Just Cause 4 - prova
Cavalcando la tempesta.
L'isola di Solis è una vera perla del Sud America: le spiagge di sabbia bianca si trasformano, nel giro di poche centinaia di metri, in fitte foreste tropicali pronte ad inerpicarsi su altissime catene montuose.
Il clima è piuttosto cagionevole: fareste meglio a portare un giubbotto e un paio di stivali, indispensabili per farsi largo nella neve fresca, ma anche qualcosa di più leggero, nel caso decideste di fare una capatina nelle zone desertiche.
Con un aereo turistico potete sorvolare splendidi cenote che si spalancano su templi risalenti all'epoca precolombiana, oltre a cascate, laghi e corsi d'acqua che aggiungono una nota di azzurro alle valli verdeggianti.
Si tratta di una vera e propria oasi paradisiaca, ma vi sconsigliamo di visitarla in questo periodo: l'uragano Rico Rodriguez sta per abbattersi con violenza sulle basi della Mano Nera presenti nell'area, trasformando l'eden tropicale in un inferno di fuoco e fiamme.
"Ovviamente, Just Cause resta un titolo che cresce attorno all'apparato Sandbox e sposta in capo al giocatore il peso della libertà, ma questa volta volevamo esplorare più a fondo la personalità di Rico". È con queste parole che i designer hanno descritto il focus di Just Cause 4: la componente narrativa, infatti, andrà a toccare la scomparsa del misterioso padre del protagonista, nel tentativo di rafforzare il background di un'esperienza solitamente votata alla distruzione pura e semplice.
Certo, non dobbiamo aspettarci nulla di trascendentale, ma questa rivoluzione si prospetta un filo diversa rispetto alle scorse: la Mano Nera è una presenza ingombrante nella serie, e neppure Rico si era mai spinto fino al cuore dell'organizzazione gestita da Gabriella Morales; tra un'esplosione e una picchiata con la tuta alare, dunque, possiamo presumere di confrontarci con qualche colpo di scena e con personaggi più pepati rispetto al passato.
Abbiamo provato a stuzzicare gli sviluppatori, facendogli notare come gli elementi alla base di Just Cause siano piuttosto coerenti con una eventuale deviazione nel genere Battle Royale, ma i ragazzi di Avalanche hanno un'idea molto chiara della loro creatura: "Il DNA di Just Cause ci impone di perseguire la libertà in salsa sandbox per i giocatori, e tutti gli esperimenti sono andati in quella direzione", ci hanno detto.
Una filosofia che, pad alla mano, traspare da ogni singola interazione: l'immenso mondo è infatti costruito interamente come un gigantesco parco giochi pronto ad assecondare le velleità distruttive del protagonista. Come da tradizione, ogni insediamento ospita elementi volenterosi di saltare in aria allegramente, e questa volta Rico può contare su oltre 4 milioni di combinazioni possibili per trasformare i gadget del suo rampino in vere e proprie opere ingegneristiche.
MacGyver, spostati: Rodriguez può attaccare quattro palloni areostatici e un paio di razzi ad un carro armato per costruire dal nulla una cannoniera volante, con la quale poi crogiolarsi nella potenza della superiorità aerea. Da questo punto di vista, Just Cause 4 non teme rivali: il rampino è costruito attorno a tre gadget fondamentali, ovvero palloni areostatici, booster, e retracters.
I primi permettono di sollevare delicatamente veicoli e oggetti della scenografia, i booster sono i classici razzi pronti a far decollare qualsiasi mezzo di trasporto, mentre gli ultimi ricalcano le meccaniche di tether ereditate dallo scorso episodio. La novità risiede nel fatto che ognuno di questi gingilli può essere ulteriormente declinato lungo una serie infinita di impostazioni che ne modificano sostanzialmente il funzionamento e gli scopi.
Se da un lato possiamo agganciare un pallone areostatico a un mezzo nemico per trascinare dolcemente i malcapitati passeggeri fino alla stratosfera, è possibile anche legarlo ad una moto per poi "ordinare" al gadget di seguirci fluttuando, in modo da avere a disposizione il veicolo in caso di necessità. Metodi di attivazione degli strumenti, funzionalità alternative, effetti speciali e quant'altro possono essere interamente personalizzati nell'apposito menù, e il limite all'interattività risiede unicamente nella creatività del giocatore.
Legando un'automobile ad una ruota panoramica e scegliendo la funzionalità tap del retracter, ci siamo fiondati in orbita per poi lanciarci in picchiata su una base nemica. Ci sarebbe piaciuto vedere le facce dei miliziani nel momento in cui hanno realizzato che un pazzoide a bordo di una supercar a reazione si stava lanciando in un assalto kamizaze dal cielo, con tanto di mitra spianato fuori dal finestrino.
Gli strumenti di distruzione a disposizione di Rico non si limitano certo agli appariscenti gadget in stile "Q", e le bocche da fuoco sono passate attraverso un interessante lavoro di restyling: innanzitutto, tornano le varianti uniche delle armi, pronte a far piovere colpi di mortaio e a concatenare tempeste di fulmini sulle inconsapevoli guarnigioni nemiche.
Inoltre, ogni arma può contare su una modalità di fuoco secondario che non è quasi mai quella che ci si potrebbe aspettare: se il fucile d'assalto offre un banale lanciagranate sotto canna, le mitragliatrici permettono di piazzare un vero e proprio scudo balistico, mentre i fucili di precisione si trasformano a sorpresa in piccoli e agili lanciamissili.
Ogni cassa di armi si spalanca su bocche da fuoco pronte ad agevolare l'opera rivoluzionaria ma, nonostante un nucleo piuttosto vicino alla tradizione, l'intelligenza artificiale tenterà costantemente di metterci i bastoni tra le ruote, adottando tattiche e strategie diverse a seconda della situazione.
Un fattore, questo, che si traduce in un'attivazione delle difese antiaeree in caso di assalto a bordo di un jet, in tentativi di accerchiamento qualora difendessimo le mura di un fortino o ancora in inseguimenti senza fine lungo l'asfalto delle tortuose strade di Solis. Nonostante la rinnovata capacità di adattamento, i soldati della Mano Nera rimangono meri birilli in preda alla palla da demolizione che è Rico Rodriguez, e l'operazione caos si risolve in attività, oltre che semplici, intrinsecamente ripetitive.
Nel tentativo di ovviare a questo problema, la struttura del gameplay ricalca la forma di una ragnatela: partendo dal centro dell'isola possiamo proseguire in una direzione a nostra scelta, incontrando lungo il cammino strutture da assaltare e ribelli da liberare, al fine spingere la linea del fronte il più lontano possibile dal focolaio della rivoluzione.
In questo modo l'esperienza sandbox ne esce premiata, senza contare che tra un sabotaggio e una rappresaglia ci siamo imbattuti in personaggi quantomeno particolari: il dottor Javi, ad esempio, ci ha messo sulle tracce delle rovine di Otorongo, antichi templi fonte di collezionabili e modifiche fondamentali per la crescita del rampino; una stramba regista, invece, ci ha introdotto al sistema di distruttivi stunt che aveva già fatto capolino nel corso degli ultimi episodi. La vera "rivoluzione" dell'Apex Engine è legata a doppio filo con la componente narrativa: la stazione metereologica di Japa, infatti, è la culla dei disastri naturali che si stanno abbattendo con violenza sull'ecosistema dell'isola. Tempeste di sabbia, tormente, piogge torrenziali e immensi tornado sono un sottofondo costante durante le operazioni di guerriglia: immaginate cosa potrebbe fare un'organizzazione come la Mano Nera grazie alla violenza di una tromba d'aria.
Ecco, adesso immaginate cosa potrebbe fare Rico Rodriguez sfruttando la stessa forza distruttiva; ci siamo fatti risucchiare dalle violentissime correnti per poi far piovere missili sugli impotenti mezzi della milizia, travolgendo interi reggimenti mentre la furia della natura trascinava indiscriminatamente gli oggetti della scenografia nell'occhio della tempesta.
Il motore fisico è a conti fatti, oltre che grande protagonista, il reale vincitore nel calderone dell'esperienza: i disastri naturali non sono altro che uno sfoggio delle potenzialità dell'Apex Engine, e Avalanche ha trasformato la componente sandbox in un vero e proprio marchio di fabbrica.
Tuttavia, l'apparato tecnico al di fuori della fisica interattiva risulta ancora spigoloso, e neppure le cutscene riescono ad avvicinarsi al livello di polishing del resto dell'offerta. Il sistema di movimento, invece, regala una buona sensazione di libertà e, grazie al connubio tra il paracadute, gli strattoni del rampino e l'immancabile tuta alare, ci porta costantemente al cospetto di spettacolari panorami.
Insomma, gli sviluppatori sono rimasti estremamente fedeli all'anima della serie di Just Cause, scegliendo di non impelagarsi in rivoluzioni al di fuori di quella perseguita da Rico: ogni elemento alla base della creativa distruzione sandbox ha conosciuto nuove sfumature, a partire dagli imprevedibili effetti del rampino, passando per il sistema di guida e la varietà dei veicoli, fino ad arrivare a quella meccanica di crates che permette di ricevere approvvigionamenti pronti a rispondere ad ogni nostra esigenza. Allo stesso tempo, non ci sarebbe dispiaciuto vedere un'Avalanche volenterosa di abbracciare completamente quell'ignoranza (in senso positivo) tipicamente anni '90 che permea superficialmente le ribellioni targate Rodriguez.
Just Cause 4, in fin dei conti, si è presentato sul nostro banco di prova proprio come ce lo aspettavamo: è un'opera figlia della filosofia "bigger and better", capace di celebrare quegli elementi distintivi che, fin dagli esordi, hanno fatto la fortuna della serie. Forse è mancata una scintilla di innovazione ma, vicino al cuore, Just Cause non è altro che un parco divertimenti che orbita attorno al tema della demolizione, senza confini e senza imposizioni.
Il lavoro svolto da Avalanche in questo senso è senz'altro encomiabile, e il risultato sembra in grado di soddisfare tanto le aspettative della community quanto la domanda di "YouTube moments" che è possibile riprodurre per mezzo dello strampalato gameplay. Che siate fan della prima ora o novizi in cerca di un'esperienza nella quale incanalare la vostra sete di devastazione, Just Cause 4 e l'isola di Solis saranno a vostra disposizione dal 4 dicembre, puntuali come Balto nel periodo prenatalizio.