Into the Pit recensione - Un roguelite ispirato e graficamente unico
Un indie di fascino e carattere in arrivo sul Game Pass.
Le conferenze e gli showcase che ogni anno punteggiano i mesi estivi di giugno, luglio e agosto, seguono ormai un copione ben collaudato, che prevede di inframezzare i grandi annunci sui videogiochi più attesi dal pubblico con diversi trailer dedicati alle produzioni indipendenti più interessanti del momento.
Se per lo spettatore medio la cosa si traduce di solito in un evidente calo dell'attenzione sull'evento che si sta svolgendo davanti ai suoi occhi, per alcuni questi intervalli riservati allo sviluppo indipendente sono fonte di estrema curiosità, poiché le capacità creative dei piccoli studi sono ben note e sotto gli occhi di tutti.
Durante la Gamescom 2021, tra un grande tripla A e l'altro, a cogliere la nostra attenzione era stato Into the Pit, un roguelite retro sviluppato da Nullpointer Games e pubblicato da Humble Games, che grazie al suo stile grafico ricercato aveva saputo distinguersi nella mole di videogiochi mostrati durante l'evento.
Approfondendo la sua conoscenza, siamo rimasti ancora più colpiti nello scoprire da quali premesse nascesse Into the Pit, un titolo in grado di miscelare la formula classica di un FPS retro, quella incentrata su violenti e frenetici combattimenti con decine e decine di mostruosità demoniache vomitate da chissà quale piano degli inferi, con la struttura standard dei migliori roguelite.
Il genere dei roguelike e affini è incredibilmente popolare al momento e vive una vera età dell'oro; quindi, non sorprende che Nullpointer abbia puntato proprio su questa ricetta per il suo titolo. E come spesso accade in altri videogiochi della categoria, all'inizio la trama viene abbastanza trascurata mentre si viene gettati da subito al centro dell'azione. In Into the Pit vestiremo i panni di un giovane mistico, che raggiunge un isolato villaggio vittima di una terribile maledizione.
Gianluca MussoQuasi tutti gli abitanti sono lentamente scomparsi uno dopo l'altro, e si crede siano prigionieri all'interno del Pozzo, un portale demoniaco apparso al centro del villaggio. Il nostro obiettivo sarà quello di scendere nelle profondità infernali del Pozzo per cercare di liberare i villici imprigionati, ma anche per svelare il segreto che si cela dietro la sua nefasta apparizione.
Il villaggio avrà il ruolo di hub di gioco tra una spedizione e l'altra, offrendo negozi e servizi i cui cataloghi si arricchiranno man mano che libereremo i prigionieri dal portale. Curiosamente, in Into the Pit sarà sempre piuttosto facile uscire vivi dalla dimensione demoniaca nella quale si svolge il gioco, poiché a differenza della maggior parte dei roguelike, il gioco non prevede un'intera avventura da completare senza morire ma piuttosto una serie di brevi spedizioni volte ad esplorare nuovi domini infernali, scelti in base al tipo di rituale con cui apriremo il Pozzo all'inizio di una partita.
Per cominciarne una, infatti, dovremo innanzitutto scegliere una Chiave, una runa che concede l'ingresso a uno specifico piano infernale, e che all'atto pratico influisce sul design e sullo stile del dungeon oltre che sulla tipologia di nemici che troveremo al suo interno. All'inizio avremo a disposizione il solo Forte d'Ossidiana, colmo di creature particolarmente docili e prive di attacchi che possono infliggere veleno o sanguinamento, ma col passare del tempo otterremo nuove Chiavi in grado di stravolgere le atmosfere e le insidie di ciascuna spedizione. Se vorremo liberare tutti i prigionieri, saremo inoltre chiamati a combinare due Chiavi in una sola spedizione, esplorando un dungeon che è una sintesi dei due diversi piani.
Una volta all'interno, la primissima cosa da fare è scegliere con quali strumenti difendersi dalle mostruosità che popolano le stanze del dungeon, attraverso un meccanismo non dissimile a quello di altri roguelite sulla piazza. Per ciascuna mano del nostro mistico, saremo chiamati a scegliere tra tre diversi poteri casuali, delle potenti magie d'attacco che porteremo con noi fino alla fine della spedizione. Ci sono attacchi a lungo raggio, incantesimi a raffica, ma anche larghe salve di proiettili magici da utilizzare a corto raggio.
Capire in fretta quale tipo di stregoneria si adatta meglio al proprio stile di gioco è importantissimo, e nel nostro caso è stato particolarmente facile intuire quale fosse l'abbinamento più efficace in azione. Siamo sempre sopravvissuti facilmente utilizzando un cluster di colpi magici a lunghissimo raggio, utile ad abbattere torrette ed altri nemici coriacei a distanza di sicurezza, insieme a quello che il gioco stesso definisce uno Shotgun, un'ampia raffica di proiettili che ci permetteva di eliminare quelle creature spuntate improvvisamente dietro a un angolo o comparse in seguito a un'imboscata.
Una volta completata la selezione iniziale si entra nel vivo della spedizione, composta da quattro distinti livelli che culminano con un boss che nella nostra esperienza non ha purtroppo mai rappresentato un vero ostacolo al successo finale. Ogni livello presenta al giocatore quattro coppie di porte, che conducono ad altrettante stanze colme di pericoli ma anche di utilissime ricompense. Il mistico deve sceglierne una per ciascuna coppia in base al tipo di tesori che sono presenti al suo interno, sopravvivere all'incontro e distruggere un numero variabile di piccole statue per scappare dalla stanza, e ottenere infine un utile perk casuale con cui comporre una buid via via più efficace.
Quella che potrebbe suonare come una faticosa discesa verso gli inferi è, in realtà, poco più che una passeggiata di salute. I roguelike e i roguelite sono sempre stati caratterizzati da una difficoltà di fondo piuttosto elevata, ma quel che forse ci convince di meno di Into the Pit è proprio il grado di sfida che esso offre al giocatore.
Già dopo aver salvato i primi villici, avremo accesso ad alcune potenti rune che durante la fase di preparazione di un rituale garantiscono di poter trovare tantissime cure durante la run o di godere di notevoli riduzioni ai danni ricevuti dalle creature. A dire il vero, tra un livello e l'altro interviene anche un checkpoint che permette di conservare tutte le risorse accumulate fino a quel momento, e l'unica cosa che si perde in caso di morte (oltre ai bonus ottenuti durante una run) è il tesoro trovato all'interno di quella specifica stanza.
Insomma, completare una spedizione e salvare tutti gli abitanti imprigionati in un determinato piano infernale non saprà mai davvero mettervi alla prova, e dopo poco tempo diventerà anche abbastanza ripetitivo. La struttura di un dungeon, malgrado cambi lievemente l'ambientazione, rimane totalmente identica da Chiave a Chiave. I boss si svolgono tutti nella stessa arena e le loro fasi sono le stesse, ed è inoltre evidente che le stanze degli incontri siano state realizzate a mano, mentre la proceduralità così cara al genere avrebbe potuto garantire quel pizzico di varietà che per un roguelite è cruciale.
Into the Pit è affascinante, ha uno stile grafico davvero magnetico ed è supportato da un gameplay che funziona a dovere, rivelandosi veloce, adrenalinico e frenetico ma anche particolarmente chirurgico. Purtroppo, tutto ciò confluisce all'interno di un game design privo di particolari spunti, che mette il giocatore all'interno di un loop di attività e situazioni sempre uguali tra loro. Il grado di sfida cola rapidamente a picco dopo aver capito quali armi preferire e quali perk inserire all'interno della propria build, complice un meccanismo di gioco che non offre reali penalità per il game over.
Nullpointer è evidentemente molto vicino a confezionare un roguelite valido sotto tutti i punti di vista, e la nostra speranza è di potervi parlare presto di un secondo capitolo del gioco, che ha del chiaro potenziale. In ogni caso, Into the Pit arriverà nel Game Pass domani e malgrado i difetti, rimane un'esperienza da provare per gli amanti del genere. Raggiungete il catalogo e mettetelo in download, anche solo per qualche spedizione. Ne potrà valere la pena.