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Journey

“Il viandante e la sua ombra”.

Per mezzo di una sorta di imprevedibile magia che prende forma da qualche parte nella sua mente (quel genere di cose, per capirci, che fanno si che Chen sia un rinomato game designer mentre la maggior parte delle persone comuni si eccita all'idea di una serata al McDonald's), Chen ha avuto l'idea di progettare un genere di titoli capaci di mettere il giocatore nella posizione del fedele, piuttosto che in quella del Dio. Giochi che ti fanno sentire vulnerabile, piuttosto che potente, che ti fanno sentire parte di un mondo più grande e difficilmente catalogabile, e non il predestinato chiamato a mettere ordine in un'ambientazione costruita intorno a un caos accuratamente programmato.

Il risultato è uno dei giochi più intriganti dell'E3, e senza dubbio uno dei più belli. Pur senza la montagna con quella forte luce alla sua sommità, un obiettivo di gioco che si richiama direttamente al libro della Genesi, Journey avrebbe avuto una forte componente religiosa, anche se non una espressamente collegata a un particolare culto o religione.

Una montagna visibile in lontananza e una forte luce sono gli unici punti di riferimento di Journey.

Il gioco ha inizio con il misterioso protagonista incappucciato che cammina nel bel mezzo di un infinito deserto; la vostra unica guida è una roccia visibile in lontananza. Da qui qualsiasi cosa, dalle interpretazioni all'interazione con gli altri giocatori fino agli obiettivi che vi ponete, dipende esclusivamente dalla vostra volontà.

È il gioco più elaborato sviluppato da thatgamecompany fino a questo momento, e anche il meno astratto. Journey radica i suoi misteri in immagini tratte dalla quotidianità come lo spostamento della sabbia, o l'agitarsi delle vesti del protagonista sotto la spinta del vento. Questi elementi si integrano in modi sorprendenti con il design dei puzzle del gioco.

La sabbia oscilla sui macigni attraverso ondate rese con estrema cura, e può essere sfruttata a proprio vantaggio per muoversi nell'ambiente circostante, per creare delle increspature, o ancora per comunicare con gli altri; i vestiti, invece, ricoprono un ruolo fondamentale nelle sessioni platform.

La genesi del gioco risale ai colloqui del designer Chen con un astronauta.

I giocatori possono collezionare il materiale che fuoriesce da alcune rocce per rimanere in aria più a lungo dopo un salto, così come possono sintonizzarsi sulle loro frequenze attraverso la pressione di un pulsante, per superarle. In una sezione, che richiama vagamente Zelda e ICO, sebbene nessuno dei due esempi riesca a rendere sufficientemente l'idea, tre pannelli sono tutto ciò di cui il protagonista ha bisogno per attraversare un ponte in rovina. Superato l'ostacolo, avrete compiuto un altro passo verso quel luccicante, opprimente obiettivo finale.

Per il momento, questo è veramente tutto: sabbia, viandanti e una misteriosa montagna. Il risultato è un gioco capace di emergere con forza in virtù della sua originalità. È senza dubbio il titolo più tradizionale di thatgamecompany, ma allo stesso tempo è anche il titolo più ambizioso e sperimentale della compagnia. Quel che è certo fin da ora è che sarà un'esperienza multiplayer senza precedenti... forse!