Jon Shafer's at the Gates - recensione
L'allievo di Sid Meier prova a superare il maestro.
Jon Shafer è un ambizioso game designer statunitense che, dopo essersi fatto notare come modder di Civilization III, è riuscito ad entrare in Firaxis. Qui in poco tempo ha scalato le gerarchie fino al diventare, a soli 25 anni, il lead designer di Sid Meier's Civilization V. Un risultato non da poco, soprattutto considerando come il quinto capitolo abbia rappresentato un momento di rottura per la storica serie di strategici a turni.
Non contento di questo risultato, Shafer ha voluto seguire le orme del suo maestro e ha fondato lo studio indie Conifer Games, sviluppato un nuovo 4X a carattere storico e ci ha persino piazzato il suo nome sopra. Proprio come Sid.
Il taglio e il respiro di At the Gates sono comunque molto diversi da quelli che è possibile ritrovare nei capolavori firmati da Firaxis. La cosa, però, non deve stupire, viste le macroscopiche differenze di budget e manodopera che ci sono tra il giovane team e il colosso alle dipendenze di 2K Games.
In Jon Shafer's at the Gates dovremo metterci alla testa di un insediamento del tardo Romano Impero e da qui iniziare una scalata che ci porterà a rivaleggiare non solo con le tribù rivali, ma con le ultime emanazioni dell'impero. L'obiettivo non è quindi condurre il proprio popolo nello spazio, costruendo meraviglie ed eserciti sempre più potenti, ma sviluppare la propria fazione in modo che riesca a superare incolume uno dei periodi più oscuri della civiltà occidentale.
Partendo da uno sparuto agglomerato di tende dovremo espandere i nostri confini per poter controllare e raccogliere un numero sufficiente di risorse grazie alle quali sviluppare nuove professioni e costruire edifici e unità sempre più avanzate. Solo in questo modo, infatti, riusciremo a organizzare un'economia sana, in grado di sostenere un esercito ben addestrato con il quale pattugliare i confini.
Il focus di Jon Shafer's at the Gates, però, non è nella macro gestione di un impero, ma nel controllo di ogni singola unità, qui indicata come clan, e di ogni attività economica, dalla raccolta delle materie prime alla loro lavorazione. In questo senso il paragone più vicino potrebbe essere fatto con Colonization (o in qualche modo Age of Empire), piuttosto che Civilization.
Presso l'accampamento centrale, inizialmente nomade, potremo insegnare a un clan un mestiere, ricercare o perfezionare nuove professioni, e ampliare l'insediamento stesso. Durante i primi turni potremo assegnare alle poche famiglie disponibili compiti semplici come quello di raccogliere cibo o recuperare pietre e legname, ma progressivamente sarà possibile rendere più avanzata e redditizia la nostra economia.
I raccoglitori, per esempio, si evolveranno prima in agricoltori e poi potranno diventare fattori. Coloro che inizialmente raccoglievano le pietre in seguito potranno costruire vere e proprie miniere dalle quali estrarre gran quantitativi di pietre, metallo od oro. Questa evoluzione è fondamentale per due aspetti: da una parte si potranno accatastare più risorse durante ogni turno e secondariamente non si rischierà di esaurire le scarse materie prime sparse per la mappa.
Il consumo delle risorse, unito alla rotazione delle stagioni, detta il ritmo delle fasi iniziali della partita. Dovremo infatti spostare le famiglie da un punto all'altro della mappa in base alla posizione delle materie prime o prima che queste vengano completamente esaurite.
Un altro elemento da tenere conto è la predisposizione di ogni clan. Ogni famiglia può fare praticamente qualunque lavoro, ma spesso ha delle inclinazioni o delle antipatie per un compito in particolare. Ci sono clan che ottengono esperienza molto più velocemente facendo i minatori, mentre altri si rifiutano categoricamente di fare gli agricoltori. Assecondando queste tendenze li renderemo felici e quindi più produttivi. Tarpando le loro ambizioni, invece, li renderemo meno prolifici, oltre che più litigiosi.
Le diverse famiglie, infatti, non sono semplici unità che accettano passivamente i nostri comandi, ma possono instaurare faide o commettere crimini che richiedono il nostro intervento. In questo caso le opzioni sono piuttosto scarne. Per sedare una lite dobbiamo punire uno dei due clan coinvolti, rendendone uno felice e l'altro scontento. Il problema è che non c'è modo di capire chi ha fatto cosa o di provare a mediare tra le due fazioni, con il risultato che dopo uno faida avremo sempre un clan molto scontento. E non possiamo fare nulla per questo.
Nelle fasi finali della partita è possibile addestrare un educatore in grado di correggere i crimini di un clan e cancellare i tratti negativi dalla personalità di una famiglia, ma una maggiore profondità nella gestione di questa meccanica ce la saremmo aspettata. Manca, infatti, una correlazione visibile tra quello che stiamo facendo e il comportamento delle unità, con il risultato che questi eventi sembrano più una seccatura e una punizione che un elemento integrato nel gameplay.
Senza questi eventi casuali, però, la vita in Jon Shafer's at the Gates è sarebbe piuttosto monotona. Ci sono altri leader coi quali dialogare, banditi o abitanti neutrali coi quali combattere, ma tutte queste opzioni sono piuttosto scarne, soprattutto se comparate con quello che i vari mostri sacri del genere offrono al giorno d'oggi. Non si può commerciare, spiare o dialogare con i nostri pari, solo eventualmente mandare un po' di truppe per giocare alla guerra. Questo sistema è limitato anche dal fatto che non si possono fondare nuovi insediamenti, ma solo ampliare il territorio sotto il proprio controllo grazie a torri di avvistamento o migliorando l'area di controllo degli edifici già creati.
Questo crea una situazione paradossale per questo genere di esperienze. Le fasi iniziali, infatti, sono quello più interessanti e attive, con tante unità da controllare e la mappa da scoprire e sfruttare. Una volta sbloccate le strutture stanziali in pietra, grazie alle quali migliorare la produzione e soprattutto non esaurire le materie prime, le azioni da compiere saranno sempre meno, dato che ogni clan sarà diventato un ingranaggio specifico e specializzato della nostra economia. E come tale potrebbe essere molto rischioso rimuoverlo dalla sua posizione.
Il racconto di ogni campagna diventa così piuttosto monotono. Questo lo si nota anche osservando le condizioni di vittoria: la fine di Jon Shafer's at the Gates può essere raggiunta solo sfoderando la spada.
Nonostante questa mancanza di brio e di variabili, Jon Shafer è riuscito ad instillare nella sua produzione quella magia in grado di spingerci a fare le ore piccole alla ricerca dell'ultimo turno. Non importa che sia il passaggio della carovana dei mercanti, la ricerca di una nuova professione o l'arrivo di un nuovo clan, c'è sempre qualcosa dietro l'angolo pronto a rinviare la chiusura della sessione di gioco.
L'impressione che rimane una volta spento il PC è però che la pubblicazione di Jon Shafer's at the Gates sia più una tappa che un vero e proprio traguardo. Ovvero una buona base sulla quale lo sviluppatore, nei prossimi mesi, aggiungerà degli elementi in grado di approfondire alcune delle meccaniche qui solo accennate (il commercio o la diplomazia, per esempio), renderà più funzionale l'interfaccia grafica e renderà più varia ogni partita.
Anche in questo caso si potrebbe fare, nuovamente, un parallelo con Civilization V, ovvero quello che fino ad ora è stato il progetto più importante di Shafer. Anche in quel caso, infatti, il gioco giunto nei negozi era un'esperienza solida e magnetica, ma un po' vuota. Grazie alle due espansioni successive, però, il quinto capitolo ha trovato una sua completezza, tornando a soddisfare persino gli esigentissimi fan di Civ IV.
Speriamo quindi che Jon Shafer's at the Gates segua il medesimo percorso e, nel giro di poco tempo, possa valorizzare le sue qualità.