It Takes Two - recensione
Ce ne vogliono due, anche per questa recensione.
(L'occasione era di quelle irripetibili: un gioco incentrato su una relazione di coppia, e una coppia di redattori che hanno realmente una relazione nella vita di tutti i giorni. Ecco perché per trattare It Takes Two la soluzione perfetta è sembrata quella di una recensione a quattro mani, raccontata come fosse un dialogo tra Gianluca e Virginia. Buona lettura! ndSS)
G: La prima volta che Virginia mi parlò di It Takes Two, a seguito dell'anteprima a cui aveva partecipato a febbraio, mi rivelò che semplicemente non ero pronto a quel che avrei trovato nella nuova opera di Josef Fares, eccentrico e talentuoso director di origini libanesi salito alle cronache tanto per la sua comunicazione sopra le righe, tanto per la bontà dei suoi videogiochi.
Il suo entusiasmo non era riuscito in un primo momento ad innescare il mio, perché nonostante avessi adorato Brothers e A Way Out, pensavo d'aver inquadrato il taglio e la dimensione della direzione artistica di Fares. Insomma, immaginavo qualcosa che fosse in linea con le sue produzioni passate, un videogioco AA con idee grandiose ma imbrigliato all'interno dei limiti produttivi di un'opera indipendente. Mi sbagliavo, e nemmeno di poco.
V: Te l'avevo detto! It Takes Two ha acceso il mio interesse fin dal suo primo reveal avvenuto durante i The Game Award dello scorso dicembre. Complice la mia esperienza con le produzioni precedenti, ero abbastanza sicura che anche stavolta Fares avrebbe fatto centro, pensiero che si è poi concretizzato con assoluta certezza una volta che ho potuto metter mano ai primi due capitoli del gioco.
Del resto, l'ex regista ha spiegato in più di un'occasione quanto il genere dei couch game, ossia quei videogiochi incentrati sulla co-op a schermo condiviso, fosse davvero un terreno ancora inesplorato con ampio margine per dare sfogo alla sua creatività. Da queste premesse era quindi lecito aspettarsi qualcosa di mai visto prima, al punto che Fares promise di dare mille dollari a chiunque si fosse annoiato giocando a It Takes Two.
Il titolo di Hazelight Studios ripresenta dunque la struttura su cui si basano le precedenti produzioni, ampliando la formula dell'action adventure con numerosi elementi da puzzle-platform. Proprio però come in A Way Out, per intraprendere quest'avventura si dovrà necessariamente essere in due, con la costante dello schermo condiviso sia se giocate uno accanto all'altro sul divano sia in modalità online. In questo secondo caso, vi basterà addirittura acquistare una sola copia di It Takes Two per giocare insieme grazie al ritorno del Pass Amici.
G: Se Virginia aveva ricevuto un assaggio della trama al centro del gioco durante l'appuntamento di febbraio, dalla mia avevo invece solo i contenuti dei trailer promozionali, che anticipavano la storia di Cody e May e del loro matrimonio sull'orlo del divorzio. La narrazione incentrata sull'amore romantico mi incuriosiva a dir poco, poiché ho sempre pensato che la vera costante del lavoro di Fares non fosse tanto il gameplay cooperativo quanto l'esposizione, l'approfondimento e l'esplorazione dei rapporti umani più importanti, in grado di incidere e modificare le vite dei protagonisti e quelle dei videogiocatori che si trovavano ad impersonarli.
In Brothers avevamo quindi potuto provare sulla nostra pelle le emozioni fraterne tra Naiee e Naia, mentre in A Way Out eravamo chiamati a plasmare la complicata amicizia tra Leo e Vincent. Questa volta vivremo tutto dalla prospettiva di una coppia di genitori e da quella di Rose, una bambina che si sente profondamente responsabile per quello che sta avvenendo tra la mamma e il papà. In preda a questo turbamento, Rose realizza due piccoli pupazzi con le fattezze di Cody e May e un pianto particolarmente intenso fa scattare l'incantesimo: i due diventano essi stessi i giocattoli realizzati da Rose, e solo impegnandosi a ricostruire il loro rapporto potranno avere la possibilità di far tornare tutto alla normalità.
Seguendo i consigli del bizzarro Dr. Hakim, un libro sull'amore impersonato dallo stesso Fares, siamo rimasti coinvolti in un'avventura che ha l'unico scopo di trasformare la "relationshit" tra Cody e May in una sana "relationship", principalmente imparando ad apprezzare la collaborazione con il partner nelle numerosissime prove disseminate per tutto l'arco narrativo di It Takes Two.
V: A proposito di collaborazione, all'inizio la sinergia tra me e Gianluca non era delle migliori, proprio come quella tra Cody e May. Nelle prime battute abbiamo dovuto trovare il giusto tempismo ed abbracciare completamente il dover aiutarsi costantemente a vicenda per poter proseguire. Non vi è infatti un solo attimo in cui è possibile procedere senza ricorrere alla partecipazione dell'altro, il che rende tutto una meravigliosa metafora della vita di coppia, un percorso che non prevede lupi solitari.
Questo avviene non solo perché la collaborazione è essenziale in ogni singolo puzzle, ma anche perché per ciascun livello May e Cody possono sfruttare poteri unici e spesso complementari che caratterizzano in maniera splendida la progressione tra un mondo e l'altro.
Ad esempio, nel mio precedente articolo avevo avuto modo di parlarvi del livello ambientato nel capanno degli attrezzi, in cui i due protagonisti utilizzavano un martello e dei chiodi il cui uso combinato era fondamentale per proseguire nel capitolo e sconfiggerne il boss. Vi avevamo raccontato anche di come il gioco si trasformasse da un platform game ad una sorta di sparatutto gettandoci nel conflitto tra scoiattoli e calabroni che popolano l'albero presente nel giardino dei coniugi.
Ecco, quella era solo la punta dell'iceberg. Quel che rende straordinario It Takes è proprio questo, il suo cambiare pelle minuto dopo minuto, area dopo area, offrendo ai giocatori spunti di gameplay sempre inediti che ci hanno lasciato a bocca aperta in più di un'occasione durante l'arco dell'avventura.
G: In effetti, non ero davvero pronto a tutto quello che Hazelight ha inserito all'interno del suo nuovo titolo, anche perché l'unico dubbio che era rimasto a Virginia al termine della sua prova è stato fortunatamente fugato dopo qualche ora di gioco. It Takes Two avrebbe mantenuto questa sua originalità per tutta la sua durata o si sarebbe infine uniformato a una sola formula di gameplay nelle fasi avanzate dell'avventura? Con nostro enorme sollievo, se nelle prime due ore i sistemi di gioco cambiano, si intrecciano e si alternano senz'alcuna soluzione di continuità, questo accade anche per tutte le 12 ore che ci sono servite per arrivare ai titoli di coda.
Di base, It Takes Two si presenta come un classico action-adventure in terza persona, il cui scopo è proseguire nei 7 livelli del gioco superando complesse sezioni platform e risolvendo enigmi ambientali di varia natura. La sua particolarità è data però dal modo in cui questa sua identità viene costantemente spezzata da cambi di prospettiva e autentiche rivoluzioni di gameplay. Per farvi qualche esempio, mentre esploravamo un castello fiabesco siamo stati improvvisamente catapultati in un GDR isometrico con maghi e cavalieri, mentre solo qualche tempo prima eravamo passati nel giro di 10 minuti da un segmento platform in 2D a delle intense battaglie navali interrotte dall'apparizione di un colossale kraken.
Questo caleidoscopico trasformismo si allarga anche alla struttura e all'identità del mondo di gioco, che muta e si trasforma esattamente come avviene per il gameplay. Quasi tutte le aree si rifanno agli ambienti della casa e del giardino di May e Cody, ma ogni livello ne trasforma le apparenze rendendole più adatte alla dimensione fiabesca vissuta dai due giocattoli.
Ecco quindi che la camera di Rose viene solcata da giganteschi crepacci colmi di palline colorate, l'orologio a cucù della famiglia ospita un regno fatato che ricorda da vicino la Valadilène di Syberia, e la palla di neve di cristallo sopra al camino accoglie il più classico dei villaggi innevati natalizi. La cosa che più colpisce delle ambientazioni è quanto si aprano all'esplorazione dei giocatori, premiando la loro curiosità con minigiochi, segreti ed easter egg in grado di sorprendere costantemente chi li scova.
V: Per quel che riguarda la qualità della narrazione, dopo aver semplicemente adorato A Way Out Gianluca si aspettava più coraggio da parte di Hazelight, mentre dal mio punto di vista l'ultima fatica di Fares fa il suo dovere nel raccontare una storia intrisa d'amore senza particolari colpi di scena. Certo, il punto nevralgico di It Takes Two è senza dubbio il gameplay che trionfa facilmente su tutto il resto, eppure il modo splendido con cui i due coniugi sono realizzati, oltre a come essi vengono caratterizzati, è riuscito a colpirmi: prima, vedendo nella goffaggine e la testa tra le nuvole di Cody un po' di Gianluca, e dopo, ritrovarmi affine al cinismo e al pragmatismo di una May poco incline ad abbandonarsi ai sogni.
G: È vero, mi aspettavo qualcosa di diverso dallo studio autore di A Way Out, che si concludeva con un twist a dir poco stupefacente. Nonostante ciò, ho apprezzato anch'io la caratterizzazione dei personaggi, frutto tra l'altro dell'attenzione al dettaglio che lo studio ha riposto nel tradurre in digitale le perfomance degli attori in carne d'ossa che hanno tutti interpretato i loro ruoli attraverso il mocap.
Sul fronte tecnico, giocato su una Xbox Series X, It Takes Two si è in realtà dimostrato eccellente sotto ogni punto di vista. Dalle location suggestive ai dettagli dei modelli di Cody, May e del Dr. Hakim, il nuovo lavoro di Fares brilla non solo per quel che riguarda il meraviglioso comparto artistico, ma anche per quello tecnico. Va inoltre posta una menzione di merito alla responsività dei comandi, sulla quale si fondano molti dei puzzle basati sul tempismo. Senza l'attenzione necessaria, questo dettaglio si sarebbe potuto evolvere in un grosso problema per la fruizione dell'avventura.
V&G: Il filone dei videogiochi cooperativi è tuttora inesplorato e assolutamente inespresso, ma ciò non rende meno importanti i traguardi raggiunti da It Takes Two, a mani basse il miglior rappresentate del genere sul quale abbiamo potuto mettere le mani fino a questo momento. L'opera realizzata da Fares non fa altro che trasformarsi, alterare la sua natura, col solo scopo di sorprendere e riempire di stupore i suoi giocatori ad ogni svolta.
Anche se non siamo d'accordo sulla bontà dell'arco narrativo vissuto da Cody e May, siamo entrambi rimasti trasportati e coinvolti dalla fiaba raccontata da Fares, che premendo sui tasti dell'amore, del rispetto e della collaborazione reciproca confeziona inoltre un gioco capace di consegnare un messaggio a chi sta tenendo in mano il controller.
Oltretutto, di videogiochi sull'amore non ne sono mai stati realizzati molti, e quelli che sono arrivati sul mercato hanno spesso vissuto fortune alterne. It Takes Two, al contrario, sarà forse ricordato come il primo di loro ad aver davvero fatto innamorare qualcuno. Noi, di lui.