Journal - review
Caro diario, oggi ho smarrito il gameplay…
In tempi ormai neanche recenti, Dear Esther è riuscito a conquistarsi un seguito risaltando come titolo sperimentale di pura narrazione, mettendo da parte velleità di gameplay e scegliendo di raccontare una storia. Andando avanti, gli esempi del genere si sono moltiplicati, e a prescindere dai risultati sono sempre di più i giochi che tentano principalmente di raccontare una storia.
Journal, come si può evincere anche dal nome, è uno di questi. Il gioco è sostanzialmente un'esperienza vissuta da una adolescente nell'arco di più giorni. La ragazza sintetizza poi al suo diario le proprie giornate e le interazioni che avvengono con i suoi amici, familiari o conoscenti.
La grafica tenta di simulare quello che può essere lo stile di disegno di una bambina, con pochi fotogrammi di animazione e il gioco vero e proprio relegato in una cornice statica di quello che è appunto il diario.
Come tutti i giochi del genere, Journal punta sullo svolgimento della storia e tenta di mantenere vivo l'interesse del giocatore facendosi scoprire a poco a poco, generando domande e mettendo costantemente in dubbio ciò che sembra essere scontato.
Da questo punto di vista, Locked Door Puzzle ha fatto un lavoro discreto. Dopo un inizio piatto in cui non sembrano esserci particolari motivi di interesse o risvolti da scoprire, si inizia a intuire che qualcosa non è come sembra e c'è un certo stimolo a proseguire per scoprire di più della storia.
"All'inizio c'è un certo stimolo a proseguire per scoprire di più"
Le varie giornate in cui la protagonista tenta di riscrivere il suo diario, che nel prologo viene trovato inspiegabilmente vuoto, si dipanano tra relazioni interpersonali e problemi non sempre di poco conto in cui la giovane protagonista si viene a trovare.
Come prevedibile, visto che al centro della vicenda c'è un'adolescente, le amicizie scolastiche svolgono un ruolo prominente, soprattutto all'inizio. L'amica del cuore, il belloccio della scuola e altri personaggi più o meno stereotipati gravitano tutti attorno alla ragazza, e con lo scorrere dei giorni altri comprimari non necessariamente legati all'ambiente scolastico si uniscono al gruppo.
L'interazione con il resto del cast consiste però semplicemente di dialoghi, che sembrano condurre troppo spesso a risultati preconfezionati nonostante le intenzioni del giocatore. Le conseguenze legate alle scelte a disposizione sono criptiche, il carattere e le preferenze della protagonista sembrano fissi e immutabili, e lo svolgimento della narrazione già deciso a monte.
Tutto questo diventa particolarmente evidente in una eventuale seconda partita, in cui si cerca di mascherare in tutti i modi una propria azione e improvvisamente l'amica del cuore giunge inspiegabilmente alla verità che abbiamo scelto di non rivelare (e che solo la protagonista sembra conoscere). La storia ha quindi un suo svolgimento già pianificato, e neanche particolarmente articolato né ramificato.
"Gli spostamenti non hanno altra funzione se non il fare da collante tra una conversazione e l'altra"
Anche gli intermezzi tra un capitolo e l'altro sono egualmente oscuri, soprattutto perché gli eventi montano verso una conclusione che non è possibile intuire in alcun modo e di cui non viene dato quasi alcun accenno in precedenza.
In una sezione vicina alla conclusione del gioco, gli altri personaggi danno un chiaro giudizio sulle azioni della protagonista, in un modo apertamente forzato e poco credibile nel contesto, ma anche in questo caso non si hanno indicazioni su come avremmo potuto influenzare lo svolgimento delle cose.
A parte l'apparente possibilità di scelta e il particolare stile grafico, Journal non offre molto altro. I personaggi con cui interagire sono sparsi lungo locazioni a volte relativamente distanti e collegate senza troppo filo logico, e gli spostamenti non richiedono alcun tipo di impegno, risultando fini a se stessi.
Andare qua e là è non ha assolutamente alcuna funzione se non fare da collante tra una conversazione e l'altra e allungare la durata di un'esperienza che anche così non arriva oltre le due ore. Il fattore rigiocabilità non è elevatissimo e il "finale segreto" è totalmente slegato dalla storia in sé, nonché raggiungibile in pochi minuti a un secondo playthrough.
Cosa si salva quindi di Journal? Principalmente l'idea, che però non basta assolutamente a trasformare un racconto in un videogioco. Pur con un'enormità di differenze a tutti i livelli, siamo di fronte all'ennesimo titolo della corrente che accomuna Gone Home ed esperimenti simili, che a parte raccontare e polarizzare il pubblico non fanno molto altro.
In questo caso siamo di fronte a una realizzazione molto più spartana dall'impatto piuttosto leggero, che si perde in quella che sembra essere la narrazione di vicende personali dell'autore e che non si sforza di andare oltre in nessun modo. Il "gioco", per dirla in poche parole, sembra costruito senza troppo criterio intorno alla necessità di far parlare i personaggi e muovere gli eventi.
Non ci sono molti motivi, quindi, per consigliare questo nuovo esperimento narrativo che non riesce a brillare in alcun modo anche se si apprezza il genere.