Kao the Kangaroo Recensione, non chiamatelo Crash o vi prende a pugni!
Un colorato ritorno alla Golden Age.
Ci fu un tempo in cui i platform 3D spuntavano ovunque come colorati e rigogliosi funghi. Sperando di mettersi nella scia del successo dei vari Mario, Banjo-Kazooie e Crash Bandicoot, molte compagnie si gettarono nella mischia. Alcune ebbero un successo tale da poterne sentire forti gli echi anche oggi (vedi Insomniac con Ratchet & Clank), altre si persero nelle nebbie del tempo pur potendosi vantare di aver brillato per un po'.
È il caso di Kao the Kangaroo, il cui primo capitolo datato 2000 venne sviluppato per PC e Dreamcast e successivamente adattato su Game Boy Advance. Seguirono due sequel non proprio memorabili nei cinque anni successivi, dopodiché il simpatico canguro coi guantoni da boxe se ne andò in pensione.
Pochissimi avrebbero scommesso su un suo ritorno e invece eccolo qui. Il reboot di Kao the Kangaroo arriva proprio in questi giorni in tutti gli store fisici e non grazie al lavoro di Tate Multimedia, compagnia nata proprio dalle ceneri degli sviluppatori originali, X-Ray Interactive. Kao è ovviamente il protagonista della storia e a suon di salti e pugni dovrà farsi largo per portare a termine la sua ennesima impresa eroica, sotto lo sguardo vigile e severo del suo irreprensibile maestro... Aa proposito, il suo nome si pronuncia come “KO” vista la sua naturale propensione per la boxe!
L'inizio del gioco è praticamente un platform da catalogo. Il primo mondo che vi accoglierà sembra essere stato assemblato appositamente per ricordarci tutti i cliché (belli e brutti) che questo genere si porta dietro fin dalla sua nascita. Monete da raccogliere, dialoghi da cartoon della domenica mattina, livelli che si sbloccano progressivamente trovando un X numero di Rune, casse esplosive, pareti a cui appendersi, corse a perdifiato verso lo schermo, imprecazioni per aver mancato un unico diamante in tutto il livello e via dicendo. Non c'è un singolo elemento nelle prime ore di gioco che faccia pensare ad un minimo sforzo da parte degli sviluppatori per distinguersi dalla massa. Tra l'altro i livelli sono estremamente lineari e semplici anche per i platformer meno navigati.
Fortunatamente la situazione migliora progressivamente già quando si raggiunge il secondo macro-livello che, come gli altri, funge da hub per raggiungere quelli ad esso collegati. Anche se i biomi non brillano per originalità (c'è sempre il dannato livello ghiacciato dove si pattina e quello con lava e fiamme), il grado di sfida scala leggermente verso l'alto più che altro in ambito platform.
I combattimenti, infatti, rimangono piatti e facilmente superabili e anche i boss non rappresentano una sfida particolarmente degna di nota. Ci sono però parecchi segreti in più da scovare e anche qualche piccolo e divertente enigma ambientale che coinvolge i poteri di Kao. Con il procedere dell'avventura il saltellante protagonista verrà in possesso di abilità legate agli elementi (fuoco, ghiaccio, etc.) che gli permetteranno non solo di fare più danni con destri e ganci ma anche di sbloccare nuove vie... a patto che reperisca in giro le “munizioni” per caricarli.
Il gioco a questo punto ci è sembrato assestarsi su livelli più che dignitosi, ancora lontano dalla possibilità di diventare memorabile ma capace di offrire un'esperienza fresca e divertente. I quattro biomi principali, costituiti da cinque livelli ciascuno, garantiscono una longevità più che sufficiente che invita al replay coloro che non possono fare a meno di trovare tutti i collezionabili... comunque posizionati in modo piuttosto lineare.
Il livello di difficoltà è tarato sensibilmente verso il basso, soprattutto se confrontato con quello di titoli simili con cui Kao the Kangaroo deve essere confrontato. Anche i boss non brillano particolarmente per originalità e chi ha un minimo di pratica con il genere platform non impiegherà più di qualche secondo a capire quali siano i loro pattern d'attacco e punti deboli. Fin qui siamo ancora in un ambito più accettabile, quello di un gioco evidentemente concepito per un pubblico giovane e non particolarmente esperto.
Purtroppo, nel corso dell'avventura ci siamo imbattuti in una serie di problemi che ci hanno fatto dubitare fortemente della fase di testing. Potevamo passare sopra ad alcuni testi mancanti, a placeholder lasciati lì forse per distrazione e a musiche interrotte all'improvviso. Alla fine, anche alcuni piccoli glitch sono sopportabili, da oggetti che spariscono, altri che non vengono conteggiati e collisioni a volte imprecise correggibili tramite una semplice patch.
Ci è però impossibile sopportare quanto successo non una ma ben due volte nel corso del gioco: dopo aver ripreso la partita ci siamo ritrovati con un intero livello completato spazzato via: il gioco ci ha fatto ricominciare da metà di quello precedente, cancellando di fatto due ore abbondanti di “fatica”.
Precisiamo che il gioco utilizza salvataggi automatici e che quindi il problema non è derivato da una nostra disattenzione nel salvare manualmente i progressi. Siamo certi che si tratti di accadimenti sporadici e che non tutti avranno la nostra stessa sfortuna, rimaniamo comunque interdetti dal fatto che un problema di tale portata sia passato indenne al setaccio di chi si è occupato dei test pre-lancio. Ora, anche tale difetto può essere facilmente corretto con un aggiornamento ma è nostro dovere di critici segnalarlo e consegnarvi la valutazione finale in base a ciò che abbiamo vissuto.
Senza tali difetti Kao the Kangaroo avrebbe anche potuto guadagnarsi un voto ben superiore alla sufficienza. È un platform semplice, di quelli vecchio stile, che richiama alla mente una miriade di titoli precedenti ma che tutto sommato si fa giocare ed è anche abbastanza piacevole alla vista.
Ci sentiamo di consigliarlo (post-correzioni) ad un pubblico abbastanza giovane o inesperto del genere. Lo sconsigliamo invece a chi sia in cerca di una sfida degna di nota dopo aver eviscerato al 100% i vari Ratchet & Clank: Rift Apart, Crash Bandicoot 4 e Psychonauts 2.