzle di turno.
In questa edizione per Nintendo Switch il gioco non guadagna, né perde alcunché in termini di contenuto. L'avventura è sempre la stessa e anche il comparto grafico non presenta sostanziali differenze. Il frame rate non conosce incertezze nemmeno in modalità portatile, mentre sulla TV di casa si apprezzano più facilmente i tanti dettagli che caratterizzano le varie ambientazioni che dovrete esplorare.
La natura ibrida della console della Grande N è una feature che si sposa perfettamente con il gameplay di Inside, tanto che possiamo tranquillamente affermare di essere di fronte all'edizione migliore del capolavoro di Playdead. Proseguire l'avventura anche lontano dal salotto, magari nel buio della propria camera, muniti di un buon paio di cuffie, non può che incrementare il fascino di un'avventura già di per sé ammaliante anche con una fruizione più "classica".
Avvincente e appassionante oggi come allora, Inside è l'ennesimo acquisto obbligato per qualsiasi possessore di un Nintendo Switch. Un titolo non per tutti proprio per la natura criptica della trama, ma che ha il potenziale per divertire chiunque. Imperdibile per i neofiti, anche chi ha già avuto il piacere in passato potrebbe piacevolmente riscoprirlo in questa veste "ibrida" che si sposa alla perfezione con il gameplay ideato da Playdead.