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ITTA - recensione

Una bambina, un revolver, un gatto fantasma. Un videogioco nato in un reparto psichiatrico.

Ci sono videogiochi che non nascono solo dalla spinta di una scintilla creativa o da un'idea più o meno rivoluzionaria. Spesso non è "solo" un lavoro dato che un'opera può nascere come una risposta alla vita e alle sfide apparentemente insormontabili che tutti i giorni rischiano di affossarci. A volte un piccolo videogioco sa rivelarsi terapeutico e a volte lo sviluppo di un videogioco è un percorso di cambiamento esattamente come lo è la nostra reazione ai momenti più bui.

Quando ci troviamo di fronte a un piccolo indie di un team praticamente sconosciuto, la curiosità è un tarlo a cui non si può non cedere. Non cercare nemmeno una manciata di informazioni sui creativi al lavoro sulla potenziale gemma nascosta che ci troviamo di fronte, è praticamente impossibile e spesso si scovano delle chicche davvero niente male.

Ci era già successo con il troppo poco celebrato Hyper Light Drifter e, guarda caso, proprio un progetto che ha dei punti d'incontro con l'opera di Alex Preston nasconde una storia personale da non sottovalutare. Una vicenda che getta una luce diversa sull'interessante ITTA.

ITTA è l'opera prima di Glass Revolver, nome dietro a cui si cela lo sviluppatore "solitario" Jacob Williams, colui che ha dato il via allo sviluppo di questo titolo nel dicembre del 2016. In quel periodo Jacob si trovava in un reparto psichiatrico e viveva quello che lui stesso definisce il momento più buio e basso della sua intera esistenza.

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Il titolo stesso del gioco che debutta su PC e Switch ha un significato sfaccettato ma indubbiamente negativo: Itta è la traduzione giapponese di "gone" e in Italiano può assumere diverse traduzioni possibili tra cui scomparso, perso, morto, finito.

Una premessa profondamente cupa e deprimente ma che nel tempo è cambiata insieme ai cambiamenti della vita del suo creatore. I momenti positivi hanno iniziato a far breccia e così l'avventura di questa piccola bambina armata di revolver e accompagnata da un curioso gatto fantasma ha iniziato ad assumere sfumature più positive. Una trasformazione in una storia incentrata sul superare le difficoltà che si incontrano nonostante si presentino come ostacoli insormontabili. E la giovane Itta ha a che fare con ostacoli decisamente complicati da superare.

Non appena apre gli occhi si rende conto di trovarsi in un luogo sconosciuto, completamente circondata da chiazze di sangue e da...cadaveri. I corpi del padre, del fratello e addirittura del gatto di famiglia giacciono senza vita mentre la madre è misteriosamente scomparsa. Nemmeno il tempo di cercare di elaborare lo shock che dal nulla spunta una sorta di fantasma, uno spirito che assume la forma proprio del povero gattino. Una guida, una guida in un mondo avvolto nel mistero e caratterizzato da miti oscuri e nascosti tra testimonianze scritte e diversi NPC.

Dei personaggi che arricchiscono decisamente l'aspetto narrativo rivelando storie personali che si ampliano e procedono anche in base alle nostre interazioni e alle nostre azioni. Sono spaccati di vita che cercano di gettare luce su un universo abitato da spiriti e da creature potentissime che si riveleranno i boss al centro della natura bullet hell della produzione. L'ambientazione è suddivisa in quelli che potremmo chiamare mondi ed è esplorabile completamente tra zone segrete e altre da sbloccare attraverso dei piccoli puzzle.

Un risveglio a dir poco traumatizzante.

Questa anima esplorativa, per quanto importante, è evidentemente secondaria nell'economia del gameplay mentre la narrazione è molto più curata di quel che ci saremmo aspettati da un gioco etichettato a più riprese come un Titan Souls in salsa bullet hell. Per quanto il comparto narrativo sia spesso enigmatico e legato alla narrazione ambientale, Jacob Williams ha comunque cercato di tratteggiare quanto meno dei contorni più espliciti affidandosi anche a delle cutscene a tratti molto ispirate.

Si tratta di intermezzi in grado di arricchire decisamente una pixel art meno elaborata di altri videogiochi ma comunque molto piacevole e accompagnata da un comparto audio con musiche efficaci sia per gli scontri che per la pura esplorazione. Purtroppo i problemi a nostro avviso si incontrano soprattutto nella porzione bullet hell, con dei difetti che hanno contribuito a farci storcere il naso per alcune scelte o limitazioni.

Essendo un progetto sviluppato praticamente in solitaria le pretese non possono essere alle stelle ma un gioco che a livello di gameplay si fonda con decisione sugli scontri con dei boss ha bisogno che questi momenti siano pressoché perfetti. ITTA sa essere indubbiamente impegnativo con lo schermo pieno zeppo di proiettili e solo alcuni cuori (la salute può essere migliorata e si possono ottenere anche punti vita bonus) ci separano dalla morte contro boss in grado di farci la pelle senza la giusta combinazione di tempismo nelle schivate e attacchi con le nostre armi da fuoco.

Forse per i veterani del genere la sfida non sarà alle stelle ma per coloro che non sono troppo avvezzi e rischiano di rimanere bloccati nella frustrazione troppo a lungo, ci sono due modificatori in grado di rendere la difficoltà decisamente più soft arrivando addirittura ad annullarla. Una scelta di accessibilità che ci sentiamo di appoggiare per favorire tutti coloro che sono solo interessati alla narrazione o che sono affascinati dall'immaginario del titolo. Il problema, in dei conti, non risiede di certo nella difficoltà.

Le boss fight sono praticamente tutto. Nel bene e nel male.

Bilanciamento e varietà ci sono sembrate le criticità più evidenti di ITTA. D'altronde sono disponibili 8 armi ma quante sono davvero efficaci in combattimento con nemici quasi sempre in movimento e con situazioni che non permettono di studiare chissà quali strategie? Ci siamo ritrovati a usare al massimo tre armi per circa 5 ore di gioco (i completisti potrebbero anche sfiorare le 7 ore) non sentendo praticamente mai la necessità di cambiare la nostra strategia fatta di movimento e schivate costanti. La sensazione che più di un paio di bocche da fuoco siano completamente inutili è purtroppo molto forte.

Sempre a livello di bilanciamento abbiamo anche avuto l'impressione che l'abilità speciale sbloccabile sia decisamente troppo potente anche perché la barra dedicata che bisogna riempire schivando proiettili all'ultimo secondo non si azzera dopo ogni morte permettendoci di presentarci nel momento clou con questa abilità decisamente molto potente con troppa facilità.

Anche i boss (più di una quindicina) non convincono a pieno e purtroppo il paragone con il già citato Titan Souls qui è quasi impietoso. Non c'è sufficiente varietà in parte a livello estetico ma soprattutto a livello di approccio agli scontri anche a causa di aree delle boss fight che non danno assolutamente una mano da questo punto di vista e che si rivelano troppo simili tra loro.

Più che per la forma e l'intensità dell'incredibile marea di proiettili che ci stava per colpire, ci sarebbe piaciuto stupirci per alcuni pattern inaspettati e capaci di cambiare completamente le regole degli scontri o per ambientazioni effettivamente importanti per portare a casa la pelle. Degli scenari troppo rari e, per quanto un bullet hell possa giustamente fondarsi con decisione su riflessi e tempismo, ci sarebbe piaciuto imbatterci in più variazioni sul tema. ITTA rimane comunque un'opera prima degna di attenzione per i fan dei bullet hell ma anche per i neofiti di questa categoria che amano titoli come Titan Souls o lo stile di Hyper Light Drifter.

Artisticamente c'è poco da dire: alcune cutscene sono davvero ispirate.

Speriamo con tutto il cuore che Jacob ora stia davvero meglio e speriamo anche che i videogiochi riescano sempre a rivelarsi una gruccia salda e immancabile su cui appoggiarsi in quei momenti in cui la vita sembra definitivamente pronta ad azzopparti. Lo speriamo umanamente ma anche "egoisticamente", perché siamo appassionati di videogiochi e Glass Revolver ha tutte le carte in regola per diventare un nome da tenere d'occhio nel panorama indie. Il talento da coltivare e coccolare c'è tutto.

7 / 10
Avatar di Alessandro Baravalle
Alessandro Baravalle: Si avvicina al mondo dei videogiochi grazie ad un porcospino blu incredibilmente veloce e a un certo "Signor Bison". Crede che il Sega Saturn sia la miglior console mai creata e che un giorno il mondo gli darà ragione.

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